Kamala Harris e la spinta di Steph Curry: «Spero sia nella corsa per vincere le elezioni Usa»
Nella conferenza stampa del team Usa alle Olimpiadi, Steph Curry, l’asso con l’aria da bambino ha speso un «endorsement» chiaro a favore di Kamala Harris in vista delle prossime elezioni negli Stati Uniti
Stephen Curry era stato uno degli sportivi a schierarsi più apertamente contro Donald Trump, quando diventò presidente degli Usa. Dopo la vittoria del titolo da parte dei suoi Golden State Warriors nel 2017 si adoperò perché la squadra rifiutasse il tradizionale invito alla Casa Bianca riservato ai campioni. Non c’è quindi da stupirsi se nella conferenza stampa di Team Usa (ristretta, ristrettissima: non c’era tutta la squadra, come nel 2012 a Londra, e il solo Kevin Durant era a suo fianco) l’asso con l’aria da bambino ha speso un «endorsement» chiaro a favore di Kamala Harris.
Dopo il ritiro di Joe Biden dalla corsa elettorale di novembre, l’attuale vicepresidente degli Usa dovrebbe ottenere la nomination democratica per prendere il suo posto ed essere l’avversaria del Trump di ritorno. La Harris poi è nativa di Oakland, dunque è una della Baia. Tra l’altro, prima di insediarsi al Chase Center di San Francisco, i Warriors giocavano proprio a Oakland. Cambiando il detto popolare, allora, ecco che «politici e buoi dei paesi tuoi», anziché «mogli e buoi dei paesi tuoi», ha un senso nelle visioni di Stephen. Alla domanda, semplice e secca, su come vede Harris, ha risposto così: «È un momento interessante per gli Stati Uniti, dopo la rinuncia dell’attuale presidente Joe Biden. La vicepresidente Harris sostiene di poter trasferire tutta la sua energia alla campagna elettorale, spero che lei sia in grado di ottenere la nomina dei democratici».

Poi Curry, 36 anni ma al debutto ai Giochi olimpici, è stato anche più diretto: «Il minimo che possa dire è che è importantissimo che lei ci sia. Rappresenta poi la regione nostra ed è una sostenitrice della squadra in cui gioco. Voglio trasmetterle tutta l’energia che noi di Team Usa useremo qui in Francia, prima che arrivino mesi cruciali per il nostro Paese e per la direzione che prenderà». Poi il «deb» Curry e il veterano Durant (quarta presenza olimpica: tutte e tre le precedenti, da Londra a Tokyo passando per Rio, si sono concluse con la medaglia d’oro) hanno anche raccontato del clima di grande unità nella squadra («Siamo qui per una missione davvero comune: ciascuno di noi dovrà aiutare gli altri con il proprio talento») e dell’onore di giocare a fianco di LeBron James, eletto a loro avviso portabandiera (assieme alla tennista Coco Gauff) con pieno merito.

Vietato anche dire che LBJ è vecchio e non è più quello di un tempo, «fuoco amico» sparato addirittura da Joel Embiid: «Sì, non siamo più di primo pelo, ma riusciamo ancora ad essere competitivi e a gestire il nostro corpo e ad essere forti». La missione di Team Usa edizione 2024 va poi ben oltre il risultato del campo e dalla caccia a un probabilissimo oro: «Spero che questi Giochi — di nuovo parole di Curry — rappresentino una buona occasione per unificare il nostro Paese. Lo sport aggrega e poi offre la possibilità di spendere energia positiva e ottimismo».