Settimana corta, perché conviene anche alle aziende: l’Inail studia la riduzione del premio

Settimana corta, perché conviene anche alle aziende: l'Inail studia la riduzione del premio Settimana corta, perché conviene anche alle aziende: l’Inail studia la riduzione del premio

Gli accordi tra aziende e sindacati per la settimana di 4 giorni, che stanno prendendo piede anche in Italia, è probabile che abbiano ricadute anche sulla salute dei dipendenti e sugli infortuni sul lavoro. E allora perché non approfondire il tema per vedere se questo modello possa essere incentivato con una riduzione del premio Inail a carico delle imprese? È la proposta che lancia il direttore generale dell’Inail, Andrea Tardiola.

Accordi virtuosi anche nelle pmi

«È in atto una trasformazione del mondo del lavoro, una innovazione dei processi produttivi che ormai non riguarda più solo i servizi. Dopo l’accordo in banca Intesa - osserva Tardiola - ci sono stati una serie di contratti integrativi che hanno ridotto la settimana di lavoro a 4 giorni sia in Pmi (Team System, Mondelez International, PA Advice, Velvet Media, Awin Italia, Carter&Benson) sia in grandi aziende manifatturiere come Lavazza, Luxottica e Lamborghini. «Credo che Inail, con le sue strutture di ricerca, debba studiare, in collaborazione con queste aziende, le ricadute di questi accordi». Una scelta, aggiunge il direttore, dettata dall’esperienza. «Il Covid, per esempio, ci ha obbligati ad adottare massicciamente lo smart working con ricadute positive sugli infortuni in itinere, che rappresentano circa il 15% del totale. Ora, con la settimana corta, un giorno di lavoro in meno significa un giorno in meno di esposizione ai rischi». Ma non è questo l’unico aspetto da valutare, sottolinea Tardiola. «Con l’aumento del benessere psicofisico dei lavoratori, che dovrebbe essere uno degli obiettivi di questi accordi, ci sarà una riduzione della sindrome da burnout? Delle dimissioni volontarie? Dell’assenteismo? Delle malattie professionali?».

Incentivare gli accordi

Si tratta di riscontrare i risultati di queste trasformazioni, ribadisce il direttore dell’Inail. Ma le premesse per arrivare a uno sconto sul premio ci sono.«Già oggi l’Inail lo prevede per le aziende che investono in sicurezza e, in una logica di bonus malus, per quelle che riducono gli infortuni. Sconti che, per le piccole imprese, arrivano a quasi il 30% del premio. Credo siano maturi i tempi per verificare la possibilità di estendere gli sconti alle intese che riducono la settimana lavorativa». Gli accordi sindacali sulla settimana corte ruotano intorno a «una profonda reingegnerizzazione dei processi produttivi, attraverso l’automazione e l’AI, legandola alla nuova organizzazione del lavoro. Uno scatto in avanti anche nei modelli di governance aziendale». Le imprese, che hanno già scommesso sull’aumento della produttività, derivante proprio dal miglioramento delle condizioni di lavoro, verrebbero così premiate anche sul fronte Inail e questo potrebbe incentivare la diffusione della settimana corta. I tempi? «Inseriamo l’approfondimento di questa tematica nei nostri programmi di ricerca per il 2024, e se ricaviamo una conferma dei benefici attesi, possiamo partire con i meccanismi incentivanti già nel 2025». Le risorse ci sono e, peraltro, «inizialmente si tratta di sostenere una fase di sperimentazioni». Più che sul famoso «tesoretto» Inail, i 40 miliardi accantonati presso la Tesoreria, che Tardiola dice «servono a garanzia degli equilibri attuariali dell’Istituto», si può attingere al bilancio annuale, che chiude regolarmente in attivo: circa 2 miliardi nel 2022. Ecco perché, conclude, la settimana corta potrà contare anche sul sostegno dell’Inail.

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