Ex Ilva, Mantovano risponde a Mittal: la fine della partnership dipende da voi

Ex Ilva, Mantovano risponde a Mittal: la fine della partnership dipende da voi Ex Ilva, Mantovano risponde a Mittal: la fine della partnership dipende da voi Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano

«La parte pubblica non “preferisce porre fine alla partnership” con il gruppo ArcelorMittal: tale eventualità viene imposta da Vostre decisioni». In una lettera di risposta all’amministratore delegato di ArcelorMittal, Aditya Mittal, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano precisa la posizione del governo sulla questione ex Ilva dopo la missiva ricevuta dal gruppo franco-indiano lo scorso 18 gennaio. «Illustre dottor mittal, rispondendo alla Sua comunicazione, inviata al Presidente del Consiglio dei Ministri, e alla successiva nota con cui Arcelor Mittal ha evidenziato la propria posizione, ritengo opportuno precisare quanto segue», esordisce Mantovano nella lettera all’amministratore delegato del gruppo franco-indiano, azionista di maggioranza dell’ex Ilva, che ha come oggetto «Sua comunicazione del 18/1/2024».

La posizione del governo

«La situazione di crisi di Acciaierie d’Italia nasce esclusivamente dalla decisione del gruppo ArcelorMittal di venir meno alle proprie prerogative di socio industriale; prerogative che — sottolinea Mantovano — ArcelorMittal aveva ribadito nei confronti del governo, non più tardi di quattro mesi fa, con la firma del Memorandum of Understanding dell’11/9/2023. Il governo, pertanto, in questa vicenda non ha adottato “un approccio unilaterale”, ma ha ricercato ogni possibile soluzione nel migliore ed esclusivo interesse di Adi, della sua controllante Acciaierie d’Italia Holding (Adih) e di tutti i loro stakeholders, inclusi per primi i lavoratori e i fornitori, come è stato, da ultimo, confermato nel confronto avuto con Lei e con i suoi collaboratori, a Palazzo Chigi, l’8 gennaio u.s. La parte pubblica, inoltre, non “preferisce porre fine alla partnership” con il gruppo ArcelorMittal: tale eventualità viene imposta da Vostre decisioni. Sugli elementi di dettaglio— conclude il sottosegretario — Invitalia provvederà ad indirizzarvi specifica comunicazione, in coerenza con la normativa vigente».

Cosa aveva scritto Mittal

La risposta di Mantovano è alla lettera inviata da Mittal che, in buona sostanza, punta a riaprire il tavole delle trattative per evitare l’amministrazione straordinaria, la strada che sembra essere stata imboccata dal governo. «Siamo disponibili a rimanere come partner strategico di minoranza— ha scritto lo scorso 18 gennaio Aditya Mittal alla premier Giorgia Meloni e al sottosegretario alla presidenza, Alfredo Mantovano — che fornisca esperienza tecnica e industriale mentre il governo decide una soluzione permanente . La parte pubblica sembra aver optato per un approccio unilaterale, basato su un’ulteriore modifica ad hoc del regime di amministrazione straordinaria rispetto a una soluzione negoziata».

I sindacati: non perdere altro tempo

Lo scambio epistolare non piace ai sindacati, almeno non a Rocco Palombella segretario generale della Uilm: «Proprio mentre l’ex Ilva vive la sua fase più drammatica, continuiamo ad assistere al tentativo di ArcelorMittal di prendere ulteriore tempo con l’obiettivo palese di portare gli impianti allo sfinimento. Se davvero è disposto a cedere su tutto, come ha scritto nella lettera inviata al governo il 18 gennaio scorso, perché non lo dimostra negli stabilimenti? Perché, invece, a Taranto spegne l’altoforno 2, nelle batterie guardie idrauliche non c’è drenaggio e l’acqua blocca il passaggio del gas arrivando quasi al fermo totale? Perché l’altoforno 1 è ancora fermo da agosto e il 4 è in marcia ridotta? Non ci sembra questo l’atteggiamento di chi vuole restare, di chi vuole salvaguardare l’ex Ilva, i lavoratori e l’ambiente. Abbiamo già perso troppo tempo, gli stabilimenti sono al collasso, la produzione è al limite storico, ci sono migliaia di lavoratori in cassa integrazione e un sistema degli appalti allo stremo. I ministri ci hanno assicurato che indietro non si torna. Quello che serve agli stabilimenti è un intervento urgente: servono al più presto i 320 milioni di euro per la gestione corrente, per la messa in sicurezza degli impianti e di tutti i lavoratori».

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