Israele, tensioni nelle università italiane: «I rettori decideranno le misure»
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Tre ore di incontro con la ministra Bernini. Il no degli atenei a maggiori controlli di polizia
No alle camionette della polizia davanti agli atenei, sì al dialogo aperto ma corretto con tutti, coinvolgimento delle associazioni autorizzate di studenti (che spesso non hanno niente a che vedere con i contestatori) e istituzione di un pool di rettori che metta a punto le buone pratiche contro gli episodi di intolleranza.
Ecco cosa è venuto fuori dalla lunga riunione, quasi 3 ore, dei rettori con la ministra dell’Università e della ricerca Anna Maria Bernini nella sede della Crui, la Conferenza dei rettori italiani. C’erano tutti e 85, una settantina in presenza, gli altri a distanza, a dimostrazione del fatto che i tentativi da parte di alcuni collettivi studenteschi di scontro con le autorità accademiche sul tema della guerra in Israele sono un tema caldissimo.
«Gli atenei sono comunità di studenti, docenti e personale tecnico e amministrativo che, attraverso la formazione, la ricerca scientifica e il dialogo, generano e trasmettono nuovo sapere, fondato sul confronto, anche aspro e determinato, fra tesi diverse. Argomentate e non gridate. Sostenute dall’esercizio della ragione e non imposte», sintetizza la Crui nella sua nota ufficiale al termine della riunione, in cui diversi rettori hanno preso la parola per raccontare il proprio disagio.
«La Crui ribadisce che la violenza contraddice l’essenza stessa dell’università, sede naturale del pensiero critico, e rinnova la propria ferma condanna per qualunque atto teso a silenziare con la prevaricazione l’opinione altrui», è la direzione. Della task force faranno parte Tiziana Lippiello (Università Ca’ Foscari di Venezia), Roberto Tottoli, rettore dell’Orientale di Napoli, Francesco Boni, rettore della Lumsa. Ma il loro ruolo sarà quello di individuare solo dei punti chiave per mantenere una linea comune, perché — e questo è un altro punto toccato più volte — resta l’autonomia degli atenei, che di volta in volta dovranno valutare e decidere se sentono il bisogno di protezione.
«La ministra ci ha detto che siamo come i sindaci di una comunità, dobbiamo cercare di mantenere l’ordine ma non esiste una sola regola valida per tutti», spiega il rettore di Palermo Massimo Midiri. In sostanza, la richiesta di forze dell’ordine dovrebbe essere una «extrema ratio, se ci fosse pericolo per qualcuno», spiega il rettore Massimiliano Fiorucci (Roma Tre). «Se mi dovessero chiedere di portare la polizia all’università mi dimetterei il giorno dopo», dice Matteo Lorito, della Federico II di Napoli. «Ma se come è successo da noi 30 persone impediscono a 250 ragazzi di ascoltare un dibattito, allora bisogna agire di conseguenza: è triste, ma faremo eventi con inviti e prenotazioni».
Molto importante nell’incontro il chiarimento del rettore dell’Università di Torino, che ha spiegato ampiamente come il Senato accademico ha scelto di cancellare il bando che coinvolgeva Israele. Ora i rettori sono tutti compatti: «Lanceremo un dottorato di ricerca per la pace — conclude Carlo Adolfo Porro (Modena) —. E noi in particolare approveremo una mozione contro ogni atto di violenza».
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