LeBron James portabandiera Usa alle Olimpiadi di Parigi

diFlavio Vanetti

Pare che la sua candidatura a portabandiera Usa per le Olimpiadi di Parigi sia stata caldeggiata da Stephen Curry, che lo ha sempre considerato come una figura esemplare e da seguire. E poi LeBron è sempre LeBron

Nello sport statunitense è più che mai il momento di LeBron James. Dopo aver vissuto l’emozione del draft 2024 della Nba, nel quale i Los Angeles Lakers hanno selezionato il figlio Bronny, facendo sì che per la prima volta nella lega professionistica un padre e un figlio giocheranno l’uno a fianco dell’altro, ecco la nomina ad alfiere della delegazione olimpica a stelle e strisce per la cerimonia inaugurale dei Giochi di Parigi.

Anche questo è un record che LBJ può aggiungere al suo palmarès: nella storia dei portabandiera Usa non c’era mai stato un cestista. A differenza di due cestiste: Dawn Staley ad Atene 2004 e Sue Bird (assieme ad Eduardo Alvarez, giocatore di baseball ed ex pattinatore di short track), a Tokyo 2020.
Il Prescelto è alla quarta presenza tra i cinque cerchi, che tornerà a frequentare a 12 anni dall’ultima volta (Londra 2012) e alla «tenera» età di 39 anni — ma tranquilli, non ha nessuna idea di pensare alla pensione — proverà a migliorare il suo bilancio ai Giochi: ovvero, il bronzo di Atene 2004 (spedizione giudicata fallimentare dagli americani) e i titoli a Pechino 2008 e quattro anni dopo a Londra.

«È un onore incredibile rappresentare gli Stati Uniti in questo palcoscenico globale, soprattutto in un momento che unisce il mondo — è il commento di LeBron —. Per un ragazzo di Akron come me, questa responsabilità significa tutto non solo a livello personale, ma per la mia famiglia, per tutta la mia città, per i miei compagni, per tutti gli atleti olimpici e per tutte le persone in tutto il paese con grandi sogni. Lo sport ha il potere di unire e io sono orgoglioso di far parte in questo modo di un momento così importante».

Pare che la sua candidatura ad alfiere sia stata caldeggiata da Stephen Curry, che lo ha sempre considerato come una figura esemplare e da seguire. Con l’asso dei Golden State Warriors, LBJ ha poi in comune la città natale (Akron appunto), oltre all’ospedale in cui ha visto la luce e perfino la levatrice. Il reciproco rispetto tra i due campioni ha dunque una base più larga. E poi LeBron è sempre LeBron. Qualcuno sostiene che sia diventato una sorta di «ras», ma intanto in Team Usa non si muove foglia che lui non voglia. Si dice anche che lo schema della squadra per Parigi l’abbia deciso lui. E che abbia ricevuto un perentorio «signorsì». Buona sfilata, allora, alfiere degli Stati Uniti.

22 luglio 2024

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