Giorgia Meloni non ha parlato molto del Piano nazionale di ripresa e resilienza nella conferenza stampa di inizio anno. Ma la premier ha confermato che presto un decreto concretizzerà la revisione del Pnrr e, senza citare il Piano, ha indicato fra le priorità del 2024 due delle sue grandi aree quali giustizia e burocrazia. Restano dei nodi da sciogliere: a oggi non si sono reperite le risorse nazionali per tutti i progetti dei comuni usciti dal Pnrr, come promesso dal governo; i dati della spesa già rendicontata restano bassi; dalla quinta e dalla sesta rata, relative agli obiettivi di dicembre scorso e giugno prossimo, la Commissione Ue ha congelato per ora 10,6 miliardi di euro in aggregato su un totale di 31,2 miliardi, perché c’è affanno nell’attuazione di alcune misure; e si sta entrando nell’anno più importante per le riforme del Pnrr, dall’arretrato nei tribunali da abbattere, alla concorrenza nelle autostrade, a duecento semplificazioni da realizzare. Vediamo.
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di Redazione Economia
Le risorse mancanti
La revisione esclude dal Pnrr progetti dei comuni per quasi 10 miliardi. Il ministro degli Affari europei Raffaele Fitto è sempre stato convinto che molti di quei piani fossero pulviscolari e di bassa qualità, mentre andavano reperite risorse per i grandi progetti industriali dell’energia. La Commissione Ue ha condiviso questa impostazione. Fitto si è comunque impegnato con i comuni a rifinanziare i loro piani con risorse nazionali e ora i progetti in cerca di coperture, secondo due diversi osservatori informati, varrebbero 17 miliardi di euro. Su di essi si registrano tensioni fra la struttura di Fitto e il ministero dell’Economia. Nei giorni scorsi il ministero di via XX Settembre ha emanato una circolare, destinata a diventare norma, che blocca l’accesso ai fondi delle opere già definanziate dal Pnrr. Per queste ora si cercano risorse nel Fondo di sviluppo e coesione (che però ha uno stretto vincolo territoriale a favore del Sud), nel Fondo nazionale complementare al Pnrr da 31 miliardi e nei fondi regionali europei. Il ministero dell’Economia non intende ampliare le emissioni di debito, eppure circa la metà dei piani comunali usciti dal Pnrr per ora è senza copertura. Si cercherà di dare la priorità ai progetti più avanzati; ma alcuni fra questi o quelli del Fondo complementare resteranno fermi in attesa di tempi migliori.
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La spesa e le rate
Sui livelli di spesa del Piano si saprà di più quando il governo presenterà al parlamento la sua relazione sul Pnrr per il 2023. Per ora quella rendicontata dalla Ragioneria sembra essere di circa 16 miliardi per gli incentivi automatici (Superbonus e altri) e 12 per appalti e contratti. Non molto su 194 miliardi e anche per questo il governo ora fa appello all’efficienza delle grandi società partecipate. Un certo affanno si nota anche sulle riforme. La quinta rata (dicembre 2023) avrebbe dovuto essere da 20,6 miliardi e invece sarà di 12,1, soprattutto perché sono rinviate di un anno e mezzo otto misure contro i ritardi di pagamento dello Stato. La sesta rata (giugno 2024) avrebbe dovuto essere di 12,6 miliardi ma, a sei mesi dalle scadenze, si è già concordato fra Bruxelles e Roma che sarà di 10,5 miliardi perché sono rinviati di due anni gli obiettivi sulle rete delle ricariche elettriche, dei sei mesi le centrali per la telemedicina e vari progetti su irrigazione e reti fognarie. Certo questi ritardi vanno messi in prospettiva, perché l’Italia resta il solo Paese ad aver già potuto chiedere la quinta rata. Ma essi sottolineano la delicatezza dell’anno che inizia, nella distrazione quasi generale del Paese e di ampie parti dello stesso governo.
Le nuove riforme
Gli obiettivi del Pnrr sul 2024, se presi sul serio e non come puri adempimenti cartacei, sarebbero un piano di legislatura per qualunque governo. Eppure quasi nessuno ne parla nel ceto politico — maggioranza o opposizione — né fra le parti sociali o le rappresentanze professionali. Per l’Italia c’è da ridurre entro sei mesi (dal 2019) del 25% l’arretrato dei Tar e del 35% quello del Consiglio di Stato; da ridurre del 95% entro un anno l’arretrato dei tribunali civili di primo grado e appello. C’è da imprimere una drastica svolta ai cattivi pagatori pubblici, con particolare menzione dei ministeri di Infrastrutture, Difesa, Interno, Giustizia e Agricolture e ai comuni di Napoli, Salerno e Lecce. Ci sono da realizzare forti semplificazioni in 28 precise «aree prioritarie» dello Stato, dalle autorizzazioni ambientali alle procedure per le imprese. E da far passare una legge di concorrenza sulle autostrade, inclusi appalti sui lavori e quanti investimenti si possono scaricare sulle tariffe, con il governo da entrambi i lati: autore della legge e suo destinatario come azionista della principale rete del Paese.
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06 gen 2024
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