Trump ha già vinto? La situazione degli Usa punto per punto

diGianluca Mercuri

Il proiettile che ha colpito Trump all'orecchio potrebbe aver paradossalmente salvato Biden, il presidente ritenuto rimbambito? I democratici sembrano rassegnati alla sconfitta ma possono ancora vincere a due condizioni

Questo articolo è stato pubblicato su Prima Ora, la newsletter che il Corriere riserva ai suoi abbonati: per riceverla gratis per 30 giorni basta iscriversi e lo si può fare qui

Nella notte italiana, Donald Trump — con l’orecchio bendato dopo la ferita riportata nell’attentato di sabato — è stato accolto come un eroe dai delegati della Convention repubblicana di Milwaukee, e ha presentato un candidato vicepresidente ancora più affilato di lui: J.D. Vance.
Scampato alla morte, Trump si muove già da presidente. Tra lui e il rivale il divario pare incolmabile, anzitutto nella percezione comune. Infatti: «Come sta Kennedy?»

Da ieri circola questo meme su Biden. Il presidente in carica si informa sulle condizioni del rivale e sì: fa un po’ di confusione.
Da sabato, per contro, abbiamo negli occhi Trump insanguinato che alza il pugno, si espone di nuovo al possibile fuoco assassino e urla fight. Se lo dimentichiamo per un po’, basta tornare sul cellulare e in un modo o nell’altro riappare.

Il contrasto tra le due immagini — una scherzosa ma assai verosimile, l’altra terribilmente vera — non potrebbe rappresentare meglio gli opposti in cui i due rivali sono stati collocati dal destino (se c’è, qualunque idea di trascendenza incarni) o dal caso (quello c’è di sicuro: qualche millimetro e il corso delle nostre vite non sarebbe stato troncato di netto come quello di Trump ma sarebbe cambiato di certo).

Ovvero: da una parte il presidente che molti ritengono rimbambito, perso chissà dove nel vasto territorio senile tra amnesia e demenza, comunque inadatto ad altri quattro anni nel più importante job del pianeta.
Dall’altra l’ex presidente ormai dato per certo anche come prossimo, che si rialza pochi istanti dopo essersi salvato e dà l’ennesima prova del suo straordinario istinto mediatico, ma anche di una tempra che conquista perfino chi non lo ama («Mi sarei aspettato che Trump si nascondesse dietro le altre persone e invece non l’ha fatto», dice a Cristina Taglietti uno scrittore illuminato come Jonathan Safran Foer).

E così le due immagini fanno dimenticare definitivamente qualche realtà che forse dovrebbe pesare ancorail rimbambito, vero o presunto, ha sfornato risultati economici stellari, salvato l’Ucraina, stoppato Russia e Cina. E ha perfino messo la testa nel vespaio mediorentale, cercando una pace vera.
Il Leone di Butler, Pennsylvania, parole molto simili a quel fight le aveva già rivolte ai suoi fan in un altro giorno dopo il quale abbiamo detto che «nulla sarà più come prima», solo che quel giorno — il 6 gennaio 2021 — i suoi fan non si erano limitati a gridare U-S-A ma avevano assaltato il Congresso per fare a pezzi con le loro mani Nancy Pelosi e pure il vicepresidente Pence, che non volle rovesciare l’esito del voto presidenziale. I morti furono almeno 7.

Queste realtà sono state cancellate in poco più di due settimane, quelle intercorse tra il duello televisivo e l’attentato a Trump.
Ma attenzione: solo il primo dei due eventi — il dibattito in cui ha penosamente farfugliato — è stato disastroso per Biden. L’altro — il proiettile sparato da Thomas Matthew Crooks che ha colpito Trump all’orecchio anziché al cervello — forse ha paradossalmente salvato anche il presidente in carica. Almeno per qualche mese. Da tre giorni, infatti, nel suo campo nessuno parla più di ritiro.

Ma Trump ha già vinto? E Biden farebbe comunque bene a cedere il passo a un/a altro/a candidato/a?

L'incoronazione di Trump

La Convention repubblicana è iniziata ieri a Milwaukee, Wisconsin. I delegati del Grand Old Party hanno ufficializzato la nomination, la candidatura di Trump per il voto del 5 novembre. Lui, il Sopravvissuto, si è fatto vedere con la sua benda all’orecchio in attesa dell’attesissimo discorso di giovedì. Intanto, ha mandato due messaggi importantissimi.
La nuova strategia Trump l’ha rivelata alla giornalista del Washington Examiner che avrebbe dovuto intervistarlo dopo il comizio di sabato. Le ha detto che non farà più attacchi frontali al campo avverso, ma un discorso ecumenico:

«Sarebbe stato un vero spasso. Se non fosse successo (l’attentato), sarebbe stato uno dei discorsi più incredibili. Ma ora sarà un discorso completamente diverso. È un’occasione per riunire l’intero Paese, persino il mondo intero».
Cosa c’è dietro? Spiega da Milwaukee Viviana Mazza: «I manager di Trump puntano a conquistare gli elettori indecisi e pensano che usare la convention per parlare di teorie del complotto potrebbe alterare la predisposizione positiva che si è creata. Un equilibrio non facile, sia per la tendenza istintiva di Trump ad attaccare, sia perché il suo stesso staff non fa mistero di essere scosso da quanto accaduto».

La scelta del suo vice

J.D. Vance come numero 2, ecco il secondo messaggio. Il 39enne senatore dell’Ohio è stato preferito al governatore del North Dakota Doug Burgum, più moderato e rassicurante per la finanza, e al senatore della Florida Marco Rubio, che avrebbe portato voti ispanici. Vance, da parte sua, porta al trumpismo un futuro: non a caso, i detrattori (di entrambi) lo definiscono «un Trump col cervello».

Ma chi è Vance? È una superstar in ogni senso. Il suo libro Hillbilly Elegy, del 2016, è un bestseller diventato il manifesto della destra americana. Racconta il declino della Rust Belt, la «cintura della ruggine» un tempo cuore dell’industria pesante e della classe operaia bianca, e poi del declino di entrambe. Mito e realtà di un’America profonda e depressa, che fa da base al revanscismo anti élite, sono magnificamente descritti da Vance (qui il suo ritratto firmato da Viviana Mazza).

Un trumpiano (non) della prima ora. No, Vance non è stato sempre un fan di Donald, anzi: nel febbraio 2016 scrisse a un ex un compagno di studi di essere incerto «tra il pensare che Trump sia uno stronzo cinico come Nixon, che non sarebbe poi così male (e potrebbe persino rivelarsi utile) o che sia l’Hitler d’America». Su Facebook attaccò il Partito repubblicano perché si era messo nelle mani di un «demagogo». Cambiò idea nel 2022, quando si candidò al Senato. Fu allora che l’ex compagno diffuse lo screenshot del vecchio messaggio.

E ora che dice? Ora Vance è durissimo. Dice che Trump, una volta rieletto, deve far fuori tutta la burocrazia e rimpiazzarla con suoi fedelissimi: se qualche giudice gli crea problemi, deve ignorarlo. È determinato a irrigidire le norme sull’aborto. E — lui che lo paragonava a Hitler — dopo l’attentato di sabato ha usato gli stessi toni di Peskov (il portavoce di Putin) e di Salvini: «Non è un incidente isolato. La premessa centrale della campagna di Biden è che il presidente Trump è un fascista autoritario che deve essere fermato ad ogni costo. Questa retorica ha portato direttamente al tentativo di assassinarlo». Biden mandante morale, insomma.

La paralisi dei democratici

E Biden come si posiziona? In un’intervista alla Nbc, il presidente è sembrato fare ammenda per certi toni, ma fino a un certo punto. Ha detto che «è stato un errore» usare (in un incontro con dei donatori) l’espressione «put Trump in the bulls-eye», letteralmente «metterlo negli occhi del toro», in senso lato «nel mirino». Ma ha subito precisato: «Intendevo dire “concentrarsi su di lui”. Concentrarsi su ciò che sta facendo, concentrarsi sulle sue politiche, concentrarsi sul numero di bugie che ha detto durante il dibattito». E ha posto il problema di «come parlare della minaccia alla democrazia, che è reale, quando un presidente dice cose come quelle che dice lui? Non si dice nulla perché potrebbe istigare qualcuno?». Per poi passare al contrattacco: «Io non mi sono impegnato in questa retorica, lo ha fatto il mio avversario. È lui che parla di un bagno di sangue se perde».

Ma il presidente è spacciato? Risposta in una parola: quasi. Risposta più articolata: non del tutto, ma in questo momento sembra molto improbabile che possa rimontare nei sondaggi. Intanto, però, incassa la fine (almeno per ora) della contestazione interna: da tre giorni nessun democratico gli chiede di levarsi di torno. Un po’ perché in questa emergenza, e mentre Trump viene osannato, non è il caso. E un po’ perché deputati e senatori sembrano rassegnati alla sconfitta del presidente ma non alla propria, visto che a novembre si giocano la riconferma personale (si rinnovano 34 seggi sui 100 del Senato e tutti i 435 della Camera).
Qual è la strategia giusta? Non sarà semplice: da una parte Biden, se come sembra resta in corsa, dovrà abbassare i toni; dall’altra, come si è già visto ieri, non potrà farlo troppo per non smentire anni di propaganda — e buona parte della verità — su Trump.

Aldo Cazzullo, nell’editoriale di oggi, si dice però convinto che i democratici possono avere qualche speranza di vincere solo a due condizioni.

La prima è che, dopo la cautela di questi giorni, scelgano un altro candidato: «È chiaro che un ottuagenario che confonde Zelensky con Putin non può fare il presidente degli Stati Uniti; se i capi del partito non lo capiscono, glielo faranno capire gli elettori».

La seconda è cambiare passo: «Più che gridare alla fine della democrazia, il modo migliore per opporsi a Trump è presentarsi come una forza pacificatrice, inclusiva, “tranquilla” avrebbe detto Mitterrand, in grado di tenere insieme la società e rappresentare l’America tutta intera, e non una sua fazione, su uno scacchiere mai così complesso».

L’intermezzo ecumenico di Trump sarà prevedibilmente breve, perché «sappiamo che questa non è la sua vera natura. E che nei prossimi mesi il suo discorso sarà: volevano eliminarmi per via giudiziaria, volevano eliminarmi fisicamente; chi non si mobilita per me, chi non combatte — il fatidico “fight” —, farà il loro gioco. L’errore più grave dei democratici sarebbe adeguarsi a questo schema. Chi saprà porsi come il pacificatore, il rassembleur, il leader in grado di riunificare l’America, avrà le chiavi della Casa Bianca».

16 luglio 2024

- Leggi e commenta