La notizia rimbalza da giorni. Il domestico di origine marocchina di Nicolas Puech, erede di Hermés, riceverà per testamento dal suo datore di lavoro un patrimonio in azioni del valore di 10 miliardi di euro. Un sogno oltre ogni limite. Cifra enorme, più del doppio dell’intera eredità Berlusconi, più del patrimonio stimato del re del Marocco Mohammed VI (8 miliardi), più del valore della quotata Attijariwafa Bank, il gruppo finanziario della famiglia reale, numero uno a Rabat e tra i più importanti del continente.
Hermès, l’erede Nicolas Puech vuole lasciare il suo patrimonio (10 miliardi) al suo tuttofare
di Alessia Conzonato
Isocrate s’impunta
Eppure sul tavolo dell’eredità di Puech, che ha 80 anni ed è perfettamente lucido, non c’è il controllo di Hermes ma “solo” il 5% che lui, senza coniuge né figli, vorrebbe lasciare al suo dipendente, di cui non si conosce il nome. Senonché la fondazione svizzera Isocrate rivendica il diritto all’eredità sulla base di un precedente testamento. Il bello è che la Isocrate è presieduta dallo stesso Puech, discendente di quinto grado del fondatore Thierry Hermès. Anzi, fino a tre anni fa si chiamava proprio “Fondazione Nicolas Puech”. È nata nel 2011 con 10 milioni di franchi di dotazione provenienti dal conto in banca di Puech e continua a vivere grazie ai suoi contributi perseguendo lo scopo statutario di favorire il dibattito pubblico e la lotta alla disinformazione.
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Il nemico del domestico
In questa apparente contraddizione c’è il lato poco chiaro della storia ma molti elementi sembrano convergere favorevolmente verso il colf. Di lui non si conosce l’identità ma si sa che ha una moglie e due figli. Il suo “nemico” è l’ingegnere agrario Nicolas Borsinger, una vita da dirigente della Croce Rossa e ora intransigente segretario generale della Fondazione Isocrate: il nuovo testamento è nullo, sostiene. Anche se è scritto dal presidente.
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I 202 miliardi di Hermès
Andiamo alle cifre, nude e crude: come fa il 5% di Hermés a valere 10 miliardi, cioè come Telecom e Italgas insieme? In effetti i numeri della casa di moda parigina sono impressionanti. Bisogna andare in Borsa per capirlo, là dove Bernard Arnault, patron di Lvmh, tentò la scalata anni fa. Il risultato fu che gli eredi di Thierry Hermés si compattarono apportando le loro azioni nella cassaforte H51 che oggi ha saldamente il controllo, cioè oltre il 50% del capitale. Tutti all’epoca fecero squadra tranne Puech con il suo 5%. Hermès fattura 11,6 miliardi di euro e in Borsa vale 202 miliardi. Per fare un esempio, Novartis, il gigante svizzero della farmaceutica, fattura quattro volte di più e in Borsa vale di meno: 186 miliardi di capitalizzazione. Il paragone sarà un po’ azzardato ma dà l’idea di quanto il lusso, quello vero, “coltivato” negli anni, marchio di esclusività, sia premiato dagli investitori.
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La Ferrari e Zara
Del resto la Ferrari (64 miliardi) vale quanto Stellantis (Citroen, Fiat, Peugeot, Opel, Jeep, Maserati, Chrysler, Alfa ecc). Altro parallelo, nel settore moda: la spagnola Inditex, che possiede Zara, ha un giro d’affari di 32,6 miliardi e un valore di Borsa di 119 miliardi. Con una Birkin usata ci compri una Cinquecento nuova. Pochi al mondo hanno i margini operativi di Hermes (40% nel 2022) che quest’anno hanno permesso di pagare un dividendo di 837 milioni. Se il 51enne marocchino nei suoi sogni riuscirà a fare due calcoli, realizzerà che solo di dividendo può incassare una quarantina di milioni l’anno. Tra lui e la “sveglia” c’è di mezzo solo la Fondazione Isocrate di Sion. Ma se si mettono d’accordo, a entrambi andrà comunque di lusso.
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05 dic 2023
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