Molte esperienze lavorative passano per un paese all’estero. Si tratta di un cambiamento radicale ma che può far acquisire conoscenze, strumenti e competenze utili ad arricchire il proprio bagaglio professionale. Secondo una recente elaborazione dei dati del ministero dell’Università e dell’Istat, la fuga di cervelli interessa circa l’8% dei laureati italiani. Sono stati stimati 248 mila tra studenti e lavoratori espatriati dal 2012 al 2021. Scegliere questo percorso professionale non è semplice.
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Lavorare in Europa
Il mercato del lavoro è influenzato da diversi fattori di nazione in nazione e, per muoversi in un contesto sociale e culturale nuovo, il primo passo da fare consiste nel raccogliere tutte le informazioni utili e necessarie sul paese ospitante. Ad esempio, la fonte più utile a un cittadino italiano che vuole lavorare in Francia, Germania o uno degli altri paesi europei è Eures, European Employment Service. Si tratta di una rete di cooperazione - coordinata dalla Commissione europea - dove partecipano i Servizi pubblici per l’impiego dei paesi dello Spazio economico europeo. Il suo obiettivo è rendere possibile la mobilità territoriale e la libera circolazione dei lavoratori. Per questo, supporta i potenziali candidati nell’orientamento e i datori di lavoro nell’estensione della ricerca di personale oltre i confini nazionali.
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Un’esperienza nel Regno Unito
Il Regno Unito, invece, con il voto degli inglesi a favore della Brexit, dal 2021 apre le porte solo a chi ha le competenze minime richieste per la professione che intende svolgere. Il governo ha introdotto un sistema a punti dove il candidato deve raggiungerne 70 per ottenere il cosiddetto “Skilled worker”, il permesso di soggiorno del lavoratore qualificato. Tre requisiti fondamentali e non negoziabili valgono in totale 50 punti: il datore di lavoro che offre l’impiego deve possedere una licenza di sponsor per rilasciare al dipendente il certificato di sponsorship; la posizione deve richiedere una qualifica minima corrispondente al diploma di scuola superiore in Italia e, infine, il livello di inglese del candidato deve essere almeno B1 (intermedio). I rimanenti 20 punti si possono ottenere con uno stipendio annuo superiore a 25.600 sterline oppure avendo un dottorato di ricerca in materie scientifiche e tecnologiche o un impiego in un settore con carenza di professionisti, in ambito sanitario o educativo. In questo caso, lo stipendio annuo deve superare la soglia di 20.480 sterline.
Percorso professionale in Usa
Più complicato è l’ingresso negli Stati Uniti per ragioni di lavoro. È necessario il visto ma il paese ne distingue due tipologie: il “Nonimmigrant VISA - DS 160”, per posizioni a tempo indeterminato e il visto temporaneo per categorie H, L, O, P, Q, R, dove ogni lettera corrisponde a un ambito di lavoro (l’elenco completo è consultabile sul sito web dell’ambasciata americana in Italia). Si ottengono inviando la propria richiesta attraverso la compilazione di alcuni moduli forniti dalle piattaforme istituzionali con dati e documenti in corso di validità. Un requisito è assolutamente necessario: avere un’offerta di lavoro prima di entrare negli Usa. Per questo motivo, è importante candidarsi e contattare le aziende online prima del viaggio. Sono svariati i portali web attraverso cui poter inviare la propria candidatura, ma tra i più affidabili rimane LinkedIn e soprattutto il sito ufficiale del governo americano per cercare lavoro, “USAJOBS”.
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30 dic 2023
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