Mittal, spinta per l’uscita dall’ex Ilva: il commissario non conviene a nessuno

Mittal, spinta per l'uscita dall'ex Ilva: il commissario non conviene a nessuno Mittal, spinta per l’uscita dall’ex Ilva: il commissario non conviene a nessuno

La permanenza di ArcelorMittal in Acciaierie d’Italia ha le ore contate. Come riferito ieri ai sindacati dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano (nell’incontro a cui hanno partecipato anche i ministri Raffaele Fitto, Maria Elvira Calderone e Giancarlo Giorgetti) con le buone o con le cattive il socio privato dell’ex Ilva va considerato fuori.

L’uscita «morbida»

La trattativa tra i team legali di Invitalia e ArcelorMittal, rispettivamente al 38 e al 62% del capitale è iniziata subito dopo la comunicazione dello scorso 8 gennaio del ceo indiano Aditya Mittal di non voler più iniettare risorse nella società. E va chiusa in pochi giorni: la data limite fissata dal governo è mercoledì 17 gennaio. Le parti stanno lavorando al divorzio consensuale, la soluzione che si fa preferire perché l’alternativa dell’amministrazione straordinaria non piace a nessuno: l’uscita «morbida» del socio privato da Acciaierie d’Italia è certamente quella preferita dal governo e ha i suoi vantaggi anche per ArcelorMittal, considerato che potrebbe prevedere un indennizzo e certamente eviterebbe un lungo contenzioso legale. Senza dimenticare che entro maggio andrebbero rilevati gli impianti di Ilva in amministrazione straordinaria per circa un miliardo. Esborso che a questo punto sarebbe tutto a carico dello Stato (e in tal caso si tratterebbe di una sorta di partita di giro).

La fiducia di Calderone

«In questo momento si stanno parlando i collegi legali dei soci in modo che si possa trovare una soluzione che noi auspichiamo essere una responsabile e concordata. Io sono fiduciosa — ha sottolineato la ministra del Lavoro Calderone a Sky tg24 — che si trovi una modalità per definire un percorso che comunque non ci vede più interessati o coinvolti in una prosecuzione dell’esperienza con Mittal». Se dovesse fallire la trattativa non resterebbe che l’ammistrazione straordinaria, con la nomina di un commissario e una lunga battaglia legale di ArcelorMittal che si ritroverebbe estromessa dalla società con un atto unilaterale del governo. Quello consentito dall’articolo 2 del decreto del marzo 2023 che consente al governo di attivare la procedura di amministrazione straordinaria autonomamente nel caso in cui il socio pubblico abbia almeno il 30% delle quote societarie di imprese che gestiscono uno o più stabilimenti di interesse strategico nazionale non quotate.

Il no dell’indotto al commissario

Questa ipotesi non piace ai sindacati, da sempre contrari all’amministrazione straordinaria, e soprattutto all’indotto, già scottato da commissariamento del 2015: i trasportatori che lavorano con il siderurgico hanno protestato contro questa ipotesi a Palazzo Chigi e la loro assemblea permanente davanti alla portineria C dello stabilimento ex Ilva di Taranto contro i ritardi nei pagamenti di Acciaierie d’Italia proseguirà a oltranza: «Con l’amministrazione straordinaria il rischio di perdere tutto sarebbe reale».

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