Israele: «La risposta sarà dura». Gli Stati Uniti provano a evitare la guerra con il Libano

diMarta Serafini

Il premier Netanyahu è andato in visita nel villaggio druso della strage dove è stato contestato. Fonti vicine al premier riferiscono che Israele vuole colpire Hezbollah, ma non trascinare il Paese in una nuova guerra

DALLA NOSTRA INVIATA 
TEL AVIV - Israele ribadisce: colpiremo. E l’Iran avverte: se il Libano sarà attaccato, ci saranno gravi conseguenze per lo Stato ebraico. Resta alta la tensione due giorni dopo che un razzo Falaq di fabbricazione iraniana è caduto nelle alture del Golan facendo strage di bambini mentre i Paesi europei, Italia compresa, chiedono ai loro cittadini di lasciare il Libano al più presto. La «risposta arriverà e sarà dura», ribadisce il premier israeliano Benjamin Netanyahu, in visita insieme al capo dello Shin Bet, Ronen Bar, sul campo da calcio nella città drusa di Majdal Shams ancora sconvolta per la morte di 12 minori, mentre parte della comunità urla contro il premier di andarsene e contesta il governo israeliano.

In questo contesto di tensione internazionale e regionale è un portavoce del ministero degli Esteri di Teheran a rispondere in una nota: Israele «sarà responsabile delle conseguenze e delle reazioni impreviste a questi comportamenti stupidi». Lo scenario evocato potrebbe essere lo stesso dell’attacco dell’Iran a Israele con oltre 300 tra missili e droni dopo il bombardamento dell’ambasciata iraniana a Damasco: un raid annunciato in modo che il nemico prepari le sue difese. E non è un caso che Hezbollah si stia già ritirando dalle sue postazioni nella Bekaa, in Libano, e in Siria, pur annunciando di essere pronto ad attacchi aerei. Nonostante lo scambio di fuoco e la retorica bellica, sia Israele che Hezbollah di recente hanno cercato una soluzione di de-escalation del conflitto. Non a caso funzionari israeliani intervistati dalla Reuters spiegano che Israele vuole colpire Hezbollah, ma non trascinare il Paese in una nuova guerra.

Così se l’inviato statunitense Amos Hochstein e i funzionari francesi mantengono ogni canale aperto, prova a buttare acqua sul fuoco il premier ad interim del Libano, Najib Miqati, che ribadisce come «la soluzione risieda nel raggiungimento di un cessate il fuoco globale e nella piena attuazione della risoluzione 1.701 del Consiglio di sicurezza dell’Onu» che intima a Hezbollah di ripiegare a nord del fiume Litani. Ed è proprio su questo che punta la strategia distensiva di Washington per evitare l’escalation. «Siamo in trattative continue con le nostre controparti israeliane e libanesi e gli Stati Uniti continueranno a sostenere gli sforzi per raggiungere una soluzione diplomatica», spiega il consigliere per la Sicurezza nazionale John Kirby.

In questo scenario come da copione sale lo scambio di attacchi verbali tra Tel Aviv e Ankara dopo che il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha evocato domenica in un incontro del suo partito la possibilità di entrare in Israele «proprio come nel Nagorno Karabakh e in Libia». Il ministro degli Esteri dello Stato ebraico Israel Katz ha replicato avvertendo Erdogan che «sta seguendo la strada di Saddam Hussein e dovrebbe solo ricordare come è finita lì». Il botta e risposta è continuato anche ieri con la dichiarazione del ministero degli Esteri turco che ha scritto sui social: «Proprio come il genocida Hitler ha incontrato la sua fine, così lo farà il genocida Netanyahu». Scambi di accuse già visti tra Israele e la Turchia ma che aumentano di intensità.

Nella Striscia di Gaza, peggiorano di giorno in giorno le condizioni dei civili. Il ministero della Salute controllato da Hamas ha dichiarato un’epidemia di poliomielite nell’enclave stretta d’assedio, mentre il bilancio dei morti si è aggravato, superando i 39.300. Hamas ha accusato ancora una volta Netanyahu di temporeggiare su un possibile accordo di cessate il fuoco nel tentativo di avanzare nuove condizioni. Accuse rispedite al mittente dall’ufficio del premier israeliano: «Israele non ha cambiato né aggiunto alcuna condizione nello schema. Al contrario, fino a questo momento Hamas è quello che ha chiesto 29 modifiche e non ha risposto allo schema originale».

29 luglio 2024

- Leggi e commenta