La svolta di Hamas: cede alla tregua, ma in cambio degli ostaggi vuole la liberazione di centinaia di prigionieri

Nel primo venerdì di Ramadan, una delle giornate più delicate da quando è iniziata la crisi fra Israele e Hamas, il 7 ottobre scorso, sul tavolo del gabinetto di guerra israeliano arriva la risposta di Hamas sulla trattativa per il cessate il fuoco.

Per la prima volta da mesi il gruppo islamista – probabilmente sotto la pressione dei Paesi arabi e in particolare del Qatar, che ha minacciato di espellerne la dirigenza da Doha – apre alle richieste di America ed Egitto (e quindi di Israele) su due punti fondamentali secondo una bozza della risposta diffusa dalla Reuters: la durata della tregua e l’identità degli ostaggi da liberare.

La risposta prevede che Hamas accetti uno stop ai combattimenti di 4-6 settimane e non più a tempo indeterminato: cosa che finora aveva rifiutato. E che in due fasi liberi tutti i prigionieri israeliani, vivi e morti: si inizierebbe dai più fragili, donne (soldatesse comprese), anziani, malati, feriti. Il tutto ha un prezzo molto alto: per ogni israeliano Hamas chiede la liberazione di decine di prigionieri palestinesi (il numero varia fra 50 e 100 con richieste diverse per soldati, donne, corpi) e soprattutto chiede che nella lista siano inclusi, secondo la bozza della Reuters cento prigionieri/e condannati all’ergastolo. E dunque in carcere perché riconosciuti colpevoli di aver ucciso o di aver collaborato all’uccisione di israeliani. In tutto il totale sarebbe di 700-1000 detenuti da liberare per i 134 ostaggi (di cui almeno una trentina sono morti).

Il gabinetto di guerra israeliano si riunirà oggi per discutere la risposta: già ieri sera fonti vicine al primo ministro hanno fatto filtrare sulla stampa che Netanyahu riterrebbe ancora troppo elevate le richieste. Confermato invece il sit in delle famiglie degli ostaggi davanti alla Kirya, il ministero della Difesa a Tel Aviv dove si riunisce il gabinetto di guerra. La sensazione che si sia a un bivio decisivo per la sorte dei loro cari è quella che da giorni circola negli ambienti del comitato che rappresenta le famiglie.

Sullo sfondo, ma pronto a passare in primo piano, il primo venerdì di Ramadan: alle 12 migliaia di musulmani si riuniranno per pregare sulla Spianata delle Moschee con 2.500 poliziotti israeliani a sorvegliare. La minima scintilla può accendere un incendio che travolgerebbe tutto: la sicurezza, la politica, gli ostaggi. L’ingresso a Gerusalemme non è consentito alla grande maggioranza dei palestinesi della Cisgiordania: questa mattina ai check point intorno alla Città santa la situazione era normale, così come negli antichi vicoli. Ma la giornata è ancora lunga.