Joe Biden e Volodymyr Zelensky durante la conferenza stampa di ieri sera alla Casa Bianca (foto Afp/Chip Somodevilla) Un anno fa, poco prima di Natale, Zelensky fu accolto come un eroe al Campidoglio e ottenne 50 miliardi di nuovi aiuti. Ieri, giunto a Washington su invito del presidente Biden che ha chiesto al Congresso di approvare 61 miliardi di nuovi aiuti per non dare a Putin «il più grande regalo di Natale», Zelensky si è sentito dire dai senatori repubblicani in un incontro a porte chiuse che la sicurezza al confine con il Messico è la chiave per sbloccare i fondi. Il presidente ucraino ha ribadito che Kiev «può vincere» ma ha trovato un muro da parte dei repubblicani. «Non ha detto nulla di nuovo, le solite cose», afferma il senatore del Missouri Eric Schmitt. Non è da Zelensky ma da Biden che i repubblicani vogliono promesse. Il senatore della South Carolina Lindsey Graham ha detto al presidente ucraino che «il problema non è lui» e che, «se la Casa Bianca vuole i fondi per Kiev, Biden deve essere più coinvolto nei negoziati sul confine». Nell’incontro i senatori repubblicani hanno sollevato dubbi sulla trasparenza nell’uso dei fondi e i rischi di corruzione in Ucraina (anche se gran parte del denaro è usato per l’acquisto di armi prodotte in America) ma soprattutto hanno messo in discussione l’efficacia della controffensiva. Alcuni, come JD Vance dell’Ohio, si erano detti «offesi» dalla visita e hanno accusato Zelensky di far loro «la predica». Il presidente ucraino ha avuto un bilaterale con Mike Johnson, lo speaker della Camera, il più grande ostacolo ai nuovi aiuti. «Capisco la necessità di non permettere a Putin di prevalere in Ucraina e marciare sull’Europa», ha detto Johnson «ma dobbiamo occuparci del nostro confine innanzitutto, del nostro Paese». Johnson sembra inoltre condizionare i nuovi aiuti ad una strategia chiara per la vittoria di Kiev e accusa la Casa Bianca di aver fallito nell’articolarla. La campagna elettorale per il 2024 e i sondaggi che mostrano la «stanchezza» dell’elettorato repubblicano sugli aiuti a Kiev portano anche chi nel partito continua ad appoggiarli a sostenere di non poterli giustificare senza una riforma dell’immigrazione. Il leader dei repubblicani al Senato Mitch McConnell ritiene «praticamente impossibile» che un accordo si raggiunga prima della pausa natalizia, il che significa per Zelensky tornare in Europa per discutere del futuro di Kiev senza impegni chiari da parte del suo più importante alleato. Biden per primo aveva proposto i fondi per Kiev come parte di un pacchetto di 110,5 miliardi per Israele, Taiwan e il confine con il Messico (13 miliardi), riconoscendo che l’immigrazione è un problema politico in vista della sua rielezione e pensando di facilitare l’adesione dei repubblicani. Ma forse non è stata la scommessa giusta: i repubblicani hanno spinto ancora di più sull’immigrazione. Ora l’ala progressista del partito democratico teme che la visita di Zelensky possa portare Biden a cedere ai repubblicani: sarebbe «inconcepibile», dicono alcuni deputati. I democratici sostengono che hanno fatto già forti concessioni e che le richieste dei repubblicani sono irrealistiche (barriere fisiche, cambiamenti alla politica sull’asilo, la permanenza dei migranti in Messico per fare richiesta). Il leader ucraino ha mantenuto un tono positivo, definendo gli incontri produttivi. Ha spiegato di cercare «l’unità» tra Stati Uniti, Europa e il resto del mondo, nella consapevolezza che Putin sta guardando. Biden ha firmato 200 milioni di aiuti, di quelli già approvati dal Congresso ma ormai agli sgoccioli: «Dobbiamo dimostrare che Putin sbaglia». Zelensky ha ribadito che serve una difesa aerea e bisogna produrre armi insieme. Il timore è che se l’appoggio dell’America si incrina, la prossima sarà l’Europa. |