Sull’ex Ilva «c’è l’urgenza di un intervento drastico che segni una svolta netta rispetto alle vicende per nulla esaltanti degli ultimi 10 anni». Così il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha aperto la sua informativa al Senato su Acciaierie d’Italia. «Siamo in un momento decisivo che richiama tutti al senso di responsabilità — ha aggiunto — e abbiamo dato mandato a Invitalia e al suo team di legali di esplorare ogni possibile conseguente soluzione. Sono ore decisive per garantire, nell’immediato, in assenza di impegno del socio privato, la continuità della produzione, e la salvaguardia dell’occupazione, nel periodo necessario a trovare altri investitori di natura industriale. Questa è la situazione che abbiamo davanti a noi, pregiudicata dalle decisioni assunte dai governi precedenti a cui tutti insieme dobbiamo ora rimediare con la massima assunzione di responsabilità», ha aggiunto Urso.
Il cambiamento di rotta
Per questo Urso annuncia che sull’ex Ilva il governo intende «invertire la rotta cambiando equipaggio. Ci impegniamo a ricostruire l’ex Ilva competitiva sulla tecnologia green su cui già sono impegnate le acciaierie italiane, prime in Europa», tanto più che «l’impianto è in una situazione di grave crisi: nel 2023 la produzione si attesterà a meno di 3 milioni di tonnellate, come nel 2022, ben sotto l’obiettivo minimo che avrebbe dovuto essere di 4 milioni, per poi quest’anno risalire a 5 milioni».
«Richiesete di ArcelorMittal inaccettabili»
Urso spiega anche come si sia arrivati a questa situazione: «La richiesta di ArcelorMittal per un controllo condiviso sulla governance anche in una posizione di minoranza «non è accettabile nè percorribile soprattutto alla luce delle regole sugli aiuti di Stato. Il socio privato, davanti alla richiesta di un impegno finanziario pro-quota, ha detto chiaramente che non aveva nessuna intenzione di immettere alcuna risorsa persino se la sua quota dovesse scendere al 34 %. ArcelorMittal condivide dunque l’eventualità di diluire la sua quota ma non quella di contribuire finanziariamente in ragione della propria quota rivendicando in ogni caso un controllo paritario sulla governance, cosi da condizionare ogni decisione. Cosa che non è accettabile, né percorribile sia nella sostanza che alla luce dei vincoli europei sugli aiuti di Stato».
Gli impegni presi non mantenuti
Il ministro delle Imprese e del Made in Italy ha poi aggiunto che «nulla di quello che era stato programmato e concordato è stato realizzato. Nessuno degli impegni presi è stato mantenuto in merito agli impegni occupazionali e al rilancio industriale. In questi anni la produzione si è progressivamente ridotta in spregio agli accordi sottoscritti, perfino negli anni in cui la produzione di acciaio era altamente profittevole in Europa, come nel 2019, è stata mantenuta bassa lasciando campo libero ad altri attori stranieri».
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11 gen 2024
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