Auto, Cina pronta a invadere l’Europa con una nuova flotta di navi. Chery preferisce la Spagna all’Italia

La casa automobilistica cinese Chery è pronta ad aprire una fabbrica in Spagna, la sua prima sul territorio europeo. Giovedì 19 aprile il governo di Madrid e il gruppo asiatico dovrebbero ufficializzare l’investimento che sarà sostenuto da incentivi pubblici. L’impianto di assemblaggio dovrebbe sorgere nei pressi di Barcellona, dove - segno dei tempi - una volta si trovava uno stabilimento della giapponese Nissan. Le vetture elettriche prodotte da Chery in Catalogna con i marchi Omoda e Jaecoo saranno poi destinate all’esportazione in tutti i mercati europei, Italia inclusa.

Più lontano l’investimento in Italia

Chery era un fra le case cinesi indiziate per un investimento in Italia. Anzi, nelle scorse settimane, alcune indiscrezioni  avevano indicato il gruppo come il candidato più probabile ad assumere il ruolo di secondo costruttore nel Paese accanto a Stellantis. La decisione di investire in Spagna rende questa prospettiva decisamente meno probabile. Non è chiaro quali ragioni abbiano convinto Chery a privilegiare la Spagna, anche se fonti citate da Reuters sostengono che, nonostante i contatti non si siano interrotti, il governo italiano abbia fornito scarsi riscontri alle richieste della casa cinese.  D’altra parte, in questi mesi il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha più volte rimarcato che trattative sono in corso con più produttori di auto stranieri, fra cui figurerebbero anche MG e Tesla. Nessuno di questi negoziati, però, ha per ora portato a risultati concreti.

La Spagna superpotenza dell’auto europea

La scelta di Chery rafforza la posizione della Spagna che negli ultimi anni ha scalato la classifica dei Paesi produttori di auto in Europa. L’anno scorso le fabbriche del Paese iberico hanno sfornato 2,4 milioni di vetture, il triplo rispetto all’Italia e il doppio rispetto alla Francia. Pur non avendo neanche una casa «domestica», il Paese è riuscito ad attrarne cinque estere grazie alle infrastrutture, agli incentivi e alle politiche di sostegno dei governi. Chery diventerebbe la sesta, confermando il ruolo della Spagna come superpotenza dell’auto europea, seconda soltanto alla Germania. 

Perché Barcellona è la porta di accesso all’Ue per le vetture cinesi

L’arrivo di Chery conferma peraltro che la Spagna sta diventando la porta di accesso all’Europa per le vetture prodotte in Cina. Nel 2023 le navi approdate nel porto di Barcellona hanno scaricato oltre 246 mila veicoli, oltre un terzo dei quali provenienti dalla Cina e destinati in parte al mercato locale, ma soprattutto all’esportazione negli altri Paesi Ue. In Catalogna sono state così spedite auto con marchio MG, Dongfeng, XPeng e Tesla, che invia nella Regione gran parte delle vetture costruite nella gigafactory di Shanghai. Anziché auto finite, d’ora in poi Chery farà arrivare nel porto di Barcellona componenti che poi assemblerà sul posto nel nuovo stabilimento. La differenza non è tuttavia di poco conto.

Il rischio dazi

L’investimento di Chery in Spagna rappresenta un salto di qualità perché, dopo quello di Byd in Ungheria, è il secondo tentativo di una casa cinese di localizzare la propria produzione sul continente europeo. La ragione della scelta dipende non solo dall’aumento delle vendite in Europa delle auto cinesi - i cui volumi, per la verità, sono ancora modesti - ma soprattutto dalla volontà dei costruttori asiatici di evitare il rischio di nuovi dazi sulle importazioni. Accusando Pechino di sussidiare in maniera sleale l’espansione dei propri costruttori, infatti, l’Unione europea sta  valutando di imporre tariffe fino a 10 mila euro sui modelli elettrici meno cari delle case cinesi. L’assemblaggio in loco di componenti provenienti dalla Cina dovrebbe scongiurare questo pericolo, perlomeno in teoria e salvo che Bruxelles non decida di imitare gli Stati Uniti, includendo nei dazi o sfavorendo negli incentivi all’acquisto anche le auto prodotte con parti cinesi.

Gli scarsi benefici per l’indotto

Anche quando decidono di produrre direttamente in Europa, infatti, le case cinesi continuano ad appoggiarsi per gran parte dei componenti ai fornitori del loro Paese d’origine che, peraltro, è universalmente riconosciuto come il più avanzato al momento nella filiera dell’auto elettrica. Ciò riduce in misura significativa l’impatto degli investimenti dei costruttori asiatici sul territorio europeo perché porta scarsi benefici all’indotto, ossia a tutte quelle aziende che ruotano intorno alla produzione del bene finale: nel caso dell’auto si pensi per esempio ai fornitori di sedili, parti del motore, cambi e via dicendo.

Gli investimenti sulle navi cargo: in arrivo la nuova flotta

I vantaggi dello sbarco dei costruttori cinesi in Europa rischiano di essere esigui anche per le imprese della logistica e, in particolare, per gli spedizionieri marittimi. Stando a un’analisi del Sole 24 Ore, infatti, il sistema industriale cinese si sta dotando di una propria flotta cargo per esportare vetture nel Vecchio Continente. Attualmente il Dragone si posiziona all’ottavo posto al mondo, con 33 navi per il trasporto di auto, ma l’obiettivo è raggiungere il quarto entro il 2028, dietro a Giappone, Norvegia e Corea del Sud. I gruppi cinesi hanno ordinato già  47 navi, un quarto delle commesse a livello globale e tra gli acquirenti figurano Saic Motor, colosso statale proprietario di Mg, Byd e la stessa Chery.

Iscriviti alle newsletter di L'Economia

Whatever it Takes di Federico Fubini
Le sfide per l’economia e i mercati in un mondo instabile

Europe Matters di Francesca Basso e Viviana Mazza
L’Europa, gli Stati Uniti e l’Italia che contano, con le innovazioni e le decisioni importanti, ma anche le piccole storie di rilievo

One More Thing di Massimo Sideri
Dal mondo della scienza e dell’innovazione tecnologica le notizie che ci cambiano la vita (più di quanto crediamo)

E non dimenticare le newsletter
L'Economia Opinioni e L'Economia Ore 18

12 aprile 2024

- Leggi e commenta