Aerei consegnati in ritardo, motori da riparare e manutenzione intasata: in Europa sono a rischio 400 mila voli
di Leonard Berberi
A questo punto dell’anno di solito le compagnie aeree si rincorrono annunciando una dopo l’altra decine di nuove rotte, piani di espansione, aumenti delle frequenze, apertura di ulteriori mercati. Stavolta non è così. Il lungo inverno — che per i vettori è anche il periodo in cui perdono soldi — è l’anticamera di un 2024 che, almeno nei cieli europei, si prevede a dir poco complicato come ha raccontato il Corriere tra aerei fermi per risolvere i problemi ai motori di nuova generazione, velivoli consegnati in ritardo, pochi jet da noleggiare e a prezzi record, linee di manutenzione intasate per i prossimi due anni, pezzi di ricambio ormai trattati come lingotti d’oro.
di Leonard Berberi
A confermare lo scenario è anche Jason McGuinness, Chief commercial officer del gruppo Ryanair, la principale low cost del continente e la seconda nel mondo. «Qualche mese fa pensavo che l’estate 2024 sarebbe tornata ai livelli del 2019, ma ora è sicuro che questo non accadrà», spiega al Corriere. Ryanair crescerà — assicura —, ma in un contesto dove le risorse saranno più scarse, l’infrastruttura italiana (aeroporti, servizi di navigazione aerea) inizia a risultare troppo onerosa per loro. «Altrove in Europa stiamo firmando accordi commerciali più vantaggiosi che in Italia», dice il manager.
Che sta succedendo in Europa?
«La questione dei motori Pratt & Whitney Gtf (ne devono essere richiamati circa 1.200 per riparazioni straordinarie, ndr) significa che nel 2024 verrà meno il 5-10% dell’offerta di sedili nel continente, non è facile da rimpiazzare. Anche perché le linee di manutenzione sono piene e se qualcuno deve aggiustare qualcosa all’improvviso... beh, in bocca al lupo».
Perché il problema ai motori è così rilevante?
«Perché i propulsori devono essere smontati dalle ali e tenuti fermi dodici mesi per le riparazioni. Prevediamo ricadute anche nel 2025 e forse nel 2026».
C’è la possibilità di noleggiare gli aerei...
«Ma chi si occupa del leasing chiede cifre mensili del 30-40% superiori e sta facendo grandi affari. I nostri velivoli sono di proprietà quindi non li dobbiamo noleggiare e non siamo colpiti dalla questione dei motori».
Ma avete il problema delle consegne in ritardo di Boeing.
«È così. Ma le cose stanno migliorando. Dovevamo ricevere 57 nuovi aerei entro la prossima estate, se tutto va bene ci arriveranno almeno 47».
Qual è allora la prospettiva del mercato in Europa?
«Lo scenario più ottimistico vede l’offerta dei voli intra-continentali simile a quella del 2023, che ricordo è stata inferiore al 2019. Ma potenzialmente il numero di sedili in vendita l’anno prossimo potrebbe essere persino inferiore al 2023. Tranne noi nessun altro vettore è destinato di fatto a crescere».
Di quanto crescerete?
«Ci stiamo ancora lavorando, ma diciamo 8-10% per la stagione estiva (fine marzo-fine ottobre nel trasporto aereo, ndr) rispetto a un anno prima. Il che ci rende attraenti per gli aeroporti europei che cercano volumi di traffico».
Il 20 novembre siete stati convocati al tavolo con il ministero delle Imprese e del made in Italy sul caro voli. Com’è andata?
«Vogliamo lavorare con il governo italiano. Ma con il ministro Urso sono stato chiaro: oggi il mercato europeo non è quello pre Covid e la questione dei motori P&W ha reso l’offerta ancora più complicata. L’Italia sta gareggiando con gli altri Paesi per prendersi parte della capacità aggiuntiva che solo noi potremo offrire. Ma l’Italia ha un problema serio».
Quale?
«La carenza di offerta».
E cosa proponete?
«L’offerta nostra è lì sul tavolo da tempo: possiamo portare altri 40 aerei in Italia e trasportare ulteriori 20 milioni di persone, ma dovete consentirci di ridurre i costi operativi».
In che senso?
«La nostra tariffa media, l’anno passato, è stata di 31 euro, al netto della spesa per il carburante. Al ministro Urso ho detto che ci sono tre problemi nel Paese».
Sarebbero?
«Il primo: gli scali italiani partono da subito in svantaggio perché c’è l’addizionale comunale di 6,5 euro per ogni passeggero in partenza (che diventano 7,5 a Fiumicino e Ciampino e 8,5 euro a Napoli, 9 euro a Venezia, ndr): rispetto agli impianti spagnoli è uno svantaggio nei costi del 21%».
Il secondo problema?
«Perché le spese per i servizi di navigazione aerea sono in Italia più cari del 70% della Spagna? Per ogni aereo che si muove nei cieli spagnoli paghiamo 260 euro, per portarlo a Cagliari 440 euro. Perché?».
E il terzo problema?
«Ciampino. Per me l’aeroporto di Roma è un mistero, non capisco cosa stiano facendo. Noi vorremmo aumentare da lì i voli per Sicilia e Sardegna ma non possiamo farlo perché c’è il limite ai movimenti (massimo 65 al giorno divisi tra partenze e arrivi, ndr). Ci costringono così a operare quasi tutto su Fiumicino che per noi è lo scalo più costoso d’Europa. Allora io ho Fiumicino da un lato e 239 aeroporti dall’altro che mi costano di meno: secondo lei dove metto l’offerta aggiuntiva?».
Fiumicino forse non vi va bene perché la società di gestione dà pochi incentivi.
«Non sono “incentivi”, sono sconti sui volumi di traffico che portiamo. Più passeggeri l’aeroporto più riesce a ridurre le spese operative».
Questione di prospettiva. Ma quindi il costo dei biglietti nel 2024 è destinato a salire ulteriormente?
«È inevitabile, dato il contesto. E non è solo perché in Europa l’offerta sarà inferiore alla domanda. Ma anche perché il cherosene continua ad essere costoso. Gli aeroporti nel continente stanno alzando le loro tariffe: in Portogallo il monopolista francese Vinci (che governa diverse società di gestione in giro per l’Europa, ndr) ha deciso di alzare le tariffe del 17-18%».
Di quanto aumenterà l’offerta di Ryanair in Italia nel 2024?
«Di poco, pochissimo, rispetto al 2023 proprio perché volare nel vostro Paese è costoso. E perché stiamo firmando accordi commerciali più vantaggiosi altrove in Europa».
di Leonard Berberi
Per esempio nei Balcani, dove avete avviato i voli su Tirana, in Albania, poi a Sarajevo, in Bosnia-Erzegovina. Dopo aver evitato per anni i Balcani ora ci state investendo molto. Avete dichiarato guerra a Wizz Air che in quella zona è forte?
«Guardi Wizz Air non è proprio nei miei pensieri. Non volavamo prima a Tirana perché l’aeroporto era troppo dispendioso per noi. Ora con una nuova gestione quello scalo è diventato competitivo e abbiamo sottoscritto un accordo».
L’Antitrust italiano ha avviato un’indagine conoscitiva su come le compagnie decidono le tariffe dei voli nazionali da/per le isole.
«Non servirà a risolvere il problema che è quello dell’offerta. Non c’è nulla da indagare, non c’è un algoritmo oscuro. Per noi è molto semplice: abbiamo un target di riempimento dell’aereo del 94-95%. Se il volo si sta riempiendo i prezzi salgono, se non si sta riempiendo i prezzi scendono».
Avete deciso di estendere la cancellazione dei voli con Israele fino al 31 gennaio. Che impatto ha la chiusura delle rotte verso il Paese?
«Prima del conflitto trasportavamo 1,3-1,5 milioni di passeggeri in un anno. È una parte piccola del nostro network e abbiamo portato altrove la capacità destinata lì. Ma non so francamente quando torneremo a volare lì».
lberberi@corriere.it
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12 dic 2023
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