Moody’s promuove l’Italia, dal Pnrr alle banche: perché l’agenzia di rating ha alzato l’outlook
di Redazione Economia
Torna la fiducia sui Btp. Scendono i rendimenti. Ma salgono i prezzi. Ecco qualche idea per guadagnare su tutte e due i fronti, perché i numeri sono interessanti. Ma andiamo con ordine. Dietro al cambio di passo c’è l’inattesa mini promozione, da parte dell’agenzia di rating Moody’s, che ha sparigliato le carte sulla tavola. Bene così non solo e non tanto per gli investitori internazionali, pronti ad acquistare le emissioni governative del nostro Paese, ma altrettanto veloci a migrare verso altri lidi. Sebbene la gamma di strumenti del dipartimento del Tesoro italiano abbia pochi rivali per redditività degli investimenti. Da negativa a stabile la prospettiva del Paese, o meglio, della sua economia: ecco la promozione dell’agenzia di rating statunitense, la penultima a valutare il debito italiano e ad emettere il relativo giudizio di affidabilità.
di Redazione Economia
Il prossimo primo dicembre sarà Scope Rating, unica agenzia europea che, in questa tornata di esami, giudicherà i Btp, coinvolgendo però indirettamente nella valutazione tutti i titoli di Stato. Non solo, quindi, per chi investe dall’estero in emissioni italiane, ma soprattutto per chi da tanti anni supporta l’emittente governativo del nostro Paese, partecipando e sottoscrivendo titoli alle varie aste che si susseguono. Non è certo casuale che, in più occasioni, tra le ipotesi di investimento e di strutturazione del comparto obbligazionario del portafoglio titoli, la scelta sia stata diretta soprattutto verso l’investimento in Btp, con una recente presenza di Bot annuali, alla luce dell’incremento del rendimento offerto. E, solo a sprazzi, verso i Cct, nelle passate fasi in cui la tendenza rialzista dei rendimenti affidava loro flussi cedolari di livello medio alto.
di Adriano Barrì
Non un ritorno al passato, quindi, perché gli attuali rendimenti sono inferiori rispetto a quelli praticati nei mesi scorsi: si va dal 3,49% del titolo a due anni fino al 4,44% di quello che scade nel 2072. Eppure, in ogni caso, risulterà, molto probabilmente, superiore a quella che il dipartimento del Tesoro italiano, di concerto con i concorrenti di altri Paesi di Eurozona, offrirà agli investitori interni ed internazionali tra qualche mese. Non nell’immediato, ma neppure in tempi particolarmente lontani. Tra dodici mesi circa, già la differenza potrebbe risultare evidente. Nei successivi sei mesi, questa differenza potrebbe discretamente aumentare. E qui si anniderebbe il guadagno in conto capitale, soggetto ad una tassazione del 12,50% sulla differenza di prezzo tra l’eventuale prezzo di vendita e quello di acquisto. Naturalmente, nessun obbligo di vendere a mercato i titoli presenti in portafoglio, ma se la differenza tra prezzo di vendita e valore di acquisto dovesse attestarsi a valori medio alti, almeno una quota parte dell’investimento a suo tempo effettuato potrebbe essere ceduta ad altri investitori. A loro volta, attratti dalla strategia che prevedesse, in futuro, l’ipotesi di convivere con rendimenti di mercato via via calanti.
Le possibili scelte operative da porre in atto ancora in questa fase vanno sulla sottoscrizione di emissioni con scadenza tra due, tre, cinque, sette, dieci e quindici anni. Strumenti del Tesoro con durate superiori coprono un arco temporale che si ferma all’anno 2072, preceduto da poco meno di venti emissioni che rimborseranno a partire dall’anno 2040. Sono strumenti che attraggono un’attività abbastanza intensa, soprattutto da parte di chi ama fare operazioni speculative, comprando e vendendo più volte questi titoli, disponendo di una propensione al rischio di livello medio alto. Non è una novità, peraltro, che l’emittente pubblico del nostro Paese eccella in fantasia: basti pensare ai Btp Italia, Futura, Valore, solo per citare altre tipologie di prodotti finanziari collocati dal Dipartimento del Tesoro.
Immettere ancora oggi una quota complessiva del patrimonio destinato alla componente finanziaria pari al 30%, suddividendo tra le durate con scadenza massima quindici anni, come riportato poco sopra, potrebbe convivere, nel corso dei prossimi mesi, sia con un aumento del valore del patrimonio investito, se si opta per mantenerli in portafoglio fino a scadenza, sia con la possibilità, già ricordata, di incamerare plusvalenze, sfruttando il probabile incremento del valore di mercato dei titoli stessi. Con guadagni di livello superiore, se la loro data di rimborso è più lontana nel tempo.
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03 dic 2023
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