Un medico per guarire il Paese ferito: Biden ce la farà adesso a «silenziare» i critici?
Costretto a cambiare messaggio per la terza volta, potrebbe fermare le pressioni dem, ma nei sondaggi resta in svantaggio
Cool down, raffreddare. Col suo appello lanciato l’altra sera dallo Studio Ovale della Casa Bianca, Joe Biden ha chiesto all’America di far tornare lo scontro politico sui binari di un discorso civile. Ma ha anche mandato un altolà al suo partito che sta cercando di defenestrarlo negandogli la ricandidatura.
Il presidente ha scelto il luogo riservato ai messaggi più solenni per invitare tutti ad abbassare la temperatura: «Nella democrazia americana il disaccordo è inevitabile: fa parte della natura umana. Ma non bisogna considerare chi ha idee politiche diverse dalle nostre un nemico. I nodi vanno sciolti nelle urne, non con le pallottole: la politica non può diventare un campo di battaglie mortali».
Quando afferma che il peso degli Stati Uniti nel mondo «dipende dalle grandi cose che sappiamo fare quando ci muoviamo insieme», Biden fa ricorso a una retorica molto diversa da quella, assai più combattiva, usata nei giorni scorsi. Quando, incalzato dal suo partito, aveva cominciato a denunciare i pericoli per la democrazia derivanti da una seconda presidenza di un Trump che non nasconde le sue tendenze autoritarie.
Campagna elettorale in stand-by
Di fatto il leader democratico mette la sua campagna elettorale in stand-by per qualche giorno: dopo aver bloccato gli spot televisivi contenenti gli attacchi più duri contro Trump, ha anche rinviato il viaggio in Texas, dove, nella library dedicata a Lyndon Johnson, il presidente che ha realizzato più riforme nel Dopoguerra, Biden intende rivendicare i suoi di record. Vale a dire una buona gestione dell’economia, i piani per le infrastrutture, le produzioni che dall’Asia tornano negli Usa, la disoccupazione ai minimi: risultati che, stando ai sondaggi, gli americani non gli riconoscono.
Ma non è questo il momento per riprendere bilanci e discorsi programmatici, riconosce il presidente, che promette di tornare su questi temi tra qualche giorno. Ora per lui è importante soprattutto vestire di nuovo quei panni di medico chiamato a curare le ferite dell’America che indossò tre anni e mezzo fa, nel suo discorso di investitura presidenziale. Quelle ferite, in realtà, sono ancora aperte e, forse, si sono addirittura approfondite. Ma ora che, dopo l’attentato di sabato in Pennsylvania, anche Trump sembra voler virare dalla politica delle divisioni e della polarizzazione a una retorica di riconciliazione, per Biden è importante recuperare spazio con la sua immagine rassicurante. Recuperare terreno davanti all’America, ma soprattutto davanti al suo partito.
I sei minuti di lucidità
Il discorso dallo Studio Ovale, appena sei minuti senza incidenti dialettici, parlando con scioltezza e con tono determinato, ha rappresentato un altro tassello della sua strategia di comunicazione volta a dimostrare che il disastro del dibattito del 27 giugno con Trump è stato solo un incidente. In realtà un «percorso netto» di sei minuti non dimostra di certo che un leader 81enne chiaramente indebolito, anche se ancora lucido, potrà continuare ad esercitare le sue funzioni per altri cinque anni.
Ma da quando, sabato, Trump è diventato un quasi martire della politica americana, le pressioni dei democratici su Biden affinché si ritiri si sono fermate: nella settimana precedente l’attentato, 18 parlamentari democratici erano usciti allo scoperto chiedendo al presidente un passo indietro.
Mentre anche Nancy Pelosi e il capo dei senatori, Chuck Schumer, avevano cominciato ad agitarsi e si sussurrava di pressioni sotterranee, indirette, da parte di Barack Obama e Bill Clinton. Ma da sabato nessun altro deputato o senatore ha criticato Biden mentre alcuni dei suoi detrattori ora ammettono (anonimamente) che dopo l’attentato a Trump è diventato molto più difficile (e forse inutile) cambiare cavallo per la Casa Bianca.
Lo choc
Può darsi che, superato lo choc per il tentativo di assassinare Trump e conclusa la convention repubblicana in corso, riemergeranno le pressioni per sostituire Biden con un candidato più giovane. Ma cambiare in un momento di grave emergenza politica è molto difficile. E alcuni di quelli che fin qui hanno spinto in questa direzione, deputati e senatori che rischiano di perdere il seggio in collegi nei quali la componente conservatrice dell’elettorato è molto forte, ora sembrano avere altro a cui pensare.
Anche se lo fanno in modo anonimo, diversi parlamentari democratici hanno detto ai cronisti di siti politici come Axios e Politico.com che ora la loro principale preoccupazione è la sicurezza loro, dei loro staff e delle loro famiglie: secondo molti analisti, infatti, l’attentato di venerdì potrebbe essere solo il primo di una stagione di violenze politiche già più volte definita probabile anche dalle istituzioni preposte alla sicurezza, Fbi in testa.
Meno brutalità
Biden potrebbe, insomma, evitare la defenestrazione, ma difficilmente la spunterà su un Trump avanti nei sondaggi che trae vantaggio anche dall’attentato. Il presidente è costretto a cambiare la rotta della campagna per la terza volta: ha iniziato vantando i contenuti, i successi della Bidenomics. Fallito su quel fronte, è passato al corpo a corpo con Trump. Ora marcia indietro e ritorno all’ecumenismo. Ma anche Trump sembra voler ricorrere a un linguaggio meno brutale, a parlare di unità.
Il presidente spera che, messi da parte i toni da scontro all’ultimo sangue, la sua immagine di leader competente e rassicurante (anche se molto anziano) venga riconosciuta dagli elettori: un sentiero strettissimo. Anche perché la tregua sarà solo momentanea: Trump non rinuncerà di certo al suo mondo di vincitori e vinti, per lui una filosofia di vita. E anche Biden non si tirerà indietro a lungo.