Lo scrittore Michael Cunningham: «Biden faccia un passo indietro, Trump non è inevitabile»

diCristina Taglietti 

L'autore premio Pultizer per «Le Ore» spiega: «Se fossimo in un fumetto sarebbe il momento del supereroe. Nei confronti di Kamala Harris razzismo e misoginia»

«Vance candidato alla vicepresidenza? Non mi sorprende. Il fatto che Trump abbia scelto uno così a destra indica che si sente ancora più sicuro di vincere. Non vuole correre rischi con uno più moderato». Michael Cunningham, vincitore del Pulitzer nel 1999 con Le ore, segue gli sviluppi politici americani dall’Italia. Domani è a Busseto (Parma), venerdì a Merano per la Milanesiana di Elisabetta Sgarbi dove parlerà di Day (La nave di Teseo), romanzo che attraversa gli anni del Covid.

Trump vincerà?
«Non sono ancora disposto a credere che sia inevitabile, ma dopo la sparatoria sembra più possibile. I media definiscono iconica la foto di Trump che alza il pugno dopo essere stato colpito. Non so se sia stato un gesto teatrale consapevole da parte sua, certo è stato un momento efficace di teatralità: l’eroe ferito ma indomito. Altri quattro anni di Trump sarebbero terribili, non solo per l’America: per il mondo intero, per l’emergenza climatica, per l’Ucraina, insomma la lista è lunga».

Dove sbagliano i democratici?
«Nell’aspettare troppo a chiedere seriamente a Biden di farsi da parte. D’altra parte, è stato solo con il dibattito che è diventato evidente quanto sia grave la situazione. Il pensiero era: be’, Biden ha buona volontà. E poi improvvisamente ci troviamo davanti un nonno poco lucido. Deve ritirarsi, mi dispiace dirlo. Ha fatto un buon lavoro (per la maggior parte) in questi quattro anni, anche se dovremmo parlare della sua posizione su Israele e Palestina. Non è certo uno psicopatico narcisista, ma ha commesso troppi errori in pubblico che lo hanno reso, agli occhi di tanti elettori, troppo vecchio per questo. Però i media americani si concentrano quasi esclusivamente sulle sue gaffe, ignorando praticamente le infinite bugie di Trump. Per non parlare del fatto che Trump ha solo tre anni meno di Biden. Ma le immagini si sono radicate nella mente: Biden che chiama Trump la sua vice Kamala Harris; Trump che alza i pugni e grida Fight fight fight! Di certo gli elettori americani non sono gli unici a votare sulla base dell’immagine».

Qual è l’alternativa?
«Sono sempre stato un fan di Pete Buttigieg. Penso che sarebbe un ottimo presidente. Poi ci sono nomi come Chuck Schumer, Gavin Newsom. Il vero problema è che non c’è un Barack Obama da estrarre all’ultimo minuto dal cilindro. Non c’è nessuno così carismatico. Se fossimo in un fumetto sarebbe il momento in cui pregare che arrivi un supereroe a salvarci. Ma siamo nella realtà e probabilmente toccherà a Kamala Harris, sperando che si illumini un po’ e riesca a gestire la situazione. Mi stupisce sempre il numero di americani che non la amano. D’accordo, non ha fatto molto, ma nessun vicepresidente fa mai molto. E se parliamo del motivo per cui è così impopolare, non dovremmo ignorare il razzismo e la misoginia. Cosa c’è di così negativo nella sua performance? Niente. Cosa c’è di problematico nella sua persona? È una donna nera...».

Condivide la narrazione sulle due Americhe?
«Certo, gli americani sono nettamente divisi tra destra e sinistra, ma è una semplificazione eccessiva. Sono appena tornato da un tour di presentazioni in Stati rossi come Oklahoma e Louisiana, dove ho incontrato persone di tutte le posizioni politiche. Mi chiedo se l’insistenza su un’America divisa contribuisca a produrre un’America divisa».

Il pericolo di una guerra civile è fantascienza?
«Dopo gli scontri nella capitale del 6 gennaio 2021, non vedo come una persona di buon senso possa scartare la prospettiva di una guerra civile. Oltretutto Trump non si impegna ad accettare i risultati delle prossime elezioni, se dovesse perdere. Per me è uno degli aspetti più spaventosi in questo momento: se vince, ci saranno altri quattro anni di Trump. Se perde... non direi che la guerra civile è inevitabile, ma sarà dura».

Anche le tesi complottistiche contribuiscono al caos...
«Si passa dal fallito tentativo di assassinio da parte dei democratici all’idea — più arcana — che sia stato organizzato dal giro di Trump per ottenere quegli effetti teatrali di cui parlavamo. Si fa notare che quando parla in pubblico Trump guarda quasi sempre dritto la sua audience. Questa volta ha girato la testa a destra, proprio quando il proiettile lo ha colpito all’orecchio. Insomma ci sono argomenti che, per quanto deliranti, possono sedurre...».

Quali sono le radici della violenza negli Usa?
«L’America è un Paese misterioso anche per gli americani, ma sospetto che la spiegazione storica più scontata sia anche quella più vera: l’America è stata colonizzata da uomini che hanno usato le armi per sparare agli animali, ai nativi e poi per uccidersi tra loro. Le sparatorie di massa sono diventate così comuni che i telegiornali non ne parlano quasi più. A giugno, la Corte suprema ha annullato il divieto sui bump stock, dispositivi che possono essere applicati alle semiautomatiche per far sì che sparino ancora più proiettili, più velocemente. Mi chiedo quale effetto avrà, se ne avrà, il fatto che Trump sia stato colpito da una semiautomatica chiamata AR-15, acquistata legalmente dal padre dell’assassino ventenne».

Se vince Trump lei cosa farà?
«Non ne ho idea. C’è chi pensa di andarsene, ma altri Paesi, anche in Europa, vanno verso destra. È un’oscillazione globale che rende difficile immaginare un Paese liberale in cui valga la pena trasferirsi».

17 luglio 2024

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