Guida all’anno elettorale più grande di sempre America-Cina del 5 gennaio

America-Cina Il Punto | La newsletter del Corriere della Sera
testata
Venerdì 5 gennaio 2024
Il grande gioco delle elezioni
editorialista di MATTEO CASTELLUCCI

C’è un vecchio adagio che dice: «Si fa campagna elettorale in poesia, poi si governa in prosa», o qualcosa del genere. Questo 2024, che chiamerà alle urne circa 2 miliardi di persone, sarà l’anno elettorale più grande di sempre. Non tutti quei voti, però, saranno liberi. Due esempi: Russia e Iran. O, più vicino a noi, la Tunisia. E a guardare molte di queste campagne — ai primi boati o già fragorose, a seconda del calendario — l’impressione è che la «poesia» di cui sopra abbia ceduto a toni più lugubri.

È cupo il remake del 2020 in America, con Donald Trump che, inseguito dalla giustizia, promette «vendetta». Lo sono gli slogan della destra identitaria che avanza (vedremo quanto) in Europa. Ci sono Paesi al bivio tra un futuro possibile e ingerenze ostili, come Georgia e Moldavia, ed elezioni con candidati in carcere, o da lì appena usciti. Anche sogni, però, come il Messico che aspetta la prima donna presidente. Sul sito del «Corriere», da oggi, è online «Il grande gioco delle elezioni», la nostra guida sui principali appuntamenti dell’anno appena cominciato.

Il nostro giro del mondo parte da qui. Poi la tensione altissima tra le due Coree, con scambio di colpi d’artiglieria. Pyongyang ha fornito alla Russia un milione di proiettili, oltre a missili più infidi e difficili da intercettare per l’Ucraina. A rimpinguare l’arsenale di Vladimir Putin c’è anche l’Iran, a cui «conviene» sposare la matrice esterna (la rivendicazione dell’Isis) sull’eccidio di Kerman. In Bielorussia, Lukashenko si auto-concede l’impunità a vita, mentre sauditi e cinesi (ma non solo) hanno speso 7,8 milioni di dollari nelle strutture di Trump quand’era presidente. Infine, i narcos taglieggiano i messicani anche imponendo loro un servizio Wi-Fi e le faide legali dei figli di Alain Delon.

La newsletter America-Cina è uno dei tre appuntamenti de «Il Punto» del Corriere della Sera. Potete registrarvi qui e scriverci all’indirizzo: americacina@corriere.it.

1. Guida all’anno elettorale più grande di sempre

Quello cui sopra è un calendario con alcuni degli appuntamenti salienti dell’anno elettorale più grande di sempre. Un anno che potrebbe ridisegnare gli equilibri politici e sociali mondiali: dagli Stati Uniti all’India, saranno 76 i Paesi che andranno alle urne nel 2024. Tra questi, ci sono ben otto dei 10 più popolosi e circa due miliardi di persone, metà degli adulti del mondo, avranno la possibilità di votare. Questi numeri testimoniano un grande trionfo della democrazia a livello globale?

Non proprio, perché in diverse di queste nazioni le elezioni saranno un’esibizione di facciata e perché milioni di persone non sono libere di scegliere davvero i propri rappresentanti. Un esempio su tutti: le presidenziali in Russia che garantiranno per almeno altri sei anni la permanenza di Vladimir Putin al Cremlino. Anche in Italia (e negli altri 26 Paesi dell’Ue) ci sarà un voto importante: a giugno si deve eleggere il nuovo parlamento comunitario che determinerà chi sarà presidente della Commissione. Sul sito del Corriere, trovate una guida con gli scenari nelle principali nazioni.

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2. Il remake del 2020 e la «sindrome di Obama»
editorialista
di massimo gaggi

imageJoe Biden, 81 anni (Ap)

Poteva scegliere tra un ponte e una montagna. E, almeno per ora, ha scelto la montagna. A Detroit, alla fine della campagna del 2020, poco prima di essere eletto presidente, Joe Biden disse «vedo me stesso come un ponte, nulla di più» davanti a tre giovani leonesse e leoni democratici: Kamala Harris, il senatore Cory Booker e la governatrice del Michigan Gretchen Whitmer.

Ma il vecchio leader deciso ad affrontare Donald Trump nelle presidenziali 2024 nonostante la tempesta dei sondaggi che lo danno perdente sfidando, oltre ai repubblicani, il malumore dei democratici che vorrebbero un candidato più giovane, ricorda un ragazzino di dieci anni che a Scranton, in Pennsylvania, combatteva contro la balbuzie e il bullismo dei compagni che lo dileggiavano. Fino a sfidarlo a salire su una montagna alta 60 metri fatta di detriti ancora caldi, estratti da una miniera di carbone.

Era molto pericoloso: c’era il rischio di scivolare sulla cenere o cadere nei buchi, finendo nel cuore bollente di quella piramide nera. Ma Joe salì lo stesso, con foga. E una volta arrivato in cima, si sentì onnipotente. Sono in tanti, a sinistra, a pensare che Bidendovrebbe guardare i sondaggi e farsi da parte: non si rende conto che con la sua ostinazione rischia di passare alla storia come l’uomo che ha messo in pericolo la democrazia americana, battuto da un Trump che non nasconde intenzioni autoritarie? Biden la vede in modo assai diverso.

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3. Giorno di fuoco tra le due Coree. Kim fa sparare 200 colpi d’artiglieria
editorialista
di guido santevecchi

imageSudcoreani seguono le notizie davanti a un televisore (Epa)

Giorno di fuoco tra le Due Coree. I cannoni nordcoreani hanno rovesciato più di duecento colpi di grosso calibro nel mare davanti ad alcune isolette sudcoreane, provocando la reazione dell’artiglieria sudista. La popolazione delle isole di Yeonpyeong, Baengnyeong e Daecheong, che si trovano al limite occidentale delle acque territoriali della Sud Corea, è stata messa in allarme dal comando di Seul, che ha consigliato di chiudersi nei rifugi.

I circa 2.000 abitanti di Yeonpyeong conoscono il pericolo: nel 2010 i nordcoreani aprirono il fuoco senza preavviso e senza motivo con cannoni e lanciarazzi, quella volta mirando sulle zone abitate dell’isola, causando la morte di due civili e due militari e una ventina di feriti. Sempre nel 2010, nelle acque della zona una nave militare sudcoreana, la Cheonan, fu silurata da una unità nordcoreana: 46 marinai rimasero uccisi. La costa della Nord Corea dista solo 11 chilometri dall’isola di Yeonpyeong: usando il binocolo si possono vedere gli accessi alle grotte sulla scogliera dove i nordisti hanno piazzato i loro pezzi d’artiglieria.

Oggi non sono stati segnalati danni né feriti, perché gli artiglieri nordisti si sono limitati a sparare i loro duecento colpi davanti alla costa dell’isola, al limite della cosiddetta Noerthern Limit Line, tracciata nel 1953 come spartiacque che idealmente prolunga la Zona demilitarizzata terrestre che scorre lungo il 38° Parallelo. Il fuoco è durato per due ore, dalle 9 alle 11 del mattino ora locale (la notte in Italia). Alle 3 del pomeriggio è arrivata la risposta sudcoreana, con un’esercitazione nella quale sono stati impiegati proiettili veri.

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4. Taccuino militare | I regimi che armano la Russia
editorialista
di guido olimpio

imageIl ministro della Difesa russo con Kim

Inizio di inverno cupo per l’Ucraina. Gli Usa non hanno per ora altri fondi per aiutare militarmente Kiev, gli europei provano a fare qualcosa ma le risorse non sono mai sufficienti.

  1. Gli ucraini provano comunque a portare dei colpi contro la Crimea occupata.
  2. La Russia ammassa armi. Vecchie e nuove, abbastanza per martellare dal cielo e da terra le posizioni nemiche e le città.

Come la storia insegna Mosca conta sempre sulla quantità, l’economia di guerra ha permesso, pur tra le difficoltà, di mantenere pieno l’arsenale. Lo sforzo interno si è aggiunto al supporto di paesi amici. Anzi di regimi. Cina, Nord Corea e Iran hanno fornito, sotto forme diverse, materiale bellico importante: droni, munizioni per artiglieria, razzi, missili d’ogni tipo. Tutto ciò che serve per proseguire il conflitto ancora per molto.

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5. Riecco la figlia di Kim sempre più «erede designata al trono»

imageKim con la figlia in una fabbrica di camion lanciamissili

(Guido Santevecchi) Kim Jong-un ha chiesto (e ogni suo desiderio è naturalmente un ordine) che l’industria bellica nordcoreana acceleri la produzione di mezzi lanciamissili «in preparazione di uno scontro armato» con Sud Corea e Stati Uniti. Il Maresciallo ha aperto il 2024 andando a visitare una fabbrica di veicoli per il trasporto e il lancio di missili balistici. La Nord Corea ha già il primato del più grosso Tel (Transporter erector launcher), un camion a undici assi dotato di rampa di lancio sul quale vengono montati i missili Hwasong-18 intercontinentali. Questi veicoli mostruosi servono a dare mobilità agli ordigni, rendendone difficile l’individuazione prima di un lancio.

  • Gli analisti occidentali peraltro dubitano ancora che il peso dell’intero sistema d’arma possa permettere davvero spostamenti rapidi su strada o nei campi.

Nessun dubbio ormai, da parte dell’intelligence sudcoreana, sul fatto che Kim abbia scelto la figlia Ju Ae come erede. La bambina, che dovrebbe avere 11 o 12 anni, dall’anno scorso è diventata una presenza fissa al fianco del padre nelle manifestazioni preparate dalla propaganda (diretta dalla zia Kim Yo-jong). Le foto dell’ispezione «galvanizzante» di Kim nella fabbrica di lanciamissili mettono di nuovo in primo piano l’adolescente, che sfoggia una elegante giacca di pelle nera con collo di pelliccia e appare estasiata di fronte alla potenza delle armi. In un’immagine la si vede a naso in su per ammirare la grandezza dei contenitori per i missili.

imageLa foto in cui Ju Ae guarda «ammirata» all’insù

La sua prima apparizione risale al novembre 2022, al poligono di lancio di un missile intercontinentale. Dal mese di febbraio del 2023 le uscite si sono intensificate. All’inizio, la stampa di Pyongyang si riferiva alla piccola come «amata bambina» e «nobile fanciulla». In seguito ha cominciato a definirla sistematicamente «rispettata figlia». Sembra una promozione a un ruolo ufficiale, perché anche Kim Jong-un viene spesso definito «Rispettato Maresciallo».

  • Peraltro, la propaganda nordista non ha mai pronunciato il nome della figlia di Kim. Sono gli analisti occidentali che l’hanno identificata come Ju Ae.
  • Ora Cho Tae-yong, nuovo direttore dello spionaggio di Seul, è convinto che questa figlia (Kim ha altri due bambini) sia la prima nella linea di successione. «Al momento, dopo aver analizzato il livello di rispetto accordatole dal regime, Kim Ju Ae appare come la più probabile candidata a diventare leader della Nord Corea», dice il direttore Cho in un rapporto al parlamento di Seul.

Naturalmente è molto presto per dire se la bambina Kim Ju Ae un giorno sarà la quarta Kim a guidare il «regno eremita». La Nord Corea resta un regime fondamentalmente maschilista e Kim ha un figlio, forse più grande d’età rispetto alla sorella venuta alla ribalta. Ma è un fatto che il padre dittatore non ha ritenuto per qualche suo motivo di presentare anche il bambino maschio. «Facendosi accompagnare nelle grandi occasioni pubbliche dalla figlia, il Maresciallo le sta impartendo lezioni di comando e sta preparandole una rete di consenso già in tenera età», spiega Cheong Seong-Chang, analista del Sejong Institute di Seul. Kim Jong-un compirà 40 anni il prossimo lunedì 8 gennaio.

6. La rivendicazione dell’Isis dell’eccidio di Kerman
editorialista
di francesco battistini
inviato a Tel Aviv

imageÈ calato il numero di attacchi, ma la galassia jihadista si è allargata

Gli israeliani? Gli americani? I salafiti? I curdi? Come un’araba fenice, quasi scomparso dai radar del terrorismo internazionale, in realtà mai morto, risorge l’Isis e rivendica le ceneri di Kerman: sono stati due kamikaze dello Stato islamico, dice un proclama su Telegram, a colpire l’Iran nel più grave attentato della sua storia. 84 morti e 284 feriti, ma forse molti di più, che quasi oscurano la memoria degli attacchi di sei anni fa al santuario di Shiraz, al Parlamento di Teheran e al Mausoleo di Khomeini.

Come i due suicidi siano arrivati fin lì, nella folla che partecipava alle solenni celebrazioni del «martire» Soleimani, non se lo spiegano nemmeno gli iraniani. Che considerano da sempre l’Isis una creazione di americani e sionisti, senza troppi distinguo: «Davvero dicono che non sono stati loro? — ironizza Mohammad Jashmidi, consigliere del presidente Raisi —: la volpe fiuta sempre la sua tana e fa danno più lontano». Nemmeno gli ayatollah, però, sembrano troppo convinti dell’ira che spandono: i funerali pubblici delle vittime sono stati cancellati, anche per evitare troppi slogan, e la Guida suprema Ali Khamenei invita i pasdaran a «pazientare». Perché è dal 7 ottobre che Teheran cerca di non lasciare troppe impronte. E di non scottarsi.

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7. Fronte Gaza | I dubbi di Teheran, a cui «conviene» la matrice esterna

imageUna foto scattata da Rafah mostra fumo sopra Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza (Afp)

(Guido Olimpio) A Gerusalemme liti continue, su più livelli. Tra Netanyahu e i suoi ministri, tra i ministri e i generali sulle responsabilità del 7 ottobre. Ma questa è la norma mentre a Gaza proseguono le operazioni a caccia dei leader palestinesi. La rivendicazione dello Stato Islamico del massacro di Kerman in Iran offre i seguenti spunti:

  1. Può essere l’inizio di una nuova campagna da parte degli jihadisti.
  2. A Teheran e non solo c’è chi esterna dubbi sul comunicato del Califfato: sono usati termini inusuali. E questo è usato dai pasdaran per sostenere che l’operazione sia stata pilotata dal Mossad o agli Usa. La matrice esterna è più «conveniente» ai fini della propaganda rispetto alla minaccia islamica che pure ha già colpito in passato nel Paese.
  3. I vertici del regime hanno promesso vendetta.

In Mar Rosso i miliziani filoiraniani Houthi, dopo aver impiegato droni e missili, hanno cercato di centrare una nave usando un barchino esplosivo radiocomandato. Attacco fallito. La tecnica è già stata adottata dal movimento. Una conferma della flessibilità della fazione nel disturbare il traffico marittimo con ogni mezzo.

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8. I clienti sauditi e cinesi degli hotel di Trump (quand’era presidente)
editorialista
di matteo persivale

imageDonald Trump durante un comizio in Iowa (Ap)

La notizia giunta ieri sera — il governo cinese e altri enti statali hanno speso oltre 5,5 milioni di dollari nelle varie proprietà di Donald Trump durante la sua presidenza, il governo saudita e altri hanno portato il totale scoperto finora a 7,8 milioni di dollari — sarebbe stata clamorosa. Ma se la politica americana — ormai è chiaro — ha un «prima di Trump» e un «dopo Trump», con il 2017 come spartiacque, è probabile che anche questo palese conflitto d’interesse (la scorta di Trump pagava, nei suoi alberghi, più di mille dollari a notte, tariffa all’incirca quintupla rispetto a quella generalmente concordata con i dipendenti statali, la tradizionale «government rate») finirà nel nulla nonostante il testo della Costituzione lasci pochi dubbi.

  • Certo suona un po’ male che una banca cinese accusata dal dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti di aver aiutato la Corea del Nord a eludere le sanzioni e una compagnia di trasporto aereo cinese di proprietà statale fossero tra i clienti delle proprietà trumpiane (nella capitale, a Las Vegas e a New York) quando l’imprenditore-presidente era alla Casa Bianca.
  • Non che le rivelazioni di ieri siano particolarmente sorprendenti: in quello che era il Trump Hotel di Washington (ora è un Waldorf) nello storico edificio del Old Post Office a cinque isolati dalla Casa Bianca, durante la sua presidenza c’erano legioni di lobbisti, diplomatici, portaborse e galoppini vari con il ristorante e soprattutto il bar affollati fino a tarda ora, gin & tonic a 23 dollari e vodka liscia con piattino di ostriche e caviale a 100 dollari (tasse e mancia escluse), per non parlare della «piramide di frutti di mare» a 120 dollari.

Appena Trump (l’unico ristorante di Washington da lui visitato durante il suo mandato, 2017-2021, fu quello del suo albergo) lasciò la Casa Bianca l’albergo si svuotò, e passò rapidamente di mano, per 375 milioni a un gruppo di investitori di Miami.

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9. Impunità a vita

imageIl presidente bielorusso Alexander Lukashenko, 69 anni (Ap)

(Matteo Castellucci) Il dittatore bielorusso Alexander Lukashenko si è auto-conferito l’immunità a vita. La legge che ha firmato, in teoria, si applica a tutti gli ex presidenti (e ai loro familiari): peccato che da quando esiste la carica, e cioè dal 1994, il presidente sia lui. Oltre a questo salvacondotto da futuri procedimenti giudiziari, la legge sembra congegnata per tagliare fuori l’opposizione dalle elezioni, le prossime sono previste nel 2015.

Potranno candidarsi alle presidenziali solo i cittadini che abbiano vissuto permanentemente in Bielorussia per almeno vent’anni consecutivi. È già così un requisito abbastanza vincolante, ma avrà l’effetto di escludere dalla competizione i dissidenti del regime, che sono stati costretti a riparare all’estero proprio per la repressione di Minsk. Tra loro anche Sviatlana Tsikhanouskaya, la sfidante di Lukashenko al voto del 2020, che vive in Lituania dal 2020, l’anno delle proteste di massa, costate l’incarcerazione di più di 35 mila persone.

10. Il Wi-Fi dei narcos

imageFoto di Fiscalía General de Michoacán su X

(Guido Olimpio) Non solo droga. Un cartello messicano, noto come i Los Viagras, ha imposto in una zona dello stato di Michoacan un suo servizio Wi-Fi. A costi elevati: gli abitanti devono accettare il prezzo e sono obbligati ad usare questo servizio. I criminali hanno lanciato minacce contro chi rifiuta di collegarsi alla rete clandestina, messaggi che lasciano poche alternative alle vittime.

Da tempo le organizzazioni mafiose legate ai traffici hanno creato reti di comunicazione alternativa, con antenne e ripetitori. Network usati per gestire le operazioni in numerose regioni del paese. A questo fine i banditi hanno acquistato materiale tecnologico di prima qualità e ingaggiato anche dei tecnici stranieri. Frammenti di una realtà che ignora confini, Leggi, regole e della quale si parla sempre meno perché si ritiene che la partita messicana sia ormai persa.

11. La guerra dei Delon
editorialista
di irene soave

imageAlain Delon (al centro) con a fianco i figli Anthony e Anouchka (Afp)

Dopo Gérard Depardieu, che gli ultimi video diffusi da TV inchiodano a un’immagine di vecchio satiro male in arnese, anche la vecchiaia del divo del Gattopardo sembra incalzare senza grazia. L’invecchiamento di Alain Delon, e le liti tra i suoi figli, sono al centro dell’intervista di copertina di Paris Match, settimanale faro dell’attualità e del pettegolezzo in Francia.

  • Anthony Delon, primogenito di Alain, spara a zero contro la sorella Anouchka: «Ci ha mentito e ha manipolato tutta la famiglia», è il titolo di copertina. Anouchka, sostiene Anthony, ha portato il padre in clinica, in Svizzera, per farlo sottoporre a cinque test cognitivi che verificassero il suo stato di salute dopo l’ictus di quattro anni fa.
  • L’esito dei test, svolti tra il 2019 e il 2022, sarebbe stato pessimo, sostiene Anthony: «Questi test testimoniano un degrado cognitivo che mette mio padre in una posizione di estrema debolezza psicologica e vulnerabilità». Anouchka, accusa il fratello, non ha avvertito nessuno in famiglia di questo stato, «per interessi personali di cui me ne frego, anche se non so che cosa implicheranno».

Anthony dice di avere scoperto di questi test per caso, da uno dei medici. E di avere anche segnalato Anouchka alla polizia (depositando una «main courante», che non è una denuncia ma solo un’informazione su fatti noti, che non comporta per forza l’apertura di indagini). Anouchka annuncia che andrà dalla polizia anche lei. Il padre, Alain, fa sapere tramite avvocati di essere «choccato» da questo «sfogo mediatico», e che denuncerà Anthony. Ancora una volta la guerra dei Delon si accende, tutti contro tutti.

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12. Pistorius esce dal carcere

imageOscar Pistorius in tribunale (Afp)

(Claudio Arrigoni) Oscar Pistorius è stato rilasciato oggi all’alba dal carcere di Atteridgeville, dopo aver scontato oltre 8 anni per l’omicidio della fidanzata Reeva Steenkamp, ed è ora ufficialmente in libertà vigilata, come confermato da un comunicato rilasciato dal Ministero della Giustizia del Sudafrica alle 06.30. L’ex campione paralimpico si trova già nella lussuosa villa dello zio Arnold Pistorius a Waterkloof, quartiere ricco di Pretoria.

Pistorius ha scontato quasi 9 anni della sua condanna a 13 anni e 5 mesi per l’omicidio della fidanzata Reeva Steenkamp, avvenuto il giorno di San Valentino del 2013. Il via libera alla libertà condizionale per lui era giunto a novembre. In Sudafrica chi viene condannato per reati gravi può ottenere la libertà condizionata dopo aver scontato almeno metà della pena.

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