Éric Ciotti: «L’Italia sta proteggendo bene le frontiere, noi con il governo Meloni lavoreremo molto meglio»
Il leader gollista dei Républicains sogna da una vita di fare il sindaco della sua Nizza e il ministro dell’Interno. Passerà alla storia come primo leader che ha rotto il «cordone sanitario» anti Le Pen
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
NIZZA - L’uomo che si era barricato nella sede dei Républicains, a Parigi, inseguito dai baroni del partito gollista furiosi per l’accordo con Jordan Bardella, qui sotto il sole della sua Nizza respira libero, acclamato dagli elettori che lo conoscono da sempre, nell’afa del porto affrontata comunque in giacca, cravatta e Rolex d’oro. Sorridente ma non trionfante, perché gli ultimi sondaggi gettano un’ombra sul successo della sua audace operazione.
Éric Ciotti, 58 anni trascorsi a destra, sogna da una vita di fare il sindaco di Nizza e il ministro dell’Interno, lo sanno tutti. Così, alla fine del discorso, appena sceso dal palco piazzato tra il quartier generale della campagna e la fila degli yacht, gli chiediamo che cosa farebbe lui per fermare i clandestini, specie quelli che attraversano il confine di Ventimiglia a pochi chilometri da qui. «Noi e l’Italia abbiamo gli stessi problemi, le stesse preoccupazioni», e infatti spesso Parigi e Roma su questo litigano. «Ma adesso l’Italia sta proteggendo bene le frontiere, e noi con il governo Meloni lavoreremo molto meglio di quanto non abbia fatto Macron. Per il bene nostro, e di tutta l’Europa», dice Ciotti, lontane origini trevigiane da parte di padre, che da almeno un paio d’anni sognava una coalizione sul modello italiano e che dopo le Europee ha deciso di provarci sul serio.
È un momento decisivo per la Francia, e anche per Ciotti, figlio di un proprietario di ferramenta e di una maestra, che da ragazzo è salito a Parigi, si è diplomato a Sciences Po, e poi è tornato nel Sud per fare carriera nella politica locale. Se stavolta le chance dell’estrema destra di arrivare al potere sono così importanti, tra ingerenze del Cremlino e fiato sospeso degli alleati europei, è anche perché Ciotti, martedì 11 giugno, è apparso all’improvviso al tg delle 13 per annunciare l’alleanza con il Rassemblement national. Fino a quell’istante l’uomo dai molti soprannomi non sempre benevoli (tra i quali «Benito» per il cranio pelato), trattato un po’ sempre da seconda scelta, messo lì a gestire la crisi gollista in attesa di tempi e leader migliori, guidava un partito dal 4,8% alle Presidenziali e 7% alle Europee.
Dopo quei 5 minuti in tv, Ciotti è diventato una star. Rimarrà come il primo leader che ha rotto il «cordone sanitario» anti Le Pen. Per sua volontà il partito gollista dei Républicains, che ha cambiato tanti nomi ma è pur sempre quello di De Gaulle, Pompidou, Chirac e Sarkozy, si è alleato con il RN erede del partito di Jean-Marie Le Pen e degli ex collaborazionisti di Pétain, i nemici di De Gaulle.
A vederlo sul palco, mentre lancia anatemi contro «quelli che vogliono rubarci la vittoria», contro «Macron che è il presidente del caos ed è pronto a qualsiasi alleanza pur di conservare quel che gli resta del suo piccolo potere», viene in mente che la storia è fatta sempre di grandi movimenti di fondo e anche di piccole vicende personali.
Crisi della globalizzazione, ritorno degli Stati nazione, popolo che si sente tradito dalle élite, certo, c’è tutto questo nell’avanzata del RN. Ma anche che Éric Ciotti prima di andare da Bardella si sarebbe proposto a Macron, venendo però snobbato dal presidente.
Poi ecco la questione molto locale e molto privata dell’amicizia, diventata rivalità e infine odio, verso il mentore ormai macronista Christian Estrosi, attuale sindaco di Nizza, l’uomo che lo ha tirato su come un figlio, almeno politico, e qualche anno fa gli ha regalato il Rolex, e che adesso è diventato, dopo i migranti, il bersaglio preferito di Ciotti in campagna elettorale.
E infine, accanto ai voli lirici sulla «Francia che si sveglia presto, che lavora tutto il giorno ed è stufa dei delinquenti!», c’è anche il problema dell’incarico di «questore». Sciogliendo l’Assemblea, Macron ha provocato una crisi internazionale, ma ha anche sottratto di colpo a Ciotti lo status di questore dell’Assemblea, che prevede un immenso appartamento di rappresentanza e altri onori. Si tratta ora di difendere la Francia dagli stranieri, e anche di riconquistare almeno il seggio parlamentare — Ciotti dovrebbe farcela senza patemi —, cantando sul palco la Marsigliese ma anche Nissa La Bella, l’inno della città di Garibaldi.