I cento brand che valgono di più al mondo: vince Apple, l’Italia svetta con Gucci, Ferrari e Prada
di Andrea Bonafede
Pensa che ci sia troppo ottimismo sulla discesa dei tassi e su un rientro dell’inflazione. In Europa e nel mondo. Ma mostra un pervicace ottimismo sulla capacità dell’Italia di generare imprese piccole e dalle buone potenzialità. Finanziare aziende in crescita (non solo italiane, naturalmente) è il suo business e quindi George Muzinich, alla guida dell’omonima casa di investimento statunitense, resta una voce che sottolinea sempre volentieri i punti di forza del nostro Paese. Le debolezze, tra cui ci sono burocrazia e spread elevato rispetto ai rendimenti dei titoli di Stato tedeschi, vanno messe in relazione a come va il resto del mondo.
di Andrea Bonafede
In visita a Milano, dove l’asset manager americano ha una sede importante, il gestore ragiona sul panorama internazionale e sull’impegno nella Penisola, dove Muzinich ha masse per 10 miliardi di euro, un quinto del totale mondiale (50 miliardi circa).
Ma perché l’Italia ¬– recentemente «promossa» o per lo meno non bocciata anche dalle principali agenzie di rating – continua a catalizzare l’interesse e il business di Muzinich? «Perché le capacità imprenditoriali del tessuto economico sono un asset importante e non così facile da trovare», dice il gestore che ha scelto da sempre di orientare tutta l’attività della casa solo nel settore dei corporate bond ed è quindi molto interessato alle imprese progettuali e vitali. Alla riconosciuta capacità di eccellere di molti imprenditori italiani — magari con aziende molto piccole in nicchie di mercato super specializzate — si aggiunge poi un risparmio privato tradizionalmente molto elevato, un ambiente naturale attraente che potrebbe sostenere più impegno sul turismo e un sistema bancario che nel tempo è migliorato e si è rafforzato. «Anche gli ultimi sviluppi della vicenda Monte dei Paschi di Siena confermano questa idea», dice Muzinich. «Inoltre a mio giudizio — spiega — in questo momento di confusione geopolitica l’Italia ha una situazione tra le più stabili in Europa».
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Che cosa non va? Che cosa si potrebbe o dovrebbe migliorare? La burocrazia e più in generale un sistema legale che andrebbe rimesso a punto. «Ma voglio anche dire che l’eccessiva burocratizzazione è sempre più un problema condiviso a livello globale ed è uno dei grandi limiti dell’Unione europea». I singoli Stati dovrebbero essere più protagonisti nei processi decisionali che segnano i destini del Vecchio Continente, dice ancora Muzinich.
Che cosa pensa dell’economia mondiale? Quali sono le aspettative su tassi e inflazione? «Siamo in una fase di transizione. La Cina è in cerca di nuovi equilibri e quello che fa Pechino è importante, il baricentro dell’economia si é molto spostato ad Est», spiega il gestore. Il Covid ha interrotto le catene di approvvigionamento e riorganizzarle ha fatto crescere i prezzi e anche emergere le diseguaglianze sociali , sottolinea. «Siamo davvero a una svolta? Ritengo che ci sia eccessivo ottimismo sulla discesa dei tassi. L’inflazione potrebbe restare più elevata, diciamo al 3 o 4%, e più a lungo di quando non si aspetti adesso il mercato».
Muzinich considera l’Italia un mercato strategico. Nel nostro Paese la società è guidata da Domenico Del Borrello e i 10 miliardi di asset impegnati in aziende italiane sono divisi tra mercati pubblici e privati. Circa 8 miliardi sono investiti in aziende quotate tramite fondi di diritto irlandese che vengono distribuiti da banche «private» e boutique. Molti vengono utilizzati in gestioni e mandati. Sul fronte dei mercati privati, invece, gli asset sono 2 miliardi prevalentemente impegnati nel finanziamento, tramite veicoli ad hoc, di aziende manifatturiere italiane. Nel 2011 Muzinich è stata pioniere del genere, lanciando il primo fondo di private debt. Lavora con i corporate bond, privilegiando i rating tra la tripla B la singola A.
«Noi non siamo acquirenti di bond – conclude Muzinich – siamo finanziatori della crescita di piccole aziende promettenti. E ci concentriamo sull’Europa, e sull’Italia, perché qui ci sono aziende interessanti dal nostro punto di vista».Ma alle pmi italiane spesso si rimprovera l’incapacità di diventare grandi abbastanza per competere con i big globali: che cosa ne pensa? «La dimensione non è garanzia di successo. Tanti big falliscono e spariscono. Noi andiamo e andremo a caccia di imprenditorialità eccellente».
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11 dic 2023
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