Il nuovo anno si apre con una due giorni di rally per il Monte dei Paschi. Un avvio che conferma la corsa del 2023, anno in cui il titolo ha segnato +68% spingendo la capitalizzazione dell’istituto guidato dal ceo Luigi Lovaglio a oltre 4,1 miliardi. I forti acquisti segnalano l’appetito del mercato per la banca senese che il governo deve collocare, almeno in parte, entro l’anno secondo gli accordi con l’Europa. E guardando ai numeri la seconda metà dell’anno potrebbe essere la finestra più adatta a far uscire il Mef, azionista con il 39,23%. Il ministro Giancarlo Giorgetti si è detto convinto che quest’anno possa concretizzarsi «una soluzione in grado di ridefinire il sistema bancario in un’ottica policentrica». E il mercato ha iniziato a ragionare. Secondo gli esperti è possibile che nelle prossime settimane prenda avvio la moral suasion del governo nei confronti degli altri player bancari che potrebbero realizzare questo progetto «policentrico». I nomi ricorrenti sono sempre gli stessi: Banco Bpm e Bper che assieme a Mps potrebbero costruire un nuovo polo creditizio. Sempre secondo chi analizza i mercati, sarebbe invece meno ipotizzabile un’operazione con Unicredit, già la seconda banca del Paese e una delle maggiori di dimensione europea.
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Al momento la situazione del risiko bancario è in fase di attesa. Nel panorama bancario due importanti istituti dovranno rinnovare il proprio board (Bper e Unicredit) a cui seguirà la conferma o meno del piano strategico ed eventuali aperture sull’m&a. Il governo non ha fretta di vendere Mps: ha visto che Siena può essere molto profittevole e se il titolo arriverà a 3,30-3,50 euro (ieri ha chiuso a 3,28 euro) allora — conclusa a fine febbraio la fase di lockup — potrà cedere sul mercato un altro 10-15%. Con l’utile 2023 atteso oltre gli 1,1 miliardi — nell’ambito dei conti annuali che saranno presentati attorno alla prima decade di febbraio — secondo voci e analisti di mercato, Mps potrebbe decidere di proporre un dividendo a valere sui conti del 2023, in anticipo di un anno rispetto al piano di Lovaglio. A corroborare l’indiscrezione sarebbero due facili conti: il Monte non ha costi one-off né rettifiche.
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Inoltre Siena è una delle banche più capitalizzate d’Europa: il Cet1 ratio è del 17% e potrebbe salire ancora. A quel punto 200-300 milioni di cedola come soddisfazione iniziale per gli azionisti a valere sul 2023 non scalfirebbe la sua solidità. Mps è tornata a macinare utili e patrimonio e quindi autofinanzia il suo business. Annunciare un dividendo potrebbe far salire ancora il titolo dando ancora più appeal alla banca senese in vista di un’aggregazione. Il mercato fa i calcoli e, tra i tesoretti del Monte, inserisce anche i crediti fiscali da imposte differite da Dta che per Siena rappresenterebbero una dote di riguardo nel caso di m&a, pari a oltre 3 miliardi.
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04 gen 2024
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