Cancro al seno e al colon: in quali casi può bastare un anno per potersi considerare guariti
Gli esiti di una nuova ampia indagine indicano che, con la diagnosi al primo stadio, i pazienti dopo 12 mesi tornano ad avere le stesse aspettative di vita di chi non si è mai ammalato. I controlli di screening sono fondamentali

(Getty Images)
Sono i tumori più diffusi nella popolazione italiana: quello al seno è il più frequente in assoluto, con circa 55.900 nuovi casi diagnosticati nel 2023 (circa 500 dei quali fra i maschi), seguito da quello del colon-retto con 50.500 nuove diagnosi.
La buona notizia, che arriva da uno studio appena pubblicato sulla rivista scientifica International Journal of Cancer, è che il 99% delle donne con cancro della mammella e il 92% dei pazienti con carcinoma colorettale ha un’attesa di vita simile a chi non si è ammalato se la neoplasia viene individuata in stadio iniziale. I risultati di questa ricerca hanno un duplice rilievo. Da un lato, aiutano a rispondere alle domande che tutte le persone si fanno quando ricevono una diagnosi oncologica: «Guarirò?», «Quando potrò considerarmi fuori pericolo?». Dall’altro ribadiscono e dimostrano, numeri alla mano, l’importanza di sottoporsi ai controlli di screening per scoprire la presenza di una neoplasia alle prime fasi, quando è di piccole dimensioni, senza metastasi e le probabilità di guarire sono molto più elevate.
La ricerca e le probabilità di guarire
L’indagine, coordinata dall’IRCCS Centro di Riferimento Oncologico (CRO) di Aviano e dall’Azienda Zero della Regione Veneto, ha valutato le informazioni provenienti da 31 registri tumori italiani e stimato numerosi indicatori di guarigione per stadio di malattia dopo la diagnosi di carcinoma mammario e colorettale. «E’ emerso che, al momento della diagnosi, la probabilità di guarire delle donne con tumori della mammella passa dal 99% per le neoplasie scoperte al primo stadio (che rappresentano oltre la metà delle diagnosi) al 36% quando la malattia si presenta in stadi più avanzati (circa il 10% dei nuovi casi annui). Differenze simili sono emerse per le persone con carcinoma del colon-retto – spiega Luigino Dal Maso, ricercatore del CRO e coordinatore dello studio –. Tra le pazienti vive 10 anni dopo la diagnosi di cancro al seno, il rischio che la malattia si ripresenti è circa il 5%. Già 5 anni dopo la diagnosi di tumori del colon-retto il rischio di morte a causa del tumore diventa inferiore al 3%, per diventare praticamente nullo dopo 10 anni».
Chi può considerarsi guarito
Tre milioni e mezzo di italiani vivono dopo una diagnosi di cancro, ma tra loro solo circa un milione può considerarsi guarito perché ha un rischio di morire per tumore «trascurabile» e, concretamente, un'aspettativa di vita che è la stessa di persone sane di uguale sesso e di pari età. Molti studi scientifici sono stati fatti negli ultimi anni per definire il concetto di guarigione (che è al centro anche della Legge sul diritto all’oblio, approvata lo scorso dicembre 2023) ed esistono dei parametri ben precisi condivisi a livello internazionale che variano in base a molti fattori, primi fra tutti il tipo di cancro in questione e il tempo trascorso dalla diagnosi Il rischio di morte per tumore è più alto nei primi anni dopo la diagnosi e poi diminuisce progressivamente. «Lo studio appena pubblicato ci mostra per la prima volta gli indicatori di guarigione per stadio di malattia e fornisce informazioni cruciali per l’oncologia, la ricerca e la sanità pubblica» commenta Diego Serraino del CRO di Aviano.
L’utilità degli screening
«In base agli esiti della ricerca, stimiamo siano circa 900mila le donne che vivono oggi dopo tumori della mammella, oltre il 3% di tutte le donne che vivono in Italia - dice Stefano Guzzinati, dirigente Azienda Zero della Regione Veneto e corresponsabile dello studio – spesso da molti anni dopo la diagnosi. I nostri indicatori sono stati misurati grazie ai dati raccolti da 31 registri tumori (che coprono la metà della popolazione italiana) su quasi un milione di pazienti, a partire dal 1978 fino al 2017 e seguiti per almeno 15 anni». La ricerca appena pubblicata fa parte di una collaborazione attiva da oltre 15 anni grazie al supporto dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (Airc), dell’Associazione Italiana dei Registri Tumori (Airtum) e dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss). Gli esiti rafforzano quanto già più volte dimostrato: eseguire i controlli per la diagnosi precoce (mammografia, test per la ricerca del sangue occulto nelle feci e Pap test o Hpv-Dna test), peraltro offerti gratis dal Ssn nel nostro Paese nelle persone in fascia d’età più a rischio di ammalarsi, fa calare in modo significato sia il rischio di sviluppare un tumore sia quello di morirne.
Come scende, con il tempo, il rischio di morire
«Le analisi presentate mostrano anche il numero di anni necessario affinché il rischio di morire per il tumore diventi clinicamente trascurabile – commenta Silvia Francisci, ricercatrice dell’Istituto Superiore di Sanità –. Complessivamente, considerando tutti gli stadi di malattia, è inferiore a 10 anni dopo la diagnosi per le donne di 45-64 anni con tumore della mammella e di circa 12 anni se la malattia si presenta sotto i 45 e a 65-74 anni. Si riduce a un anno dopo la diagnosi di carcinoma mammario in stadio primo o secondo e a un’età inferiore a 65 anni, mentre supera i 10 anni nel caso di stadi più avanzati. Per i pazienti con carcinoma del colon-retto in stadio primo il tempo per la guarigione è di un anno, mentre ci vogliono circa 8 anni per tutti gli altri stadi più avanzati». «Lo studio si inserisce in un filone di ricerca che ha mostrato recentemente che circa 23,5 milioni di europei, su una popolazione di 500 milioni di abitanti, vive dopo una diagnosi di tumore – aggiunge Roberta De Angelis, ricercatrice dell’Istituto Superiore di Sanità, coordinatrice dello studio europeo -. I risultati a ottenuti in Italia sono simili a quelli emersi in altri paesi di paragonabile livello socio-economico e indicano che i lungoviventi dopo un tumore sono una popolazione in continuo aumento in Europa, per effetto sia dell’invecchiamento che di una migliore sopravvivenza».
Diritto all’oblio: le conseguenze per gli ex malati
«Per i malati di cancro conoscere la probabilità di guarire alla diagnosi e sapere che la stragrande maggioranza delle persone cui è stato diagnosticato un tumore in stadio precoce è destinata a guarire in pochi anni rappresentano informazioni di grande rilievo anche riguardo all’accesso al diritto all’oblio oncologico appena introdotto nel nostro ordinamento dalla Legge 193/2023 - conclude Elisabetta Iannelli, Segretario generale della Federazione italiana delle Associazione di Volontariato in Oncologia (Favo) -. I risultati dello studio pubblicato su International Journal of Cancer forniscono un importante tassello utile ai pazienti per riappropriarsi della vita e tornare a una condizione di normalità. In particolare, sono di grande rilievo per le donne che fino ad ora non hanno potuto beneficiare dell’oblio oncologico in tempi ridotti (coloro che hanno avuto un tumore di stadio primo o secondo considerato guarito a un anno dalla diagnosi). I decreti attuativi previsti dalla legge sul diritto all’oblio oncologico, dovranno tener conto di questo studio al fine di prevedere termini di guarigione anche molto inferiori rispetto ai 10 anni dalla fine delle terapie, come attualmente stabilito dalla legge».