Privatizzazioni, dalle Ferrovie alle Poste alle Autostrade: la mappa delle partecipazioni dello Stato
di Redazione Economia
L’economia italiana rallenta ancora, e per il governo si complica la gestione dei conti pubblici. Secondo Bankitalia la crescita si è fermata sul finire dello scorso anno, e nel 2024 il prodotto interno lordo salirà solo dello 0,6%. Distante dall’obiettivo dell’1,2% fissato dal governo. Con un pil inferiore al previsto sarà più difficile portare il rapporto con il deficit al 4,3% programmatico. E come ha ribadito ieri il vice presidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis, invitando l’Italia a fare nuovi sforzi sul Mes, il bilancio 2024 «non è pienamente in linea con le raccomandazioni del Consiglio. A primavera — ha aggiunto — ripartiranno le procedure di infrazione per i deficit eccessivi». Una dichiarazione fin troppo esplicita che in serata ha spinto Dombrovskis a una precisazione. «La posizione della Commissione sulla manovra è quella di novembre, non è cambiata», segnala una nota diffusa da un portavoce della commissione, per ribadire che non c’è alcuna valutazione negativa ulteriore sui contenuti della legge di bilancio. Anche dal governo arriva una rassicurazione per conto del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti.
Le parole di Dombrovskis ricalcano il giudizio espresso dalla Commissione a novembre, sottolinea il ministero dell’Economia, che conferma le parole di allora del ministro: «Andiamo avanti con sano realismo, nonostante l’eredità dell’impatto negativo di energia e Superbonus». Nella maggioranza però il richiamo della Ue alimenta qualche polemica. Del resto i Paesi che rischiano la procedura sono 11, e l’Italia, assieme alla Germania ed altri 6 Stati è messa meglio della Francia. Come ricorda però Bankitalia i rischi per l’economia sono di un’ulteriore flessione della crescita. Tanto che il governo deve cominciare a puntellare i conti pubblici con una nuova stagione di privatizzazioni.
di Redazione Economia
A fissare l’asticella degli incassi attesi dal governo à la nota di aggiornamento del Def, che ha indicato 20 miliardi di euro di cessioni. Un obiettivo che impone al ministero dell’Economia l’avvio della scelta sulle modalità di vendita e sul perimetro degli asset da cedere (qui la mappa delle società partecipate dallo Stato). Una prima operazione è stata ultimata venendo il 25% di Monte dei Paschi, in questo caso la cessione è avvenuta tramite una procedura accelerata che ha garantito 920 milioni di incassi, ma a un prezzo scontato del 5% rispetto ai valori di borsa. Una condizione che il Tesoro intende evitare. Le cessioni del 2024, salvo eccezione, dovranno avvenire tramite collocamenti sul mercato, richiedendo almeno un semestre.
di Fausta Chiesa
La prima operazione dovrebbe riguardare Eni, che grazie al piano di riacquisto di azioni proprie si ritrova in tesoreria titoli per un controvalore pari a circa 2 miliardi di euro. Eni conta di chiudere il piano di buy back azionario nelle prossime settimane, una volta ultimato il Tesoro potrebbe, dunque, cedere quote con un duplice risultato: incassare un paio di miliardi senza, tuttavia, scendere sotto la quota di controllo, proprio grazie alle azioni riacquistate da Eni stessa. La mossa successiva riguarderebbe Poste, oggi posseduta al 29% dal Tesoro e al 35% da Cdp. La società vale in Borsa 13 miliardi e la vendita di una tranche del 20% da parte del Tesoro assicurerebbe oltre 2,5 miliardi di euro. Un’ulteriore tranche potrebbe poi essere valorizzata nel corso del 2025. Nello stesso periodo potrebbe avvenire la privatizzazione di Fs, non appena predisposto un riassetto societario che mettendo insieme le infrastrutture (binari e strade) potrebbe garantire, secondo alcune stime, oltre 10 miliardi con la cessione di una quota attorno al 30 per cento.
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19 gen 2024
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