Una missione segreta di due ore in Iran: le offerte degli americani per fermare l’escalation
Tajani e l'appello del G7. Macron parla con re Abdallah II di Giordania, il ministro degli Esteri di Amman vola a Teheran. Per gli arabi, la data dell’attacco potrebbe essere il 12 agosto, simbolica ricorrenza ebraica di Tisha B’av che ricorda la distruzione del Tempio
Aeroporto di Payam, 30 km a nord di Teheran. Ci atterrano solo i cargo, niente voli di linea. Giovedì scorso, poche ore dopo l’uccisione d’Ismail Haniyeh, da un aereo privato sono scesi alcuni funzionari americani e dell’Oman. Il gruppetto s’è infilato in un hangar, dove l’aspettava una delegazione iraniana. Un incontro segreto, di due ore. Per far giungere all’Iran un messaggio chiaro del consigliere per la sicurezza della Casa Bianca, Jake Sullivan: 1) gli Usa non sapevano niente del piano per eliminare il leader di Hamas e il presidente Joe Biden è furioso; 2) gli ayatollah non cadano nella trappola d’un super-attacco, che rafforzerebbe solo il premier israeliano Bibi Netanyahu; 3) se Teheran non reagisse troppo duramente, Washington potrebbe togliere alcune sanzioni e tornare a un accordo sul nucleare, peraltro stracciato ai tempi di Trump; 4) ecco l’elenco dei dieci agenti del Mossad che hanno incastrato Haniyeh, aiutati da un gruppo di fuorusciti afghani. «E comunque — hanno concluso gli americani —, anche se non vogliamo una guerra con l’Iran, sapete la nostra posizione: difenderemo Israele».
La diplomazia le prova tutte. I pasdaran si riservano «il momento, il luogo e il modo appropriati per colpire». E non promettono nulla di buono i micidiali missili Iskander in arrivo a Teheran dalla Russia, gli stessi usati in Ucraina. Né il supertunnel per i ministri israeliani aperto a Gerusalemme, «adatto a un attacco di più giorni». Bibi si dice pronto a resistere su sette fronti e ai colpi in arrivo: dai 1.800 km di distanza dell’Iran come dai 1.400 dello Yemen, dagli 800 dell’Iraq come dai 600 della Siria. Ma lo scenario è ben diverso da quello delle guerre multi-fronte del’48, del ’67 o del ’73, e nessuno si nasconde che la Nahaja, l’aviazione iraniana, ad aprile abbia voluto esibirsi soltanto in uno show con quei 300 droni lanciati con clamore (e intercettati con facilità) su Israele. Le armi oggi sono cambiate: gli Houthi yemeniti han tirato giù un sofisticato Mq-9 americano, un drone da 30 milioni di dollari, che vola a 15mila metri ed è considerato quasi imprendibile.
Meglio non sottovalutare: «Gli italiani lascino il Libano al più presto», avverte il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Restino i nostri 1.200 soldati in missione Onu, ma via tutti i tremila civili, come già han fatto gli americani, gl’inglesi, i canadesi, i francesi, i sauditi. Si sono mosse anche tre navi, per eventuali evacuazioni d’emergenza. E poiché rullano i tamburi d’una guerra regionale, i negoziatori si giocano le ultime carte. L’Iran potrebbe ripensarci? «Non lo so», allarga le braccia Biden davanti ai giornalisti. La missione segreta Usa nell’aeroporto iraniano, rivelata dalla stampa kuwaitiana, è una delle tante mosse sulla scacchiera. Nell’incontro G7 coordinato da Tajani, ci si è confrontati anche su altri canali di mediazione: «Nessun Paese ci guadagnerebbe da un’ulteriore escalation».
«Stiamo facendo di tutto per evitare che s’arrivi all’ebollizione», dice Jon Finer, vice di Sullivan. In una telefonata in Libano dai Paesi del Golfo, gli Hezbollah hanno spiegato che una risposta a Israele «supererà la linea rossa» e sarà inevitabile, «senza che ci preoccupiamo se questo scatenerà una guerra». Per gli arabi, la data dell’attacco potrebbe essere il 12 agosto, simbolica festa ebraica di Tisha B’av che ricorda la distruzione del Tempio. «Uscite dalla logica delle rappresaglie», esortano insieme il presidente francese Emmanuel Macron e il re di Giordania, Abdallah II. Per la prima volta in vent’anni, il ministro degli Esteri di Amman è volato a Teheran. Ayman Safadi ha spiegato al nuovo presidente «riformista» Masoud Pezeshkian che si rafforzerebbe anche lui, se l’Iran mostrasse saggezza. Ma i giordani sono quelli che in aprile hanno aiutato Israele ad abbattere i droni iraniani. E nella teocrazia prevale tutt’altra linea: «Se i sionisti attaccano i nostri interessi — ha detto mesi fa il capo dei Pasdaran —, d’ora in poi c’è solo la vendetta».