«Non vogliamo le università con l'elmetto, ma bisogna saper dire di no»: ecco le linee guida degli atenei contro le occupazioni

diValentina Santarpia 

Dopo gli ultimi episodi, un pool di quattro rettori sta scrivendo le regole per affrontare i conflitti con i collettivi che chiedono di boicottare Israele: entro questa settimana il documento sarà presentato alla Crui e alla ministra Bernini 

«Non vogliamo le università con l'elmetto, ma bisogna saper dire di no»: ecco le linee guida degli atenei contro le occupazioni

Da sinistra in alto, in senso orario, i 4 rettori della task force: Tottoli (Orientale Napoli), Bonini (Lumsa Roma), Montanari (Stranieri Siena), Lippiello (Ca' Foscari Venezia) 

Cattolica, laica, femminile, internazionale: ci sono tutte le anime dell’università italiana nella task force chiamata dalla Conferenza dei rettori e dalla ministra Anna Maria Bernini a stendere il documento di buone pratiche su come affrontare gli episodi di boicottaggio e intolleranza. Dopo gli ultimi casi - dalle pressioni al Senato accademico di Torino per chiedere il boicottaggio del bando che coinvolgeva Israele all'irruzione del dibattito di Molinari e Parenzo all'università di Napoli - giovedì scorso la Crui ha organizzato una riunione insieme alla ministra per fare il punto della situazione. E ha nominato il pool di rettori che dovranno appunto stilare, nei prossimi giorni, le linee guida di comportamento.  «Vogliono cercare il modo più efficace per zittire e tenere buoni gli studenti quando abbiamo denunciato per mesi un sistema universitario marcio, che vive di molestie e ricatti sessuali alle studentesse e alle ricercatrici, che vive di diritto allo studio che manca sempre di più, di aule che crollano, di studentati pubblici che mancano e poi le complicità importanti con le industrie della guerra», denuncia Filippo Gilardi del collettivo Cambiare Rotta. Anche i Giovani palestinesi dell'università di Bologna sono sul piede di guerra e minacciano di occupare il rettorato a oltranza. Ma «la comunità accademica ha dimostrato di essere unita», spiega la ministra Bernini e quindi una «dialettica, anche vivace», viene considerata «una ricchezza. Il vero discrimine, inaccettabile e invalicabile, è la violenza. Impedire a qualcuno di parlare è l’opposto della democrazia. Su questo spero che la sinistra, che ha nel dna la battaglia contro l'estremismo, saprà fare la propria parte» . 

Quali saranno quindi le linee guida dei quattro rettori che fanno parte della task force? «Saranno orientate alla tolleranza, all’accettazione del confronto — spiega Roberto Tottoli, rettore dell'Università Orientale di Napoli, a novembre occupata da studenti pro Gaza —. Dobbiamo cercare di moderare i termini nell’uso improprio di parole che sollecitano una parte o l’altra, e aprire al dibattito franco, ma allo stesso tempo considerare l’università il luogo di tutti, ma anche del rispetto di tutti: verso docenti che organizzano iniziative, dipendenti , studenti e studentesse che hanno diritto di partecipare e prendere posizione forte verso chi, spesso esterno alle università, mette fine al pubblico dibattito». 

Uno dei punti chiave sarà mettere a sistema le cose che hanno già funzionato: «Come nel mio caso — scherza Tomaso Montanari, rettore dell'università per stranieri di Siena —. Mi sono preso gli insulti, ma non ho detto niente. E mi sono rifiutato di segnalare alla Digos gli studenti che contestavano. Io non ho paura del momento che stiamo vivendo — aggiunge — e penso che sia una sfida interessante: dobbiamo riportare il dialogo su terreni più consoni all'ambiente accademico. Quindi organizzare dibattiti con esperti, politologi, storici, linguisti; non con personaggi da talk show. Anche per la logistica, penso sia utile organizzare gli eventi con attenzione: spesso già succede che la Digos in borghese assista alle cerimonie, ma se ci sono conferenze o convegni potenzialmente pericolosi, è importante considerare le vie di fuga, gli spazi. Non limitarli con prenotazioni o inviti (come farà il rettore di Napoli, ndr), quella è una sconfitta, l'università non è un club né un ristorante. Le università non devono mettersi l'elmetto, ma riappropriarsi del proprio ruolo, della propria missione, e ospitare nel modo più adatto, quindi con dibattiti di alto livello ed approfondimento, il conflitto che non trova spazio ed espressione negli altri ambiti istituzionali».

Per Tiziana Lippiello, rettrice della Ca’ Foscari di Venezia, «parlare» è l'unica strada: «Sicuramente non discriminare nessuno, lasciar parlare tutti, agevolare di più il dialogo, non censurare nessuno, valorizzare le competenze culturali che esistono nei nostri atenei, anche in modo interdisciplinare, animando la conoscenza, il trasferimento di informazioni». E di fronte ai violenti, come si fa? «Se ci sono manifestazioni violente non si può subire, ma per me è importante evitarle, ogni situazione va studiata, non c’è una regola aurea, ma bisogna evitare l'intervento delle forze dell'ordine. Quando mi sono trovata in certe situazioni, ho sempre cercato il dialogo. Anche se si tratta di dibattiti accesi, ascoltiamo tutti purché tutto sia mantenuto nel dialogo civile , nel rispetto dei valori della nostra Costituzione». 

Ma questo non significa cedere: «Bisogna saper dire di no — dice Francesco Bonini, Università Lumsa —. Le minoranze violente sono appunto minoranze e tali devono rimanere, non bisogna farsi prevaricare. Stiamo scrivendo dei documenti che condivideremo in questi giorni con gli altri rettori e con la ministra per riuscire a portare il focus sulla necessità di costruire e smantellare questa temperie violenta che sta avanzando: coinvolgendo le associazioni di studenti, organizzeremo eventi anche su temi caldi. Le forze di polizia? È un falso problema, tutti i rettori collaborano con le forze dell'ordine, nel bene della comunità, ma intervengono solo in episodi gravissimi»».

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25 marzo 2024

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