Il governo ha deciso che ArcelorMittal dovrà uscire dall’ex Ilva e il gruppo franco-indiano non farà barricate. Se l’uscita «morbida» del socio privato da Acciaierie d’Italia è ovviamente quella preferita dal governo, anche ArcelorMittal si sarebbe convinta che un lungo contenzioso legale non converrebbe a nessuno (tanto meno l’amministrazione straordinaria che avrebbe, tra le altre cose, impatto negativo su fornitori e indotto). E anche sull’indennizzo da richiedere, i franco-indiani — secondo quanto riferito da fonti vicine alle negoziazioni — non faranno problemi di prezzo. Potrebbero accontentarsi di una «buonuscita» scontata del 30-40%: basterebbero 300 milioni, probabilmente anche 250, per chiudere consensualmente la partita, a fronte di un valore contabile di circa 420 milioni (ovvero il 40% della valutazione della società al momento dell’ingresso di Invitalia nel 2020). Attualmente ArcelorMittal detiene il 62% di Acciaierie d’Italia a fronte del 38% di Invitalia. Ma il veicolo pubblico è destinato a salire al 60% (e il socio privato a diluirsi al 40%, da cui la valutazione contabile di 420 milioni) con la conversione del prestito obbligazionario da 680 milioni di un anno fa.
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I tempi ristretti
ArcelorMittal, quindi, si accontenterebbe di un indennizzo scontato, a patto che arrivi subito. E il tempo è l’altra variabile, insieme al prezzo, della trattativa tra i legali di Invitalia e ArcelorMittal. Per mettere a disposizione i 250-300 milioni, Invitalia dovrà avere il via libera del ministero dell’Economia: scontato (stando alle dichiarazioni rilasciate a più riprese a fine 2023 dal ministro Giancarlo Giorgetti), ma comunque non immediato. E se da una parte il governo — anche per soddisfare le richieste dei sindacati — ha fissato come data limite per la trattativa il prossimo 17 gennaio, dall’altra se sarà necessario qualche giorno in più non sarà un piccolo slittamento della deadline a far saltare l’intesa. A quel punto inizierà il lavoro più difficile del governo: reperire subito i 320 milioni di risorse che servono per le materie prime e per far ripartire la macchina; individuare la nuova guida dell’azienda in sostituzione dell’ad Lucia Morselli; ricercare il socio privato (e Arvedi è in prima fila) che possa ricoprire il ruolo di partner industriale.
L’intesa in Francia
ArcelorMittal, dal suo canto, dirà addio all’Italia, così come auspicato da governo e sindacati. E si concentrerà su altri investimenti, come quello annunciato dal ministro francese dell’Economia Bruno Le Maire: ArcelorMittal decarbonizzerà l’acciaieria di Dunkerque costruendo due forni elettrici con un investimento da 1,8 miliardi sostenuto dallo Stato francese fino a 850 milioni. Notizia che ha destato sorpresa e critica negli ambienti industriali e sindacali tarantini «perché Mittal, ancora una volta, sceglie di investire all’estero e non in Italia». Eppure lo scorso 11 settembre il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto aveva sottoscritto con ArcelorMittal un memorandum of understanding molto simile a quello francese con cifre anche più importanti: investimenti per 4,62 miliardi, di cui 2,27 provenienti da fondi pubblici. Ma l’intesa non piacque né a Invitalia né al collega di governo Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy. E così quel memorandum è diventato carta straccia: i notai ratificheranno solo un divorzio.
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15 gen 2024
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