Israele, il retroscena del «ritiro»: la tattica del «limbo» e il ritorno ai raid per ricreare l’effetto sorpresa

di Davide Frattini

Netanyahu sa che il 62 per cento degli israeliani � insoddisfatto di come ha condotto la guerra. Con un conflitto �in sospeso� il premier spera di allontanare il voto. E aspetta un passo falso della leadership di Hamas

Israele, il retroscena del «ritiro»: la tattica del «limbo» e il ritorno ai raid per ricreare l’effetto sorpresa

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
GERUSALEMME
A sfogliare l’agenda di Benjamin Netanyahu durante i primi due mesi di questa guerra risaltano pi� i vuoti dei pieni, non solo i buchi neri degli incontri secretati e quindi oscurati prima di rendere pubblici i documenti. A colpire sono le giornate poco dense, mentre su Israele si sono addensati i pericoli peggiori, giornate che partono lente, l’arrivo in ufficio alle 10 del mattino e perfino a mezzogiorno. �Queste pagine — commenta il quotidiano Haaretz — confermano le rivelazioni anonime emerse dai consiglieri: all’inizio il primo ministro appariva sotto choc, quasi paralizzato�.

La promessa di Bibi

A sei mesi dalla mattanza del 7 ottobre, 1.200 israeliani massacrati dai terroristi palestinesi, le operazioni militari sembrano finite nello stesso �limbo�, come lo definisce l’editorialista Barak Ravid. Perch� il ritiro delle truppe dal Sud della Striscia significa che per ora quella �vittoria totale� proclamata da Netanyahu non � imminente quanto nei suoi slogan. Bibi ha promesso l’eliminazione di Hamas, la cattura o l’uccisione dei suoi capi, a partire da Yahya Sinwar, che assieme al �fantasma� Mohammed Deif ha pianificato gli attacchi contro i kibbutz e le cittadine israeliane: entrambi sarebbero liberi e in vita. Il premier pi� longevo nella storia del Paese non ha per ora ottenuto la foto trionfale che bramava di mettere sullo sfondo delle gigantografie elettorali: il voto � ormai inevitabile e Netanyahu ne uscirebbe travolto da Benny Gantz, che ha lasciato l’opposizione per entrare nel consiglio ristretto di guerra e ha chiesto di andare alle urne entro settembre. Un conflitto in sospeso potrebbe aiutare il premier ad allontanare quella data.

Cosa rimane

Restano le foto dei massacri perpetrati dai fondamentalisti, favoriti anche da errori strategici di cui Bibi non si � mai assunto la responsabilit� pur essendo stato al potere per 13 degli ultimi 15 anni. Restano i primi piani dei bambini malnutriti, i volti scavati come la terra che sta attorno, macerie e sabbia, i palestinesi uccisi sono quasi 34 mila. E la Banca Mondiale calcola che a Gaza sono sparsi 26 milioni di tonnellate di detriti, che la ricostruzione coster� quasi 20 miliardi di dollari.
Un conflitto in sospeso che va avanti. Altri osservatori di cose militari speculano che i generali abbiano deciso di ridispiegare i soldati perch� ormai avevano perso l’effetto sorpresa. Lasciano Khan Younis, dove le truppe hanno combattuto dalla fine di dicembre, ma �in un’ora possono tornarci�, spiega Ron Ben Yishai sul quotidiano Yedioth Ahronoth.

Aspettando un passo falso di Sinwar

Dall’offensiva continua a raid offensivi continui, senza per� restare fermi dentro la Striscia — a parte nel corridoio che taglia in due i 363 chilometri quadrati — e diventare il bersaglio per le imboscate sempre pi� frequenti.

L’obiettivo sarebbe anche quello di far rilassare Sinwar e gli altri boss, in attesa di un loro passo falso fuori dai bunker sotterranei. Sarebbe quello che manca a Bibi: �Siamo a un passo dalla vittoria� assicura all’apertura della riunione di governo. Non sembra cos� all’analista Seth Franzman: �Gaza verr� trattata come Jenin in Cisgiordania, con incursioni anche quotidiane ma i terroristi torneranno a controllarne la maggior parte�.

L’incursione a Rafah

Yoav Gallant, il ministro della Difesa, ripete che la Divisione 98 � stata tirata fuori per permettere ai soldati di riposarsi e per preparare l’incursione su Rafah, verso il confine con l’Egitto, dove sarebbero asserragliati gli ultimi quattro battaglioni di Hamas. Gli americani — che l’invasione della citt� non la vogliono — ne dubitano e con loro la maggior parte degli israeliani ormai disillusi: il 62 per cento � insoddisfatto di come Netanyahu ha condotto la guerra.


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8 aprile 2024 (modifica il 8 aprile 2024 | 07:01)

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