“Le Hawaii non saranno difese dalla Nato”. La scoperta shock degli abitanti mentre sull’arcipelago i marines si addestrano alla guerra con la Cina

NEW YORK - Dune e deserti addio: dopo vent’anni di Medio Oriente, i marines tornano a esercitarsi per operazioni anfibie sì, ma da svolgere nella complessità di migliaia di miglia di isolette e coste asiatiche nell’ipotetico scenario di un conflitto con la Cina. L’ipotesi è che invece di lanciarsi in tradizionali assalti, gruppi più agili dovrebbero agire come facilitatori di una forza congiunta più ampia, occupandosi di raccogliere informazioni e dati sugli obiettivi da condividere rapidamente per aiutare la flotta del Pacifico e l’aeronautica militare a respingere aggressione contro gli Stati Uniti e i suoi alleati e partner: Taiwan, Giappone, Filippine etc. All’occasione, avrebbero pure il compito di affondare navi con missili a medio raggio.

Per ora è un progetto sperimentale portato avanti dal 3° Reggimento Litorale: una nuova formazione composta appunto da unità più piccole, leggere, mobili e, assicurano i superiori, letali. Concepiti come parte di una strategia ampia, capace di lanciare operazioni sincronizzate di esercito, marina, aviazione e appunto marines insieme, coordinandosi pure con gli eserciti degli alleati e nel Pacifico. Come focus, un tratto cruciale di territorio noto come “prima catena di isole”, sorta di “Linea Maginot” marittima che si estende (ma le definizioni possono variare) dalla punta della penisola della Kamchatka fino al Mar Cinese del Sud, passando per Giappone, Taiwan, Filippine e lambendo pure le coste di Malesia, Vietnam, Singapore. Zona che la Cina considera propria area di influenza ed è innervosita dalle alleanze che gli americani stanno tessendo proprio lì. Se un incidente dovesse scoppiare adesso, per essere chiari, gli Stati Uniti non sarebbero pronti a una guerra in quel tipo di territorio. Ed ecco dunque come provano a prepararsi.

Ebbene, la location scelta per questo genere di esercitazioni sono le Hawaii. Davvero il territorio più adatto. Ma la scelta ha fatto emergere una curiosità di cui nemmeno molti abitanti dell’arcipelago erano a conoscenza: se venissero attaccati, se ci fosse cioè una nuova Pearl Harbour – l’attacco Giapponese del 1941 che trascinò gli Stati Uniti nella Seconda Guerra mondiale – i paesi Nato non avrebbero nessun obbligo di aiutare l’alleato americano.

Per una serie di eventi storici e geografici le Hawaii infatti non fanno parte dell’Alleanza. Che, lo dice la parola stessa, è Atlantica: mentre quelle isole si trovano nel Pacifico. Ma a determinarlo è il fatto che l’arcipelago è diventato stato nel 1959: dieci anni dopo la firma del celebre trattato. Se l’articolo 5 impegna tutti i membri all’autodifesa collettiva in caso di attacco a un qualsiasi alleato, l’articolo 6 ne limita in effetti la portata geografica: “Si ritiene che un attacco armato contro una o più parti sia da intendere contro il territorio di una qualsiasi delle Parti in Europa o Nord America. I territori insulari devono trovarsi nel Nord Atlantico, a nord del Tropico del Cancro».

Un portavoce del Dipartimento di Stato ha però detto a Cnn che in realtà la questione è ambigua: è vero che le Hawaii non sono coperte dall’articolo 5, conferma. Ma l’articolo 4 – secondo il quale i membri si consulteranno quando “l’integrità territoriale, l’indipendenza politica o la sicurezza” di qualsiasi membro è minacciata – dovrebbe coprire qualsiasi eventualità che potrebbe riguardare attacchi alla cinquantesima stella. Nessun emendamento, ha aggiunto, otterrebbe consenso: anche altri membri hanno territori fuori dei confini stabiliti nell’articolo 5. Ed è già accaduto, ad esempio, che la Nato non contribuì alla guerra del 1982 combattuta dal Regno Unito con l'Argentina, dopo che le truppe del paese latino americano avevano invaso le Isole Falkland.