I sondaggi di Kamala Harris contro Trump: la vicepresidente dietro di 2 punti, «ma Donald può essere battuto»
Gli ultimi sondaggi su Kamala Harris, dopo il dibattito di Biden: Trump non è lontano. Kupchan: «Decisivi donne e moderati»
Numeri e percentuali. Due dei fattori che più hanno pesato sulla scelta di Joe Biden. Perché nelle ultime settimane, quelle che hanno seguito il disastroso dibattito con Donald Trump, la forbice nei sondaggi tra i due candidati si era andata allargandosi, a favore del tycoon. «Era una delle grandi domande che si poneva la leadership democratica: Biden aveva possibilità di vincere? I numeri, ogni giorno di più, dicevano di no, sia negli Stati chiave, sia in Stati tradizionalmente democratici», spiega al Corriere Charles Kupchan, ex consigliere di Barack Obama e docente di relazioni internazionali alla Georgetown University.
Anche ora, dopo il passo indietro del presidente, l’attenzione è concentrata sui sondaggi. Al suo posto Kamala Harris, che lui ha indicato come sua scelta per prendere il suo posto sul ticket. Da tempo i sondaggisti immaginavano questo scenario e, solo nelle ultime tre settimane, sono state pubblicate undici rilevazioni sulla sfida tra la vicepresidente e Trump. Solo in due la democratica è data vincente — una di Abc News e Washington Post, condotta tra il 5 e il 9 luglio; e una di Npr/Pbs/Marist, del 9 e 10 luglio — nelle altre il repubblicano è in vantaggio con un margine che va da uno a sei punti. La media parla chiaro: Trump 48,2 per cento, Harris 46,3 per cento. Un margine non insormontabile, anche se va tenuto presente che un nuovo ticket democratico non c’è ancora.
La priorità ora è una, continua Kupchan: «Mettere insieme due candidati che possano sconfiggere Trump, ufficializzare la loro nomina e poi buttarsi in campagna elettorale». Sarà fondamentale individuare un nome adatto per affiancare Harris: «Credo che la scelta migliore, e credo sia quella che i democratici adotteranno, sia un uomo che è governatore di uno Stato chiave. Di nomi ne sono circolati, e ne circolano, tanti: Josh Shapiro della Pennsylvania, Roy Cooper della North Carolina, Andy Beshear del Kentucky, J. B. Pritzker dell’Illinois. C’è anche Gretchen Whitmer del Michigan, o Gavin Newsom della California. La cosa importante è che si arrivi a definire un ticket prima della convention».
Battere Trump «è assolutamente fattibile», conclude Kupchan, secondo il quale i democratici — a partire da Harris, se sarà lei a sfidarlo — devono puntare a convincere gli elettori indipendenti e i repubblicani moderati: «In Stati decisivi come Pennsylvania, Michigan e Wisconsin la campagna dovrà concentrarsi in particolare sulle elettrici sensibili a un tema come l’aborto e non disposte a votare Trump per quello che rappresenta. È vero, l’inerzia della sfida è dalla sua parte; ma è anche un criminale condannato che ha cercato di ribaltare il risultato del voto nel 2020. In pratica: può essere battuto».