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A Glendale (Arizona) nella notte italiana tra oggi e domani si disputa la finale del torneo Ncaa di basket tra la University of Connecticut, vincitrice nel 2023, e Purdue. Sarà questo l’atto conclusivo della cosiddetta March Madness, la «follia di marzo» che celebra i fasti del mese consacrato al basket universitario. Detto che tra le donne nelle Final Four di Cleveland si è imposta South Carolina, vittoriosa per 87-75 sulla Iowa di Caitlin Clark (la nuova «fidanzata d’America», però di nuovo sconfitta in finale e dunque destinata a passare alle professioniste della Wnba senza aver vinto un titolo universitario), lo showdown maschile era ampiamente previsto dai pronostici. Il campo non ha fatto altro che confermare: UConn ha piegato Alabama, mentre Purdue s’è sbarazzata di North Carolina State. Il giocatore Donovan Clingan: la mamma, scomparsa a 42 anni, era italiana
- Gli Huskies del Connecticut sono così a una sola vittoria dal bis (il sesto di sempre), mentre i Boilermakers dell’Indiana mettono nel mirino il primo trionfo in assoluto: la finale mancava loro dal 1969, la partecipazione alle Final Four da 44 anni. In un evento completamente e tipicamente americano c’è anche un piccolo pezzo d’Italia: il centro degli Huskies è infatti Donovan Clingan, la cui madre, Stacey Porrini, mancata a 42 anni, era italiana. Anche per questo motivo la Nazionale si sta interessando a lui. Un giorno Donovan potrebbe vestire l’azzurro, ma intanto per lui si prospetta la Nba: assieme ad altri protagonisti delle F4 potrebbe/dovrebbe essere scelto nel Draft del prossimo 26 giugno. Ecco comunque un profilo delle due finaliste.
- UConn: la squadra dell’ateneo campione in carica ha numeri a dir poco strabilianti. Ha vinto le quattro partite della «Follia di marzo» con scarti di 39, 17, 30 e 25 punti. Alabama, invece, si è accontentata di batterla «solo» di 14. Nel torneo è imbattuta da undici incontri, calcolando i sei della scorsa stagione che le avevano permesso di centrare il quinto titolo nazionale. Il back to back è possibile perché il gruppo guidato da coach Hurley (bravo di suo tra l’altro) è esperto: questo non è un fattore secondario in incontri in cui il talento conta sì ma non è da disgiungere alla freddezza e al sapere che cosa occorre fare. Gli Huskies non riescono a reclutare i migliori prospetti dei licei statunitensi, che scelgono piuttosto Duke, Kentucky, Kansas o North Carolina, ma alla resa dei conti ce la fanno a vincere tanto quanto atenei più ricercati. La squadra è affidata alla regia dell’«All American» Tristen Newton; Stephon Castle, la matricola, è il talento più intrigante in prospettiva Nba, ma l’uomo-fulcro è appunto il «nostro» Donovan Clingan: gioca centro, è un bestione enorme, decisivo in difesa nell’intimidire dalle parti del canestro e bravo in attacco ad aprire spazi ai tiratori.
- Purdue: una delle tante università dell’Indiana, stato consacrato al basket, ha conquistato la prima Final Four dal 1980: quindi è un ritorno, dopo ben 44 anni. Deve in buona parte la qualificazione a Zach Edey, canadese di Toronto, centro di 224 centimetri già giocatore dell’anno nel 2023 e candidato al bis nel 2024. Edey sta dominando, nel torneo le sue medie sono strabilianti: 30 punti con quasi il 66% al tiro dal campo, oltre 16 rimbalzi, 1.8 stoppate. Non ci prova mai a tirare da 3 punti e non è un super atleta: dunque non produce highlights ed è meno considerato, ma fa paura. Come conformazione fisica – e anche in qualche tratto del volto – ricorda il cinese Yao Ming (oggi presidente della sua federazione), che diventò un’icona degli Houston Rockets nella Nba. Edey finirà a sua volta tra i professionisti: per lui si aspetta una chiamata di rispetto nel Draft. Coach Painter l’ha circondato di tiratori: se lo raddoppi, ti castigano loro. Purdue come Uconn è testa di serie numero 1: quindi è la finale più logica ed è anche quella che aveva le quote più basse tra gli scommettitori.
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