Parlare di record dei record ormai non è più un azzardo perché essere per il ventiquattresimo anno consecutivo il primo produttore di super yacht al mondo non ha nulla di casuale. È, piuttosto, l’affermazione di un modello d’impresa familiare – assai radicato nel nostro Paese – che ha saputo rispondere alle nuove dinamiche dei mercati mondiali. Azimut/Benetti è la storia di un padre – Paolo, il fondatore – e di una figlia – Giovanna, che ne è da poco presidente – che hanno saputo intercettare nel tempo tendenze e innovare processi produttivi. Il risultato: anche quest’anno il gruppo si conferma primo produttore al mondo di yacht sopra i 24 metri, restando saldamente al vertice della classifica di riferimento per il settore, il Global Order Book curato dal 1992 dalla rivista inglese Boat International — una sorta di Bibbia nel mondo della nautica — che annualmente raccoglie e analizza i dati di 189 cantieri attivi in 5 continenti. L’edizione 2024 premia Azimut/Benetti sia per numero di progetti in fase di realizzazione che per lunghezza complessiva: 168 barche, equivalenti a un totale di 6.013 metri.
Numeri che raccontano un percorso di successo, sancito da un valore della produzione passato in 5 anni da 700 milioni a 1,2 miliardi di euro – e un portafoglio ordini che si estende al 2027. Il gruppo riunisce oggi 4 brand – Azimut, Benetti, Lusben e Yachtique — per un totale di 526 mila metri quadrati di stabilimenti, di cui parte dedicati all’attività di refit repair di barche fino ai 120 metri, uno Style and Design Hub con oltre 50 architetti e designer, un team per i progetti full-custom, 138 showroom in 80 paesi, una rete di oltre 80 dealer.
L’assetto azionario vede la maggioranza in mano alla famiglia Vitelli, che guida il gruppo insieme con i manager con una quota del 59%, seguita dal fondo sovrano di Riad con il 33%.
Le caratteristiche
La complessità della filiera produttiva della nautica, dei superyacht in particolare, proietta gruppi come questo ben oltre i confini di settore, grazie anche allo straordinario tasso di operatività sui mercati di tutto il mondo. «Mercati difficili – afferma Giovanna Vitelli – sui quali nel tempo l’industria manifatturiera, compresa quella del lusso come siamo noi, ha dovuto adattare prodotti e servizi. Questi due elementi fondamentali sono ormai da leggere come una sorta di customer experience, qualcosa che va oltre il prodotto. Non basta più fare un prodotto di eccellenza, ma occorre inserirlo in un contesto di brand equity. Non si punta più solo sulla vendita ma si segue il cliente a 360 gradi. Uno dei servizi su cui stiamo puntando di più è il refit. Abbiamo in corso un investimento da 15 milioni di euro per allargare la nostra potenza di fuoco a Livorno e diventare uno dei tre player del Mediterraneo in grado di operare nel refit per barche oltre i 100 metri».
Il mondo
Di più, spiega Vitelli: non si acquista solo una barca, si entra in un mondo. «Azimut ha introdotto da una ventina di anni il concetto di community, più o meno come Ferrari e Ducati, come idea di appartenere ad un gruppo che condivide passioni, valori, eventi. Altro esempio è il servizio che chiamiamo yachtique, cioè quella cura non solo nel costruire la barca ma che permette di renderla completa: abbiamo 7 architetti che aiutano a trovare cose tipo il lino ricamato a mano in Toscana o scegliere opere d’arte e pezzi di antiquariato. E, primo gruppo, abbiamo creato una sorta di Airbnb per i nostri clienti che, utilizzando la nostra rete sparsa nel mondo, decidano di affittare la loro barca ad un circuito selezionato».
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Diceva Steve Jobs che è l’innovazione che distingue un leader da un follower.«Aveva ragione. Perché il prodotto va adattato alle dinamiche del tempo. E questo è il tempo che vede l’innovazione strettamente legata al concetto di sostenibilità. E noi – senza timori di smentita – possiamo dire di essere quelli che ottengono i migliori risultati in fatto di riduzione delle emissioni. In tutti i settori c’è un gran parlare di sostenibilità, ma aver già ottenuto risparmi nell’ordine del 30% dei consumi solo sul piano delle piattaforme e dei materiali è un fatto concreto. Se a questo aggiungiamo che siamo il primo gruppo della nautica ad aver fatto un accordo con Eni per usare esclusivamente il biodiesel HVO, questo porta ad una riduzione totale dell’80%. E se cominciamo noi come leader del settore, creiamo domanda e distribuzione, generiamo un vortice che fa muovere le cose».
Il sostegno della politica
Ma la politica, che non ha mai brillato per sostegno alle nostre imprese, sta cambiando approccio? C’è un passo diverso, tanto più in un settore che svetta nelle classifiche mondiali? Vitelli è prudente: «Per alcuni versi sì, la legislazione sul charter ha ad esempio avuto dei miglioramenti e ci pone come un paese interessante a livello europeo. No, invece, sul fronte infrastrutture e difesa della bandiera. Sotto quest’ultimo profilo, siamo il paese leader nella costruzione di megayacht – quelli che hanno bisogno di un certo tipo di manutenzione ed equipaggi che vivono sempre a bordo, insomma che generano un forte indotto – ma non riusciamo a far fermare queste barche in modo continuativo sul nostro territorio, lasciamo che vadano in posti più attrattivi. Un’opportunità persa come fattore di moltiplicazione economico e di occupazione. E non solo del per il gettito fiscale che potrebbe arrivare dall’immatricolazione ma per tutto ciò che deriva dalla permanenza di megayacht nelle marine. Manca, insomma, un sistema che valorizzi le nostre belle coste e marine. Così come in tanti altri settori – e l’ho constatato anche come vicepresidente di Altagamma – nella nautica sono sempre più i gruppi che creano proprie Academy per ovviare alla carenza endemica di manodopera specializzata di ogni tipo».
Nonostante i 24 anni di leadership mondiale, insomma, fermarsi anche per un solo minuto è impensabile. «Anche se il trend che respiriamo ci dice che la fascia dimensionale più piccola della nautica soffre, sente più il rallentamento, mentre quella superiore tiene ancora bene, non possiamo far finta che nel mondo tutto vada per il meglio. Ciò che sta accadendo, mi riferisco alle guerre in corso, inciderà non solo sotto il profilo economico ma sui modelli futuri di vita. E come cittadina mi preoccupa lo scontro tra democrazie liberali e un mondo nel quale avanzano atteggiamenti meno democratici».
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11 dic 2023
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