Pomodoro, prezzi al rialzo per le conserve: costi di produzione lievitati fino al 40%
di Valeriano Musiu
Il Pomì si rafforza a Tokyo. Il Consorzio Casalasco è primo in Italia, terzo in Europa e settimo al mondo nella produzione e trasformazione del pomodoro (fonte Wptc). Ha fra l’altro i marchi Pomì e De Rica e copre tutta la filiera del pomodoro, dal seme allo scaffale. Conta 2 mila dipendenti e raduna 800 imprese agricole, con un indotto stimato in circa diecimila posti di lavoro. Prevede di chiudere il 2023 con ricavi a 630 milioni, quasi 20 volte i 35 milioni del 2000 e il 21% più dello scorso anno. È redditizio: dichiara un margine operativo lordo di 80 milioni dai 60 del 2022. Ora chiude la seconda acquisizione in due anni per espandersi nel Sud est asiatico e nel Nord Europa, in particolare in Giappone e Scandinavia.
Nei giorni scorsi il gruppo con base a Rivarolo (Cremona) e sedi anche a Parma, Piacenza, Mantova, guidato dall’amministratore delegato Costantino Vaia — manager storico, è in azienda da una trentina d’anni —, ha perfezionato l’intesa per rilevare il 70% della De Martino, società da 40 milioni di giro d’affari specializzata nella vendita delle conserve alimentari in Estremo Oriente e Scandinavia, appunto. L’effetto operativo sarà da gennaio. Il 30% della società resta a Wolfgang De Martino, esponente della famiglia venditrice, confermato ceo.
«L’operazione dà continuità a un percorso iniziato anni fa — dice Vaia —. Abbiamo registrato una crescita importante sia per linee interne sia per acquisizioni, mirate a potenziare la filiera agricola e gli stabilimenti. Abbiamo voluto accelerare la crescita sui mercati che hanno una particolare sensibilità verso il vero made in Italy e sono in grado di valorizzarlo». Il giro d’affari oggi è per i due terzi all’estero, soprattutto in Germania, Francia e Regno Unito. «Con De Martino collaboriamo da oltre 20 anni, è un nostro distributore qualificato. Investire in una società che fattura 40 milioni vuol dire triplicare la nostra presenza su quei mercati: ora valgono una decina di milioni, saliranno a 30». In generale, «l’obiettivo è portare i ricavi di Casalasco verso i 700 milioni nel 2024». E continuare a comperare: «Siamo aperti a valutare nuove acquisizioni».
L’acquisizione di De Martino fa seguito a quella di Emiliana Conserve nel 2022, che ha portato gli stabilimenti del gruppo da tre a cinque. Le due operazioni sono avvenute dopo l’ingresso al 49%, nel 2021, del fondo QuattroR nell’azionariato di una controllata, Casalasco Società Agricola (il resto è della cooperativa Consorzio Casalasco del pomodoro). Il fondo «smentisce i rumor relativi alla vendita della partecipazione» e dichiara che «continuerà a supportare lo sviluppo di Casalasco nel medio termine».
Casalasco è un modello di aggregazione d’imprese, che valorizza la filiera e il territorio. L’ingresso eventuale di un socio industriale, anziché finanziario, potrebbe cambiare lo schema. «L’aggregazione è la nostra natura — dice il ceo —. Oltre a un socio orientato alla crescita serve una base sociale forte, consapevole che bisogna produrre in un certo modo. Ed è essenziale una governance stabile. Con l’ingresso di QuattroR ci siamo rafforzati, ci ha permesso un altro passo nell’espansione». Le acquisizioni in Casalasco ci sono sempre state e Vaia le ha seguite tutte. «Vengo da una famiglia di agricoltori — dice —. I miei genitori avevano un’azienda agricola, davo una mano nei campi. Mentre frequentavo l’università facevo lo stagionale durante la campagna del pomodoro». Qui incontra Casalasco e ora lancia un appello: «Sostenete di più la filiera alimentare, con investimenti di lungo periodo. La sostenibilità e il made in Italy passano di qui».
È il 1977 quando i produttori di pomodoro di Casalasco, a sud di Cremona, si uniscono in consorzio. Nel 1982 nasce il primo stabilimento di trasformazione, a Rivarolo del Re, e nel 2000 il Cio, Consorzio interregionale ortofrutticoli. L’acquisizione di Pomì attraverso Boschi, ex controllata Parmalat, è del 2007 (con la nascita di Pomì Usa nel 2009); l’incorporazione di Arp, Agricoltori riuniti piacentini, del 2015; quella di De Rica del 2017. L’anno dopo Casalasco rileva la maggioranza di Sac, Società alimentari Carmagnolese, distribuzione internazionale. Cinque acquisizioni in otto anni. Poi c’è lo sviluppo degli stabilimenti.
di Valeriano Musiu
«Dal 2018 a oggi abbiamo investito 90 milioni per linee interne — dice Vaia —. Abbiamo in programma altri 50 milioni per i prossimi tre anni, sia nella filiera agricola sia nell’efficientamento energetico degli stabilimenti a cui destineremo 35-40 milioni. Investiamo molto per esempio sull’agricoltura di precisione, per l’uso razionale delle risorse a partire dall’acqua». Inoltre per la ricerca, l’anno prossimo, è prevista l’inaugurazione del Casalasco innovation center: «Svilupperà tecnologie in linea con i parametri Esg — dice Vaia — dagli imballaggi a basso impatto ambientale ai sistemi per garantire l’approvvigionamento costante».
La lievitazione di Casalasco avviene in un momento di consolidamento del mercato della trasformazione del pomodoro, che in Italia è più forte al Settentrione. «Su 5,8 milioni di tonnellate prodotte quest’anno nel Paese — dice Vaia — , 2,8 milioni sono al Nord e 2,6 al Sud». Casalasco dichiara una quota di mercato del 16% circa con 850 mila tonnellate di pomodoro trasformate all’anno. Seguono Mutti, Conserve Italia e Steriltom-Italtom. «I quattro maggiori gruppi hanno l’80% della produzione del Nord Italia — dice il manager —. Se 25 anni fa c’erano nel Paese più di 200 imprese, ora si sono ridotte a una settantina». Il modello di filiera integrata è in questo quadro. «La filiera è un punto di forza — dice Vaia —. Gestirla significa controllare gli approvvigionamenti, la coltivazione, garantire tracciabilità al prodotto. La crescita dimensionale ci ha poi portati a condividere il progetto con un investitore, così che tutta la filiera ne potesse trarre vantaggio».
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28 nov 2023
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