Scambio di prigionieri tra Russia e Stati Uniti, il vero regista dell'«operazione ostaggi» e i colloqui sempre aperti

diGiuseppe  Sarcina 

Il regista dell'operazione è Jake Sullivan, il consigliere per la Sicurezza nazionale e più stretto collaboratore di Biden. Lo schema era già stato sperimentato per il rilascio della cestista Griner 

DAL NOSTRO INVIATO
WASHINGTON - Il vero regista dell’«operazione ostaggi» è Jake Sullivan, il consigliere per la Sicurezza nazionale, il più stretto collaboratore di Joe Biden. È stato lo stesso Sullivan ieri a rivelare alcuni passaggi chiave di una manovra che ha coinvolto sette governi. In particolare quello guidato da Olaf Scholz. Sullivan ha raccontato come Joe Biden abbia parlato più volte con il cancelliere della Germania. Anche la vice presidente Kamala Harris aveva incontrato Scholz, a margine della Conferenza per la sicurezza a Monaco, il 16 febbraio 2024. Motivo? Convincere il leader tedesco a favorire il rilascio di Vadim Krasikov, agente dell’intelligence russa, condannato per aver assassinato uno dei comandanti della resistenza cecena, Zelimkham Khangoshvili, in un parco di Berlino.

Senza Krasikov non si andava da nessuna parte. Vladimir Putin lo aveva fatto capire pochi giorni prima, l’8 febbraio 2024, al giornalista americano Tucker Carlson. Krasikov era la pedina fondamentale per il grande scambio di prigionieri che avrebbe dovuto coinvolgere, lo ha confermato sempre Sullivan, Aleksei Navalny, morto dietro le sbarre proprio il 16 febbraio 2024.
La morte del dissidente russo non ha bloccato le trattative, perché era pur sempre in gioco la liberazione, tra gli altri, del giornalista del Wall Street Journal, Evan Gershkovich, arrestato dalla polizia russa nella remota regione di Sverdlosk, mentre preparava un articolo sulla brigata Wagner.

Ma tutte questi movimenti diplomatici nascono da una scelta condivisa da Stati Uniti e Russia. I due Paesi hanno mantenuto aperte le comunicazioni, nonostante il divampare della guerra in Ucraina. Un esito tutt’altro che scontato. Washington e Mosca hanno attivato un sistema informale costruito su tre livelli. E ha funzionato. Negli ultimi due anni e mezzo, il consigliere Sullivan è rimasto in stretto contatto prima con la sua controparte Nikolai Patrushev. Poi, dal maggio 2024, con Alexei Dymin, figura in tumultuosa ascesa nelle gerarchie del Cremlino, scelto da Putin per sostituire Patrushev. In parallelo il direttore della Cia, William Burns, si è confrontato con il numero uno dei servizi segreti di Mosca, Sergei Naryshkin e infine il segretario di Stato Antony Blinken ha dialogato con il ministro degli Esteri Sergei Lavrov. Sul campo si è mosso anche Roger Carsten, «inviato speciale per gli ostaggi». I due presidenti, Biden e Putin, si sono riservati l’ultima parola.

In realtà lo schema fu sperimentato con successo nel 2022, quando, nel febbraio di quell’anno, la star del basket femminile Usa, Brittney Griner venne arrestata all’aeroporto di Mosca, perché era in possesso di un grammo di olio di hashish. L’atleta fu scarcerata nel dicembre del 2022, quando il governo americano accettò di consegnare ai russi il trafficante d’armi Viktor Bout, detenuto negli Stati Uniti. Nel pacchetto dei prigionieri liberati è rientrato anche Paul Whelan, ex marine e businessman. Fu bloccato in un hotel di Mosca nel 2018, sempre con l’accusa di spionaggio. A un certo punto sembrava potesse essere scarcerato nel 2022, insieme alla cestista Griner, ma all’ultimo i russi lo esclusero, lasciandolo in prigione. Joe Biden, allora, promise alla famiglia di Whelan che gli Stati Uniti non lo avrebbero abbandonato. E ora anche l’uomo d’affari è tornato in America. Questa volta si rivela di fondamentale importanza anche la sponda dei servizi segreti turchi. E qui si vede la mano del direttore della Cia, Burns che ha curato i dettagli pratici in stretto coordinamento con l’intelligence di Ankara.

2 agosto 2024 ( modifica il 2 agosto 2024 | 06:59)

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