L’Italia senza acciaio, la lenta agonia dell’Ilva: Taranto dimostra che non siamo un Paese per le imprese
di Ferruccio de Bortoli
Servono 320 milioni subito ma i soci di Acciaierie d’Italia continuano a non trovare un accordo su chi e in che proporzione debba iniettare le risorse necessarie (che in 8 anni diventano 4,6 miliardi, considerando la decarbonizzazione). E così anche l’assemblea di ieri dell’ex Ilva, prosecuzione di quella convocata lo scorso 23 novembre, si è chiusa con un nulla di fatto. Un preoccupante nulla di fatto, perché intanto il tempo passa e dall’allarme lanciato a metà ottobre dal presidente Franco Bernabè («Servono subito 100 milioni») nell’audizione alla commissione Attività produttive della Camera sono passati più di 40 giorni e le risorse necessarie sono triplicate. E altri 8 giorni passeranno per la prossima assemblea: ieri il socio privato ArcelorMittal ha chiesto di riconvocare un’altra assemblea (il notaio ha consigliato questa procedura rispetto alla prosecuzione dell’assemblea già aperta) per il 6 dicembre con lo stesso ordine del giorno: piano industriale e rafforzamento finanziario della società.
di Ferruccio de Bortoli
Eppure, come ha ribadito ieri a margine dell’assemblea di Confindustria Genova il presidente di Federacciai Antonio Gozzi, la soluzione sarebbe in teoria facile: «Il ministro Giorgetti ha detto molto bene che in una società dove uno dei soci ha il 62% (ArcelorMittal, ndr) e l’altro il 38% (Invitalia, ndr), se c’è bisogno di capitali il socio maggioritario deve mettere il 62% delle risorse e quello minoritario il 38%. Sembra quasi banale ricordarlo». Banale ma, evidentemente, tutt’altro che scontato: la disponibilità del socio pubblico — previo via libera del ministero dell’Economia (scontato, stando alle dichiarazioni dello stesso ministro Giancarlo Giorgetti) — a contribuire al rafforzamento finanziario purché lo faccia anche il socio privato, non trova aderenza con la posizione di ArcelorMittal. Che, evidentemente, alle condizioni attuali non è disposta a contribuire in proporzione agli attuali equilibri, in teoria non del tutto stabili: sebbene il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto sia nettamente contrario alla nazionalizzazione (che invece non escludeva il collega di governo, il ministro delle Imprese Adolfo Urso), in precedenti accordi era previsto (dal 2024, ma si era pensato anche a un anticipo al 2023) che Invitalia incrementasse la partecipazione in Acciaierie d’Italia dall’attuale 38 al 60%, con conseguente cambio di governance. Del resto il finanziamento sottoscritto a inizio 2023 da Invitalia per 680 milioni è tecnicamente convertibile in capitale.
di Michelangelo Borrillo
Soluzione, quella della nazionalizzazione dell’ex Ilva, che vorrebbero i sindacati, molto critici nei riguardi della gestione ArcelorMittal: «Quanto successo oggi — spiega in una nota Rocco Palombella, segretario generale Uilm — è la conferma evidente dell’irresponsabilità del socio privato. Chiediamo al governo quanto tempo dobbiamo ancora attendere prima che si prenda l’unica decisione possibile per il bene dei lavoratori: mandare via ArcelorMittal e prendere il controllo dell’azienda. Il governo non può rimanere in silenzio, sarebbe un’ammissione di responsabilità e di connivenza intollerabile». «Mentre ArcelorMittal e Invitalia giocano al “Monopoli” — ha fatto eco Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia della Fiom-Cgil — il più grande gruppo siderurgico italiano rischia la chiusura: ogni socio metta la sua quota oppure entro la primavera del 2024 lo Stato italiano passi in maggioranza». «Il governo deve governare e sbloccare la situazione — sottolinea anche Roberto Benaglia, segretario generale Fim Cisl — perché i rinvii in questa fase sono pericolosi». E una soluzione in breve tempo auspica anche il presidente di Confindustria Carlo Bonomi: «Questo Paese deve decidere se l’acciaio lo vuole o no. Credo che sia fondamentale avere l’acciaio e quindi spero in una soluzione positiva perché Acciaierie d’Italia è un asset strategico per il nostro Paese».
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29 nov 2023
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di Redazione Economia