Jordan Bardella deluso dal secondo turno attacca Macron e Attal: «Alleanza del disonore, nulla può fermare un popolo che ha ricominciato a sperare»
Sconcerto tra i sostenitori del presidente di estrema destra. Marine Le Pen compare solo in tv: «La marea sale e salirà, abbiamo raddoppiato il numero di deputati»
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PARIGI - Al referendum «volete Jordan Bardella primo ministro?», nel quale si erano trasformate queste elezioni, i francesi hanno risposto in modo chiarissimo: «No». E quindi alle 20 in punto, quando le tv danno i risultati al Pavillon Chesnaie du Roy, lussuosa sede della serata elettorale del Rassemblement national, il silenzio è terribile. E inabituale, la prima volta che accade: da vent’anni, a ogni elezione, i militanti di solito esultano, le bandiere tricolori sventolano, perché a ogni occasione il Rassemblement national non va al governo, è vero, non conquista l’Eliseo, certo, ma militanti e esponenti del partito finora hanno sempre visto il bicchiere mezzo pieno, privilegiando la gloriosa e apparentemente inarrestabile avanzata di Marine Le Pen rispetto al fatto che presidente o premier poi lo diventa sempre qualcun altro.
Non stasera. Stasera la delusione è troppo forte, quasi crudele. Da primi al governo a terzi all’opposizione. «Ho il cuore che batte fortissimo, gli exit poll segreti dicono tutto e il contrario di tutto, manca mezz’ora alla proclamazione del vincitore e secondo un istituto abbiamo la maggioranza assoluta e trionfiamo, secondo un altro siamo terzi e perdiamo. È insopportabile», diceva intorno alle 19 e 30 Jacques Malvaen, un ragazzo di 25 anni che ha passato gli ultimi due mesi, tra Europee e legislative, ad affiggere manifesti e a distribuire volantini sicuro che «stavolta sarà l’inizio della rinascita della Francia». La crudeltà sta anche in questo: gli exit poll di giornata si sono contraddetti fino all’ultimo secondo, e soprattutto i sondaggi di tutta una settimana, condotti da qualsiasi istituto, hanno preso una delle cantonate più clamorose degli ultimi anni: nessuno ha previsto la vittoria del Nouveau Front Populaire, ogni giorno il Rn veniva dato al primo posto per numero di seggi.
Ma alle 20, la mazzata: non solo il Rn non ha la maggioranza assoluta — scenario considerato probabile fino a qualche giorno fa —, non solo non ha neanche quella relativa, ma conquista molti meno seggi del previsto, tanto da essere scavalcato dal Nouveau Front Populaire e persino da Ensemble, la coalizione di Macron. Il partito di Marine Le Pen aumenta ancora i deputati nella prossima Assemblea nazionale ma politicamente, emotivamente, nel volto bianco dei militanti che in molti casi si mettono a piangere, ha proprio perso. E dire che il partito aveva fatto le cose in grande, perché i dirigenti Bardella, Le Pen, ma anche Sébastien Chenu e gli altri che per qualche giorno si sono sentiti già ministri, ci credevano davvero. Grande evento nel parco di Vincennes, buffet già di alto livello nelle edizioni passate ma stasera di qualità alto-istituzionale, piramidi di bicchieri di champagne, e anche tutto un sistema di sicurezza, controlli, cani anti-esplosivi, bodyguard con auricolare di grande professionalità, van neri, tutto un rituale di solito riservato a Matignon e all’Eliseo trasferito in questo centro per eventi nel verde, vicino al Parc Floral di Parigi.
Una specie di prova generale di un ingresso trionfale nei luoghi e nei modi del potere, perché da settimane tutti, in Francia e nel mondo, lo ripetevano: l’estrema destra, o «i patrioti» come loro preferiscono definirsi, non è mai stata così vicina a conquistare il Palazzo. E però, anche stavolta, non ce l’ha fatta. Il soffitto di cristallo, quello che separa dal successo nonostante qualsiasi sforzo, stasera si vede benissimo, e sembra di piombo.
L’imbarazzo è insopportabile, tutti si guardano, nessuno osa bere lo champagne, piuttosto che il vuoto meglio allora lasciare accesi gli schermi con l’audio al massimo, ed ecco che — è una catastrofe senza fine, la festa più fallita della storia — arriva l’immagine di Jean- Luc Mélenchon, il nemico di sinistra che prende la parola per primo riempiendo la sala con la sua voce, le sue pretese e la sua arroganza da vincitore.
Marine Le Pen è sparita, Jordan Bardella si fa attendere, alla fine qualcuno dovrà pur parlare e allora è Bardella a presentarsi dietro al podio con la scritta ora decisamente iettatoria «L’alternanza comincia». Il sogno di diventare primo ministro, che pure fino al giorno prima sembrava radicato nella realtà, appare all’improvviso una follia, come il mondo ha potuto assecondarlo? Bardella ha i tratti tirati e la voce scandita di chi deve provare una rabbia profonda, faticosa da controllare. Tutti i suoi sguardi e le parole tradiscono la convinzione che si sente derubato, la vittoria avrebbe dovuto essere sua. «Purtroppo, l’alleanza del disonore e gli accordi elettorali stipulati da Emmanuel Macron e Gabriel Attal con l’estrema sinistra privano gli elettori di un governo del Rassemblement national — dice —. Questi accordi elettorali stanno gettando la Francia nelle braccia di Mélenchon». Il tono è un po’ da Trump di Francia: non è che ho perso, sono gli altri che non mi hanno lasciato vincere. Poi il finale che cerca di superare l’amarezza e di rimotivare i militanti: «Stasera tutto comincia». «Sarò lì per voi, con voi, finché non vinceremo. Stasera è caduto un vecchio mondo e nulla può fermare un popolo che ha ricominciato a sperare». Ma sono parole sentite ormai tante, troppe volte, l’eterna rincorsa di un partito venuto da lontanissimo, che ogni volta spera inutilmente di cambiare copione.
Marine Le Pen qui sceglie di non parlare, si rivolge ai francesi dalla prima rete tv: «La marea sale. Non ancora abbastanza, ma continua a salire e la nostra vittoria non è che rimandata. Ho troppa esperienza per essere delusa da un risultato che ci fa raddoppiare il numero di deputati». Ma siamo alle solite, si ritorna a promettere una gioia futura, magari alle presidenziali del 2027, quando Marine Le Pen tenterà l’assalto all’Eliseo per la quarta volta. Ma questa avrebbe dovuta essere la serata del trionfo, qui e ora, non delle eterne promesse.