Un Boeing 747 (foto di Nick Morales / Unsplash)
Le compagnie aeree chiuderanno il 2023 con 4,29 miliardi di passeggeri trasportati e 23,3 miliardi di dollari di profitti, il primo risultato positivo nel suo complesso dopo tre anni di pandemia che hanno fatto perdere al settore 182,5 miliardi. Nel 2024 sono previsti altri 25,7 miliardi di profitti e 4,71 miliardi di viaggiatori, rappresentando anche il dato di traffico più alto della storia dell’aviazione. Sono questi alcuni dei dati forniti dalla Iata, la principale associazione internazionale delle aviolinee, nel suo quartier generale a Ginevra, in Svizzera.
Il caro voli
I vertici respingono però le accuse di aver fatto «grandissimi profitti» facendo alzare il costo dei biglietti aerei, tema dibattuto in particolare in Europa, a partire dall’Italia: «Il profitto per cliente imbarcato per le aviolinee sarà, in media, di appena 5,44 dollari quest’anno e 5,45 nel 2024, sufficienti a comprare una bevanda da Starbucks, azienda che ha margini di guadagno decisamente più alti dei nostri», risponde Willie Walsh, direttore generale della Iata. L’analisi del Corriere sui dati forniti dall’associazione mostra che la tariffa media pagata dal passeggero è passata dai quasi 134 dollari del 2019 a circa 150 dollari, in aumento del 12%.
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«Rialzi simili all’inflazione»
«Ci sono alcune compagnie che stanno facendo bene, ma il settore fatica ancora sul fronte della profittabilità», prosegue Walsh. «È sbagliato e falso dire che le tariffe sono schizzate. Abbiamo analizzato tutto: o sono in linea con l’inflazione generale oppure leggermente sotto», replica. «Abbiamo analizzato centinaia di milioni di biglietti emessi per giungere a questa conclusione». «Se i confronti si fanno con 2020-2021-2022 allora l’aumento del prezzo dei biglietti aerei può sembrare significativo», aggiunge Marie Owens Thomsen, capo economista della Iata. «Ma se paragoniamo le tariffe attuali a quelle del 2019 o del 2015 l’incremento praticamente ha seguito l’inflazione».
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Numeri migliorati
I numeri del 2023 migliorano sensibilmente rispetto alle previsioni fornite dalla stessa Iata lo scorso giugno e le proiezioni di dicembre 2022: sei mesi fa, infatti, l’associazione si aspettava profitti netti pari a 9,8 miliardi di dollari — meno della metà dei 23,3 miliardi che stima adesso —, mentre un anno fa i dati parlavano di 4,7 miliardi di profitti, quasi cinque volte meno del dato reale. A portare su il dato, spiega la Iata, è proprio il segmento dei passeggeri. Il guadagno per ogni viaggiatore resta inferiore al 2019 (5,8 dollari), l’ultimo anno record prima della pandemia.
I ricavi e il cargo
Nel 2023 la Iata prevede per il settore 896 miliardi di dollari di ricavi complessivi — superiori agli 838 miliardi del 2019 —, di cui 642 miliardi derivanti dal trasporto passeggeri, 134,7 miliardi dal cargo che scende così ai numeri del 2020, prima del picco del trasporto merci via aria nel 2021-2022 con oltre 200 miliardi di ricavi. Per l’anno successivo l’associazione stima 964 miliardi di ricavi totali di cui 717 miliardi dai viaggiatori. Salgono però anche i costi operativi che passeranno dagli 855 miliardi del 2023 a 914 miliari nel 2024, ben sopra i 795 miliardi del 2019. Questo è dovuto in particolare al rincaro del carburante che rappresenta quasi un terzo delle spese operative.
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Il dominio del Nord America
A livello geografico oltre la metà dei profitti del settore viene registrato nel Nord America (14,3 miliardi di dollari), poi dall’Europa (7,7 miliardi) e Medio Oriente (2,6 miliardi). Ancora in terreno negativo l’Asia-Pacifico (-100 milioni), l’Africa (-500 milioni) e l’America Latina (-600 milioni). Per il 2024 gli equilibri cambieranno di poco, al netto dell’Asia-Pacifico che dovrebbe rivedere l’utile. Sempre l’anno prossimo dovrebbero tornare ai valori pre pandemia i voli, sfondando per la prima volta i 40 milioni di decolli, quasi 110 mila al giorno di media.
Le criticità
Questi numeri portano Willie Walsh, numero uno della Iata, a esprimere «cauto ottimismo» anche per il 2024. «L’anno che si sta chiudendo è stato buono per il settore — commenta —, la ripresa è stata accentuata anche dalla sorprendente riapertura della Cina». Certo, sottolinea, «non sono mancati i problemi, quasi sempre causati da fattori al di fuori del controllo delle compagnie aeree» e le criticità nella catena di approvvigionamento «hanno avuto un impatto sull’offerta che è stata superata dalla domanda». Guardando avanti le incognite sono «il quadro macroeconomico globale, le ricadute delle guerre in Ucraina e in Medio Oriente ed eventuali interventi governativi restrittivi sul trasporto aereo».
lberberi@corriere.it
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06 dic 2023
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