Allenatori, le scelte di Milan, Liverpool e Bayern Monaco: algoritmi e criteri nuovi
Big? No grazie. Il Liverpool ha scelto Slot, il Milan Fonseca e il Bayern Kompany. È l’ultimissima tendenza del mercato allenatori: meglio giovani e con clausole di uscita che in caso di esonero non sfascino i bilanci. Il peso dell'analisi dei dati
Big? No grazie. È l’ultimissima tendenza del mercato allenatori, un vento nuovo che soffia sull’Europa, destinato a durare, con sempre più grandi club che optano per il low profile, spiazzando anche i tifosi, abituati al nome che affascina.
I maestri non vanno più di moda? Calma. I fuoriclasse della panchina come Carletto Ancelotti e Pep Guardiola restano dove sono, davanti a tutti e sopra a tutti, ma è indiscutibile che qualcosa stia cambiando nelle strategie delle società, anche quelle di prima fascia.
Arne Slot che lascerà il Feyenoord per raccogliere l’eredità di Jurgen Klopp al Liverpool, società da 700 milioni di ricavi l’anno. Vincent Kompany che è stato nominato alla guida del Bayern Monaco (83 trofei in 124 anni di storia) dopo la retrocessione in Premier col Burnley. Ma anche Paulo Fonseca che passerà al Milan dal piccolo Lille, dove ha fallito l’accesso alla Champions diretta all’ultima giornata, facendosi preferire ad Antonio Conte, l’oggetto del desiderio dei tifosi, mai preso in considerazione dal Diavolo.
Tre top club che scelgono tre scommesse. Buoni allenatori, senza dubbio, dalla proposta moderna e improntata al gioco d’attacco, ormai un obbligo, più che una scelta. Ma di certo, con meno «appeal» di uno Zinedine Zidane, un Thomas Tuchel, un José Mourinho, volendo anche di un Allegri e un Sarri. Tra le scelte a sorpresa rientra il ricchissimo Chelsea (acquistato per 5 miliardi nel 2022) che dopo Pochettino vira sull’italiano Enzo Maresca, salito in Premier dalla Championship col Leicester: qui si è scelto di dare fiducia a un giovane rampante, come però avveniva anche in passato. Una storia alla Arrigo Sacchi, per intenderci. Idem Thiago Motta che dal Bologna alla Juventus prova il salto. E se molti «santoni» non sono presi neanche in considerazione, al contrario Milan e Liverpool nella lista dei candidati avevano non a caso nomi sovrapponibili (come lo stesso Fonseca che però per gli inglesi non era tra i primi).
Cosa succede? Gli algoritmi, l’analisi di dati che negli anni si è fatta sempre più sofisticata, hanno un peso. Ma non solo. Il caso di Slot, descritto da The Athletic, è emblematico: al Liverpool hanno affrontato il post Klopp per prima cosa rafforzando la società, con direttore generale e direttore sportivo. I criteri per la scelta sono stati tantissimi, non solo i risultati: le prestazioni, lo stile di gioco, le occasioni da gol, la crescita dei singoli, la compatibilità con i diversi tipi di giocatori, gli infortuni. Poi sono stati elaborati dall’algoritmo di Spearman, un fisico laureato ad Harvard che da anni lavora nel club. Slot ne è uscito con i dati migliori, «il top dei top». Il resto lo hanno fatto i report della propria rete di contatti. Quando a febbraio si è capito che Xabi Alonso (altro candidato forte) non era disponibile, non ci sono più stati dubbi. Buoni punteggi li avevano anche Amorim o De Zerbi ma lo stile di gioco è stato considerato poco compatibile con il Liverpool. Un approccio simile (con una struttura societaria più esile però) ha avuto anche il Milan nella scelta di Fonseca.
Allenatori, pesano le clausole di uscita
Il calcio è cambiato. La figura del maestro di tattica strapagato che arriva con la lista della spesa non è destinata all’estinzione: lo dice il caso del Napoli che prova a rialzarsi con Conte. Che però era un’alternativa a Gasperini, il Re Mida dell’Atalanta, 250 milioni di plusvalenze e solo bilanci in utile a Bergamo. Ma oggi piace sempre di più il tecnico che sa lavorare in team. E che non è più in cima alla piramide societaria, questo è il vero cambiamento.
Una nuova generazione di proprietari di club preferisce una nuova generazione di manager. I nomi più à la page in Premier sono McKenna dell’Ipswich, appunto Maresca e Frank del Brentford: professionisti giovani. Le proprietà non vogliono più allenatori ingombranti (anche sul piano della comunicazione), dai contratti costosissimi e pluriennali, e che se vengono esonerati ti lasciano voragini a bilancio. I manager che stilano i contratti oggi raccontano che le loro attenzioni sono concentrate sulle clausole di uscita, quindi su come cautelarsi nel caso in cui le cose dovessero mettersi male. Come gli accordi prematrimoniali, non saranno romantici, ma sono il segno dei tempi.