Tredicesima 2023, quando arriva? Le date dei pagamenti, quanto vale e chi ci guadagna
di Valentina Iorio
L’ultima contrapposizione tra le forze di maggioranza, nel tortuoso cammino della legge di Bilancio, è un’eventuale proroga del superbonus. Chiesta con determinazione e a più voci da Forza Italia, respinta con nettezza dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti: «È esclusa ogni ipotesi di proroga». Se la Lega festeggia per il mantenimento degli oltre 11 miliardi per il ponte sullo stretto, gli azzurri non mollano: non possono rinunciare al tentativo di individuare una soluzione di compromesso, una proroga brevissima. «Speriamo in un ravvedimento — dice il capogruppo Barelli —, ai cittadini che hanno onestamente utilizzato questo strumento serve qualche mese». In loro soccorso il senatore e relatore di FdI, Guido Liris che ipotizza un allentamento.
La strada però sembra sbarrata. Sul punto infatti torna direttamente la premier: «Nonostante la misura del superbonus purtroppo pesi come un macigno sui nostri conti pubblici — dice Giorgia Meloni nelle sue comunicazioni alla Camera in vista del Consiglio europeo — l’Italia è una nazione virtuosa, con le carte in regola». Antonio Tajani in serata insiste ancora: «Ne riparleremo, c’è anche il Milleproroghe». Immediatamente le opposizioni mettono in evidenza i contrasti: «Grottesco tiro alla fune» tuonano dal M5S, «la maggioranza è nel caos», è il commento del Pd.
di Valentina Iorio
In un vertice a Montecitorio tra la premier e i capigruppo di maggioranza, non si parla del merito, assicurano da FI, ma si tenta di fissare le tappe per l’approvazione della manovra «nei tempi dovuti e senza stravolgimenti», come promesso dal ministro ai Rapporti col parlamento, Luca Ciriani. Gli emendamenti dei relatori, «non più di una trentina» garantisce Damiani di FI, arriveranno entro stamattina, poi l’esame in aula al Senato dovrebbe finalmente iniziare. Il 19 o il 20, nell’ipotesi più ottimistica. Quella più verosimile è che comunque la definitiva approvazione alla Camera non arrivi prima del 29 dicembre, proprio nelle ultime ore dell’anno. «È importante fare presto, nel rispetto delle prerogative del Parlamento», avrebbe detto Meloni ai capigruppo.
Solo ieri è stato depositato l’attesissimo, quarto e ultimo, emendamento del governo sulle infrastrutture. Per il ponte sullo stretto di Messina prevede una rimodulazione della spesa ma senza alcun impatto sul totale che resta di circa 11,6 miliardi fino al 2032. La rimodulazione, quindi, è funzionale a dirottare 2,3 miliardi di quella somma, attingendo in parte (1,6 miliardi) alla quota del fondo sviluppo e coesione destinata a Calabria e Sicilia. Cioè si alleggerisce il peso sui conti dello Stato ma senza toccare l’investimento per l’opera voluta da Salvini. La Lega, che si intesta anche lo stop alla proroga del superbonus, festeggia: «Questa è una manovra che mette da parte logica dei bonus che tanto danno hanno fatto, investe sulle categorie sociali più deboli, sulla sanità e sul taglio delle tasse», dice Riccardo Molinari, capogruppo del Carroccio. «Si sta bloccando la legge di Bilancio per la propaganda di Salvini», sibila Bonelli di Alleanza verde. L’emendamento infrastrutture contiene anche 475 milioni in tre anni alle Ferrovie dello Stato per il Terzo Valico.
Nel mirino delle opposizioni le scelte operate nella legge di Bilancio e anche il metodo dettato dalla premier. Sostiene il Pd Francesco Boccia: «Per tener buono Salvini si scippano fondi che servono ad altro: siamo ai carrarmati di Mussolini. Poi il paradosso è quello di una maggioranza che implora il proprio governo di presentare gli emendamenti per procedere nella discussione: l’umiliazione delle forze di centrodestra, prima costrette a tacere e ora a chiedere di poter svolgere il loro lavoro in Parlamento. Colleghi senatori della maggioranza, se volete migliorare la manovra votate i nostri emendamenti, vi daremo loro asilo politico». Elly Schlein promette «battaglia contro questa manovra in Aula e fuori».
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12 dic 2023
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