Cristina Mercuri: «Hai il ciclo? Non entri in cantina: vi racconto il sessismo nel mondo del vino»

Cristina Mercuri: �Hai il ciclo? Non entri in cantina: vi racconto il sessismo nel mondo del vino� Cristina Mercuri: �Hai il ciclo? Non entri in cantina: vi racconto il sessismo nel mondo del vino�

In questo momento � l’unica italiana candidata al titolo di Master of Wine, il massimo riconoscimento a cui pu� ambire un esperto di vino. Cristina Mercuri, classe 1982, avvocato per formazione e wine educator di professione con la sua societ� Mercuri Wine Club, pochi giorni fa � arrivata a un passo dal traguardo: avrebbe dovuto essere incoronata prima Master of Winedonna d’Italia, ma al terzo e ultimo livello dell’esame c’� stato un intoppo. �Sono stata rimandata�, spiega. Non un colpo leggero dopo cinque anni di studio intenso, di degustazioni alla cieca e di estenuanti test. Ma in un percorso cos� selettivo le battute d’arresto vanno messe in conto: in 70 anni di storia l’Institute of Masters of Wine di Londra ha assegnato il diploma solamente a 417 persone (tra cui 137 donne) in 31 Paesi. In Italia ci sono arrivati Gabriele Gorelli, Andrea Lonardi e Pietro Russo, quest’ultimo proprio durante l’ultima sessione. Mercuri sarebbe stata la prima donna del nostro Paese ad avere in mano il titolo.

Volente o nolente, lei � una portabandiera. Perch� dal suo punto di vista l’ultimo step � andato male?
�L’esito dell’esame non � stato quello che mi aspettavo: i due membri della commissione hanno ritenuto innovativo il tema del mio progetto di ricerca, ma mi hanno chiesto ulteriori approfondimenti per rendere la tesi pi� incisiva. All’inizio ero delusa e triste, poi � sopraggiunta la rabbia perch� mi sono fidata di quello che mi aveva consigliato il mio advisor, un Master of Wine inglese che mi ha seguito nella preparazione, invece di fare di testa mia. Pur essendo, di solito, sensibile e intuitiva non ho ascoltato me stessa. Ma � tutto risolvibile con una parziale riscrittura, sono certa che andr� bene: dopo l’estate avr� i risultati�.

La domanda � d’obbligo: per la sua esperienza, quello del vino � un mondo sessista?
�Quello dei Master of Wine assolutamente no. Intanto in sede d’esame siamo tutte matricole anonime, perci� escludo ogni tipo di differenza. Inoltre non ci sono mai stati episodi sgradevoli nel contesto dei miei studi, anzi: tutta la comunit� dei Master of Wine e degli aspiranti tali sa perfettamente che il tema delle discriminazioni — di genere, sull’orientamento sessuale, di religione o altro — � molto caldo: c’� grande rispetto reciproco. Mi sono sentita veramente accolta e mai giudicata, ma purtroppo non � cos� dappertutto. Anzi: la situazione nel settore professionale del vino in media � raccapricciante�.

Definisca �raccapricciante�.
�Secondo i dati che l’associazione Curios Vines ha raccolto e presentato lo scorso novembre, durante la conferenza Wine Future di Coimbra, in Portogallo, a livello mondiale nel trade del vino (importatori, distributori, buyer.., ndr) una donna su tre ha subito molestie, soprattutto nella fascia d’et� 18-34 anni. Il 78 per cento delle donne intervistate pensa che il sessismo sia un grosso problema e il 44 per cento ha pensato di lasciare il settore. Inoltre, il 54 per cento si sente discriminato in termini di stipendio�.

In Italia a che punto siamo?
�C’� un sessismo legato pi� che altro all’ignoranza. Faccio un esempio: di recente sono andata in una piccola azienda vinicola gestita da ragazzi giovani, in Campania. Lui, il titolare, ha detto: “La mia ragazza oggi non pu� entrare in cantina, ha il ciclo, � impura”. In Franciacorta un produttore si � lasciato sfuggire che “le donne non possono diventare enologhe, restano incinte. E poi in cantina farebbero fatica, si sporcano”. Sono retaggi che sopravvivono pi� nelle piccole aziende padronali, molto meno nelle grandi realt�. Sono convinta che le cose non possano che migliorare, anche perch� nei giovani, a parte qualche rarissimo caso, noto l’assenza di questi pregiudizi�.

Lei ha mai subito discriminazioni?
�Io ho vissuto sulla mia pelle quella cosa che si chiama sindrome dell’impostore: gli altri ti ignorano in quanto donna e tu, che in fondo pensi di non meritarti quello che hai, in un qualche modo finisci per dar loro ragione. Mi � successo tante volte di essere considerata “la biondina del vino, carina”. Mi � capitato, a una fiera, che un uomo mi spostasse letteralmente mentre stavo parlando con un produttore, per cominciare a parlarci lui. O di ricevere telefonate da aziende che cercavano un moderatore esperto di vino e mi chiamavano per avere dei nomi di colleghi. Io ribattevo: “Posso farlo io”. Mi rispondevano: “No, tu sei donna”. L’ultimissima? A Parigi, qualche giorno fa, ero a un banco di assaggio e si � avvicinato un uomo urlando: “Vengo l� solo per la biondina”�.

Come se non la prendessero sul serio.
�Esatto. E adesso, in ogni caso, va molto meglio di quando ho iniziato: ho lasciato il mondo legale per quello del vino nel 2015. A lungo ho avvertito una scarsa considerazione. Quando, un paio d’anni fa, si � diffusa la notizia che ero arrivata all’ultimo step del percorso da Master of Wine improvvisamente sono stata reputata subito molto pi� preparata. Come se mi servisse un cappello, una qualifica, un pezzo di carta che certificasse la mia competenza. Il che � profondamente sbagliato: avrei dovuto essere rispettata in quanto professionista e persona, tanto dovrebbe bastare�.

La strada per le donne del vino � ancora lunga?
�S�, anche se resto fiduciosa. E intendo impegnarmi su questo fronte: la mia � gi� una societ� benefit, una parte dei proventi di alcune attivit� aiuta associazioni che sostengono le donne vittime di violenza. Ma nel momento in cui avr� pi� voce, da Master of Wine, vorrei urlare di pi� sulle tematiche di genere e inserire nei miei programmi di formazione e divulgazione dei moduli per sensibilizzare sulla questione. Per esempio, fare agli uomini quelle domande che si fanno normalmente a una donna durante un colloquio: allora, dove sono i suoi bambini oggi? E poi portare numeri, esempi, buone pratiche, proporre policy aziendali: tutto questo rientra anche nella sostenibilit� sociale delle aziende. Inoltre, non temo di condividere una vicenda personale se pu� servire da monito per altre donne�.

Quale vicenda personale?
�Sono stata vittima di violenza psicologica. Una brutta storia finita in mano agli avvocati con il mio ex socio, che prima � entrato nella mia vita come se fosse un amico di famiglia, e poi ha cominciato a convincermi di essere incapace e di non valere nulla, sminuendomi in continuazione. Mi insultava, “tu non sei capace”, “tu non esisti”, “senza di me non sei nessuno”. Io purtroppo sono rimasta intrappolata in questo meccanismo psicologico, a lungo mi sono sentita una nullit�. Quando, nel 2019, sono arrivata al primo livello dell’esame da Master of Wine in condizioni pessime e non l’ho passato, mi � scattato l’allarme: ho iniziato dei colloqui con una terapista e mi sono man mano liberata di questa figura dannosa. Finalmente, tre anni fa me ne sono andata dalla societ� e ne ho fondata una mia. Oggi sono sicura di quello che valgo, non dubiter� mai pi� di me: se questa storia pu� servire a qualche collega per ritrovare fiducia in s� stessa, ben venga�.