Confindustria, la corsa al dopo Bonomi: tre settimane chiave per 6 candidati

Confindustria, la corsa al dopo Bonomi: tre settimane chiave per 6 candidati Confindustria, la corsa al dopo Bonomi: tre settimane chiave per 6 candidati Da sinistra in alto: Brugnoli, Carraro, Garrone, Gozzi. Marenghi e Orsini

Il parterre dei potenziali candidati alla presidenza di Confindustria è decisamente troppo affollato. Tre vicepresidenti: Giovanni Brugnoli, Alberto Marenghi, Emanuele Orsini, il presidente di Confindustria Veneto Enrico Carraro, il presidente di Federacciai Antonio Gozzi e — ultimo in ordine di apparizione ma non per possibilità di farcela — il presidente di Erg e Sole 24 Ore, Edoardo Garrone.

La preferenza per un «medio-grande»

Finora il dibattito interno all’associazione, che ha il sistema di selezione del vertice più trasparente su piazza, si è concentrato su una sola questione: il prossimo presidente dovrà essere un imprenditore «medio-grande», come Carraro, Garrone e Gozzi, o il rappresentante di una realtà più piccola come gli altri potenziali candidati? Molti tra i grandi elettori dell’organizzazione pensano che per affrontare la crisi che investe tutti i corpi intermedi serva ora un rappresentante della grande impresa.

La scelta dei «saggi»

Ma i voti non si pesano, si contano. E ad avere tessuto relazioni e coltivato consenso spesso è proprio chi negli ultimi anni ha più investito sulle relazioni interne all’associazione. Le vacanze natalizie hanno interrotto il fitto confronto nei ranghi confindustriali, dma adesso si ricomincia: queste tre settimane saranno cruciali. Con il consiglio generale del primo febbraio saranno scelti i «saggi» che dovranno sondare il consenso di categorie e territoriali. Da quel momento in poi i candidati potranno venire allo scoperto (chi lo facesse senza rispettare i tempi della statuto si brucerebbe, come ha ricordato una missiva dei probiviri). Ora è il momento dei passi indietro e delle alleanze. Ogni candidatura dovrà essere supportata da una ventina di voti (pari al 10% dei membri del consiglio).

Brugnoli, il lombardo che non può contare sulla Lombardia

Ma veniamo ai potenziali candidati, e vediamo quali sono i loro profili. Partendo in ordine alfabetico da Giovanni Brugnoli, lombardo di Varese, classe 1970. La sua azienda è la Tiba Tricot Srl di Castellanza, società che produce tessuti per l’abbigliamento sportivo, tessuti industriali e per l’arredamento. Brugnoli sta terminando il suo mandato da vicepresidente per il Capitale Umano. Molto ha lavorato per la riforma degli Its, questione che sta a cuore agli imprenditori. E ha tessuto relazioni nel periodo trascorso nel cda Luiss, con due past president come Luigi Abete e Vincenzo Boccia. Per quanto riguarda gli appoggi, però, non potrà contare sul sostegno della sua regione, la Lombardia, che già oggi è divisa. Con Assolombarda, la prima territoriale di Confindustria, che sembra indirizzata a sostenere un’eventuale candidatura di Garrone; Bergamo e Brescia orientate su Gozzi; Lecco, Sondrio e Como su Orsini.

Marenghi, il preferito di Bonomi

Lo stesso si può dire di un altro lombardo (di Mantova), Alberto Marenghi, 48 anni. Anche lui vicepresidente, ma soltanto con un mandato alle spalle. Può contare sulla fiducia del presidente Carlo Bonomi e gestisce la delicata delega all’organizzazione, che gli garantisce una perfetta conoscenza dei meccanismi confindustriali. Marenghi potrebbe contare già sui voti del Sud (esclusa Napoli), di Verona e della Piccola industria.

Gozzi, il big outsider

Se sia Brugnoli che Marenghi guidano due realtà sotto i 100 milioni di fatturato, diversa è la dimensione delle imprese di Antonio Gozzi, Edoardo Garrone ed Enrico Carraro. Il ligure Gozzi, 69 anni, è presidente di Duferco, trading e produzione di acciao oltre che presidente di Federacciai al secondo mandato. Per certi versi è considerato un outsider, in quanto tra i papabili il meno inserito nelle dinamiche confindustriali, seppure con importanti esperienze non solo nella rappresentanza ma anche nella politica (in gioventù arrivò a essere segretario del partito socialista della Liguria). Tra i suo sostenitori ci sarebbe tra gli altri un past president come Antonio D’Amato.

Garrone, il bis spinto dai big

Ligure come Gozzi è anche Edoardo Garrone, 62 anni, presidente di Erg, gruppo che ha saputo riconvertisi dalla raffinazione alle energie rinnovabili. Garrone ha una lunga esperienza in Confindustria, attualmente è presidente del Sole 24 Ore. Ormai non è più un mistero che a caldeggiare la candidatura di Garrone siano stati alcuni nomi forti dell’associazione, in rappresentanza dell’industria lombarda, da Emma Marcegaglia a Diana Bracco, passando per Marco Tronchetti Provera e Gianfelice Rocca. Due liguri per un’unica poltrona? Questo è il dilemma che mette in una posizione difficile il presidente di Confindustria Liguria Giovanni Mondini.

Carraro, il rappresentante del Nord-Est

Veniamo poi a Enrico Carraro, alla guida del gruppo di famiglia nella meccanica oltre che presidente di Confindustria Veneto. Parliamo qui di un peso massimo dell’impresa del Nord Est. Con la difficoltà però di riunire a suo supporto una regione tradizionalmente divisa, che fino a oggi non ha mai espresso un presidente di Viale dell’Astronomia.

Orsini e la pinta dell’Emilia Romagna

Infine Emanuele Orsini. Le sue attività tra alimentare e legno arrivano nell’intorno dei 100 milioni di fatturato. È vicepresidente per il credito e conosce molto bene l’organizzazione. Può contare sull’appoggio della sua regione, l’Emilia Romagna, e della Toscana, ma non gli mancherebbero supporti anche in altri territori (oltre a Bergamo e Brescia, Venezia per esempio).
Quando a breve si tratterà di formalizzare le candidature, vista la necessità di presentarsi con almeno una ventina di firme a proprio sostegno, difficilmente i candidati potranno essere più di tre, quattro e sarebbe un record. La situazione è molto fluida e molti territori — il Piemonte, per esempio — stanno ancora alla finestra. Il 4 aprile la designazione del presidente con il voto del consiglio generale.

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