I fondi italiani sul disegno di legge Capitali: regole da rivedere, nuovo confronto

I fondi italiani sul disegno di legge Capitali: regole da rivedere, nuovo confronto I fondi italiani sul disegno di legge Capitali: regole da rivedere, nuovo confronto

Il luogo è il più adatto: Piazza Affari, sede della Borsa italiana. Assonime presieduta da Patrizia Grieco chiama a raccolta le imprese quotate che rappresenta e gli esponenti dell’industria finanziaria, per illustrare le nuove norme varate dall’Ocse, e adottate dal G20, sui principi di governo societario. Presenti il sottosegretario all’Economia Federico Freni, il presidente del comitato Ocse sulla corporate governance, Masato Kanda, la presidente di Borsa Claudia Parzani.

Lo sviluppo del mercato finanziario

Come era prevedibile, si finisce a discutere di Ddl Capitali, il disegno di legge che mira a sostenere lo sviluppo del mercato finanziario. E tornano, negli interventi dal palco, le perplessità che fondi e osservatori hanno già espresso in passato su alcune norme, viste come un freno, relative alle liste dei consigli di amministrazione. Nonché a quelle regole che di fatto conferiranno alle minoranze una sorta di diritto di veto sulla nomina dei vertici aziendali. In special modo presidente e amministratore delegato.

I casi Mediobanca e Generali

Non si tratta di discussioni accademiche. Non va dimenticato che su questi temi la comunità finanziaria e il mercato si sono già confrontati in occasione delle assemblee di Mediobanca e Generali. Nel capitale delle due istituzioni finanziarie italiane ci sono, da tempo, imprenditori che, come nel caso di Francesco Gaetano Caltagirone, non hanno gradito la lista casi presentata dai rispettivi cda. Tuttavia il mercato ha sostenuto il voto a favore delle liste degli stessi consigli. Cosa che, con alcune delle nuove regole previste dal decreto, verrebbe messa in discussione.

I capitali dall’estero

Tutti d’accordo sul fatto che l’Italia abbia bisogno una riforma per favorire l’arrivo di capitali dall’estero. Su questo sia Assonime, promotore della giornata di lavori, sia organizzazioni come Assogestioni che raccoglie i fondi italiani. Il confronto si accende sulle due questioni calde: voto maggiorato e voto della lista del cda in assemblea. Il testo è alle battute finali alla Camera dopo aver ottenuto il via libera al Senato. Carlo Trabattoni, presidente di Assogestioni, chiede però di «riaprire il confronto» con l’obiettivo di arrivare a «norme comprensibili e di applicazione certa» dopo che gli emendamenti hanno generato «incertezze interpretative che possono portare a significative distorsioni, producendo esiti opposti a quelli voluti». Severa la cacciatrice di teste di Spencer Stuart, Giovanna Gallì: «Con queste norme — dice — è evidente che nessun board deciderà di presentare una lista». Riconosce Massimo Tononi presidente di Banco Bpm: «Alcuni passaggi tecnici meriterebbero una rivisitazione perché rischiano di creare perplessità negli investitori istituzionali».

Il sottosegretario all’Economia Freni

Freni difende il ddl invitando a «percorsi condivisi, ancorché non unanimi» e mettendo in guardia dalla «confusione» e «il caos organizzato». «Rifuggo lo scontro come pratica di gestione» afferma. Osserva il presidente di Unicredit, Pier Carlo Padoan: «per le imprese non c’è nulla di peggio che vedersi condannare ad aggiornamenti continui di norme di cui spesso ci si chiede a cosa servano». Grieco, la presidente di Assonime, ragiona sull’impianto complessivo del ddl auspicandone l’approvazione nelle prossime settimane. «Il decreto — spiega — è un passo nella giusta direzione di una complessiva revisione del Tuf», il Testo Unico della Finanza datato 1998 e del quale il mercato chiede da tempo a gran voce la riforma.

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