Nato, Zelensky conferma: «Vicini all'adesione». La
Washington e Berlino hanno inoltre annunciato che dal 2026 cominceranno a dispiegare in Germania missili americani a lungo raggio per la prima volta dalla Guerra fredda
DALLA NOSTRA INVIATA
WASHINGTON - «Sono convinto che l’Ucraina è vicina all’ingresso nella Nato», ha dichiarato il presidente Volodymyr Zelensky ieri in conferenza stampa, nella giornata conclusiva del summit di Washington. «Il prossimo passo sarà l’invito formale e poi la piena membership». La definizione di un cammino «irreversibile», seppure senza data, verso la Nato ha evitato la frustrazione pubblica esibita dagli ucraini l’anno scorso al summit Nato di Vilnius.
Dal summit sono arrivate anche promesse di nuovi fondi, i primi F16 saranno operativi in estate e sono in arrivo cinque nuovi sistemi di difesa aerea (tra cui un Samp-T italiano). In conferenza stampa congiunta con Zelensky, Jens Stoltenberg, il segretario generale uscente dell’Alleanza, pur specificando che spetta alle singole nazioni che inviano armi a lungo raggio a Kiev decidere se esse possano essere usate per colpire obiettivi militari in territorio russo, ha auspicato che questi stessi Paesi riducano le restrizioni. «Se vogliamo vincere abbiamo bisogno che i nostri partner eliminino tutte le restrizioni», ha ribadito Zelensky.
Washington e Berlino hanno inoltre annunciato che dal 2026 cominceranno a dispiegare in Germania missili americani a lungo raggio per la prima volta dalla Guerra fredda: prima in modo «episodico», poi «duraturo» per «dimostrare l’impegno americano verso la Nato e il suo contributo alla deterrenza integrata europea». Il nuovo arsenale comprenderà gli Sm-6, i Tomahawk ma anche armi ipersoniche, «con una gittata significativamente più lunga rispetto agli attuali missili con base terrestre in Europa».
E l’Italia, nell’ambito del vertice Nato, ha firmato un accordo di difesa con Francia-Germania-Polonia per migliorare le capacità a lungo raggio. Il ministro tedesco Pistorius ha sottolineato che bisogna investire nell’acquisto e sviluppo di missili a lungo raggio per colmare «un crescente grave gap in Europa».
E il Cancelliere Olaf Scholz ha spiegato che «ciò fa parte della deterrenza e garantisce la pace». Ma il Cremlino ha minacciato una «risposta militare» ai missili Usa e ha definito anche il percorso «irreversibile» di Kiev verso la Nato «una seria minaccia». Mosca si riserva di prendere misure «ponderate, coordinate e efficaci per contenere la Nato», accusandola di essere «di fatto pienamente coinvolta nel conflitto in Ucraina».
Su tutto ciò aleggia peraltro lo spettro di una blacklist del Cremlino per eliminare leader dell’industria delle armi europee per l’Ucraina, come il ceo della tedesca Rheinmetall, Armin Papperger, finito nel mirino di un complotto russo sventato dagli 007 di Washington e di Berlino.
Ma anche la Cina, dove la premier italiana Giorgia Meloni si recherà a luglio, accusa l’Alleanza di «incitare allo scontro»: per la prima volta la Cina viene duramente criticata in una dichiarazione finale della Nato per la fornitura materiali «dual use», utilizzabili anche per gli armamenti e l’industria della difesa di Mosca (prima del 2019 i comunicati finali non la menzionavano affatto come minaccia). Inoltre l’ultima giornata del vertice è stata dedicata ai rapporti tra la Nato e quattro Paesi dell’Indo-pacifico (Australia, Nuova Zelanda, Giappone, Sud Corea) preoccupati dall’influenza cinese.
Il ministero degli Esteri di Pechino ha definito perfettamente leciti i suoi rapporti commerciali con Mosca e ha affermato che la Nato ora vuole portare «il caos» anche in Asia. Zelensky invece ha lanciato una frecciata al premier ungherese Viktor Orbán, che è volato in Florida da Donald Trump dopo il vertice: «Non sapevo che Orbán sarebbe andato da Putin o in Cina o da Trump quando è venuto in Ucraina. Con tutto il rispetto per tutti i Paesi, piccoli o grandi, non tutti i leader possono fare i mediatori, ci vuole il potere».