Capri, il G7 sulla risposta di Israele all'Iran: basta missili, ridurre la tensione

diGiuseppe Sarcina

Il ministro degli Esteri Tajani: diplomazia in campo anche per Gaza. L'obiettivo comune è la «de-escalation»

Capri: i Grandi sulla risposta di Israele: basta missili, ridurre la tensione

La foto di gruppo dei ministri degli Esteri del G7 a Capri 

DAL NOSTRO INVIATO 
CAPRI - I ministri degli Esteri sono balzati dal letto quando non era ancora l’alba. Ma il blitz dei droni israeliani non ha sorpreso nessuno. Anzi il G7 di Capri ha monitorato costantemente i tentativi condotti innanzitutto dagli americani per convincere Benjamin Netanyahu a circoscrivere la reazione al massiccio attacco iraniano della scorsa settimana. La mattina di ieri è stata bruciata da frenetiche consultazioni tra gli alleati e Tel Aviv. Nel primo pomeriggio, però, la preoccupazione appariva temperata dalle notizie in arrivo dal campo: probabilmente i ministri temevano un attacco israeliano decisamente più pesante. Inoltre gli iraniani dichiaravano di non avere in programma ulteriori ritorsioni. A quel punto è stato più semplice aggiungere un capoverso al comunicato del G7 sul Medio Oriente: «Alla luce degli attacchi di venerdì 19 aprile (il raid israeliano ndr), rivolgiamo un pressante appello a tutte le parti in causa a lavorare per prevenire ulteriori escalation. Il G7 continuerà a operare per questo fine. Chiediamo a tutte le parti, nella regione e oltre, di offrire un contributo positivo a questo sforzo».
Poco dopo il ministro Antonio Tajani, presidente di turno del G7, nella conferenza stampa finale, ha ricostruito le ore più concitate: «Gli Stati Uniti sono stati avvisati, ma non sono stati coinvolti nell’operazione». «Nessuna partecipazione, ma non dico nient’altro», ha ripetuto piu volte il segretario di Stato americano, Antony Blinken.

Avviare la «de-escalation»

Adesso l’obiettivo è fermare l’avvitamento verso una guerra aperta tra Iran e Israele. La parola più usata, quindi, è «de-escalation». Con una sorta di divisione dei compiti, cui ha accennato lo stesso Tajani: Stati Uniti e Paesi europei torneranno a premere su Netanyahu perché rinunci a entrare in forze a Rafah, nella parte meridionale di Gaza dove si è ammassato quasi un milione e mezzo di palestinesi. «Tutti noi siamo d’accordo sul principio che Israele debba neutralizzare Hamas, impedendo che si ripetano gli eventi del 7 ottobre (l’attacco terroristico in territorio israeliano ndr) — ha detto Blinken — ma ci sono altri sistemi per raggiungere lo scopo». Su questo punto ha insistito molto anche la ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, parlando con i giornalisti.

Le ambiguità della Cina

Nello stesso tempo vanno tenuti aperti i canali di comunicazione con l’Iran. L’Italia è uno degli Stati che tiene vivo il dialogo, difficile, con Teheran.
Attenzione, però, anche a un altro passaggio del documento, laddove si sollecitano «le parti della regione e oltre» a dare una mano per ridurre le tensioni. Il riferimento è sicuramente ai Paesi del Golfo, in particolare all’Arabia Saudita che aveva iniziato un processo di distensione con l’Iran. Le manovre diplomatiche cercheranno di coinvolgere anche Pechino, che ha mediato tra gli ayatollah e la monarchia saudita.
La Cina è stata evocata molto spesso nel summit di Capri. In modo alterno. Nei giorni scorsi i consiglieri della Casa Bianca avevano fatto sapere di aver chiesto alle controparti cinesi di moderare i propositi bellicosi di Teheran. Ma in questa tre giorni a Capri, Blinken ha attaccato duramente il Paese di Xi Jinping: «Fornisce materiale ”dual use” alla Russia», cioè componenti tecnologiche utilizzabili anche per fabbricare le armi. La delegazione americana, appoggiata da quella britannica e giapponese, ha convinto i partner a dare visibilità a questa accusa nel documento finale dedicato all’Ucraina.

Gli aiuti a Kiev

Anche la guerra in Europa è stata al centro del vertice. I rappresentanti del G7 hanno ascoltato l’appello drammatico dell’ucraino Dmytro Kuleba: «Dateci i missili Patriot, dateci i sistemi di difesa aerea, ne abbiamo bisogno ora». Blinken ha detto che il Congresso potrebbe sbloccare nel fine settimana il pacchetto di aiuti da 61 miliardi e si è mostrato ottimista: «Siamo ancora in tempo per intervenire». C’è, però, una certa confusione sui mezzi a disposizione. Tajani ha detto di aver chiamato direttamente il ministro della Difesa, Guido Crosetto, davanti a Kuleba, per capire che cosa può fare l’Italia. Il nostro Paese non ha Patriot, ma cinque dispositivi di difesa anti aerea Samp-T: uno è già in Ucraina, tre sono all’estero, uno è a protezione del territorio nazionale.
Neanche la tedesca Bearbock ha dissipato le incertezze. Ha annunciato che la Germania ha appena fornito un’altra batteria di Patriot a Volodymyr Zelensky (e così sono sei), ma non ha raccolto altre adesioni tra i Paesi che ha sondato nelle scorse settimane. E il tempo scorre veloce a Kiev.

20 aprile 2024 ( modifica il 20 aprile 2024 | 07:03)

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