Berlusconi, trattativa tra eredi per i marchi: dal cognome a «Rivoluzione Italia»

Berlusconi, trattativa tra eredi per i marchi: dal cognome a «Rivoluzione Italia» Berlusconi, trattativa tra eredi per i marchi: dal cognome a «Rivoluzione Italia»

I marchi europei di proprietà personale di Silvio Berlusconi non erano una priorità nella successione. Ma adesso sono sul tavolo dei suoi eredi. «Che ne facciamo?», si staranno chiedendo i 5 figli che hanno appena chiuso l’iter della successione e riorganizzato l’assetto di Fininvest secondo le intese firmate a settembre. Per esempio «L’Italia che lavora» fino al 23 ottobre 2032 è una loro esclusiva e ci possono marchiare innumerevoli prodotti. Così CENTRODESTRA UNITO o GRANDEITALIA o altri, in maiuscolo o minuscolo. Non c’è, tuttavia, «Forza Italia» che è di proprietà diretta del partito. Il pacchetto di marchi passato ai figli per successione comprende, innanzitutto, il cognome di famiglia tutto maiuscolo «BERLUSCONI». I diritti d’uso del brand, però, sono limitati al solo comparto «Mutande», tra le centinaia di categorie commerciali possibili (profumeria, utensili, abbigliamento, giochi, carne, caffè, bevande ecc).

Il ricorso di Brenno Bianchi

Il motivo è che Brenno Bianchi, 32 anni, studioso di diritto (tesi di 378 pagine rintracciabile sul web), uomo fuori dagli schemi (dicono gli amici), contitolare a Milano della piccola casa editrice «Le lucerne», aveva presentato un ricorso per decadenza (l’ha scritto Il Fatto Quotidiano) all’Euipo, l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale. Al termine dell’iter ha ottenuto ragione quasi su tutto col timbro finale del 26 giugno scorso, due settimane dopo la morte dell’ex premier. Procedura per decadenza perché nessun prodotto con il marchio BERLUSCONI era stato realizzato. Tranne, forse, mutande. Il Cavaliere non si è opposto e alla fine, soccombendo, ha dovuto pagare le spese.

Il cognome in minuscolo

Ad oggi però Bianchi non risulta titolare del marchio BERLUSCONI né, probabilmente, avrebbe ottenuto il via libera dell’Euipo. Ma allora perché l’ha fatto? Gli telefoniamo: «L’idea era farmi notare e magari avere l’occasione di parlare 5 minuti con Berlusconi». Ci è riuscito? «No, anzi credo non se ne se ne sia nemmeno accorto». Archiviamo il caso Bianchi e passiamo al cognome minuscolo. Il marchio «berlusconi» se l’era invece accaparrato 10 anni fa, investendo 4.050 euro, un’azienda tedesca di information technology, la Netspeed di Monaco che poi però ha rinunciato a sfruttarlo e a confermarne la registrazione. Cosa resta dunque oggi nel portafoglio marchi ereditato dai figli? Quelli attivi spaziano da «Grande Italia» a «Centrodestra Unito» e «Centrodestra per la libertà» in varie declinazioni e poi «Altra Italia» che dà l’idea della voglia di cambiare che aveva Berlusconi, al punto che a 81 anni nel luglio 2018 registrò anche il marchio ben più aggressivo «Rivoluzione Italia».

Il marchio «Bunga Bunga»

Intanto la società inglese Italian Circus di due imprenditori dell’intrattenimento, Charles Gilken e Duncan Stirling, sfruttando l’eco mondiale di una vicenda di cronaca italiana con l’ex premier al centro, aveva registrato ovunque, Stati Uniti compresi, il marchio «Bunga Bunga». È nato così a Londra il nightclub Bunga Bunga, con arredi e orpelli «impreziositi» dai classici stereotipi sull’Italia, «un mix di karaoke, piste da ballo e pizze lunghe un metro», ha scritto il Guardian. Un successo, almeno all’inizio, e pare fosse frequentato anche dal principe Harry. Però ha chiuso definitivamente l’anno scorso.

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