Conti pubblici, anche la Germania deve sforare: così inciampa nell’ossessione della parità di bilancio
di Elena Tebano
Di tutto possono essere accusati i governi europei, salvo che di lavorare in segreto alle regole di bilancio destinate a guidarli nei prossimi anni. Il negoziato avviene a porte chiuse e il prossimo passaggio, forse decisivo, è fissato domani in una cena dei ministri finanziari che potrebbe durare fino al mattino. Ma gli obiettivi dei principali Paesi ormai sono pubblici. Da una parte c’è la Germania, con un maggiore appoggio dell’Olanda da quando l’euroscettico di estrema destra Geert Wilders ha vinto le elezioni due settimane fa e lavora per diventare premier. Dall’altra l’Italia e la Francia, con un coordinamento più stretto di quanto le frequenti querelle fra i due governi lascino sospettare.
di Elena Tebano
Christian Lindner, il ministro delle Finanze tedesco, ha radicalizzato le proprie pretese a Bruxelles man mano che la sua coalizione a Berlino sprofondava nel caos dopo la sconfessione da parte della Corte costituzionale degli enormi fondi costituiti dal governo fuori bilancio. La Germania non ha un problema di deficit né di debito pubblico, in confronto alle altre grandi economie europee. Ma aveva scorrettamente escluso 60 miliardi di costi (sulla transizione energetica) per non farli apparire nei conti pubblici. Lindner sa ora di avere un problema di credibilità di fronte ai propri elettori, e cerca di risolverlo a spese degli altri governi alzando sempre più il prezzo di un accordo in Europa. Nel merito, il ministro tedesco presenta richieste di due tipi. Vuole inserire nelle regole precisi obblighi di riduzione annuale del debito e obiettivi di deficit molto sotto al 3% del prodotto lordo (Pil), che è previsto nel Trattato europeo. Ultimamente poi ha iniziato a chiedere che questi vincoli scattino subito, ossia dal 2025, invece che dopo un primo periodo di aggiustamento che arriverebbe fino al 2032.
Giancarlo Giorgetti, il ministro dell’Economia che con Lindner ha un buon rapporto personale, ieri ha reagito in parlamento alle idee del collega tedesco. In primo luogo, ha lasciato planare la minaccia di un veto dell’Italia, se dal negoziato dovesse uscire vincoli troppo rigidi. Ha detto Giorgetti: «Non ci si può chiedere di andare non semplicemente contro l’interesse dell’Italia ma, a nostro giudizio, contro quello dell’Europa». Quindi ha aggiunto la frase più tagliente: «Il pacchetto legislativo (delle nuove regole di bilancio, ndr) si compone di tre parti, ma l’accordo deve raggiungere un equilibrio complessivo». Il senso è inconfondibile: solo uno dei tre regolamenti del nuovo patto di Stabilità richiede l’approvazione unanime di tutti i Paesi, ma questo conferisce a ciascuno - Italia inclusa - un diritto di veto sull’intero pacchetto.
di Gino Pagliuca
Un punto di attrito fra Lindner e Giorgetti riguarda i tempi entro cui scatterebbero le nuove norme. E chiama in causa i costi del superbonus e degli altri crediti fiscali immobiliari, che aggiungeranno circa venti miliardi (1% del Pil) al debito italiano in ciascuno dei prossimi quattro anni. Lindner vorrebbe che l’obbligo di ridurre il debito almeno dell’1% o dell’1,5% del Pil all’anno scattasse subito, non appena il nuovo Patto dovesse entrare in vigore (magari con impegni più stringenti per i Paesi più indebitati). Giorgetti sa che l’eredità dei bonus rende oggi quasi impensabili dei vincoli del genere: l’italiano preferisce la proposta del commissario Paolo Gentiloni e di tutta la Commissione, di una fase iniziale fino a sette anni in cui l’Italia dovrebbe ridurre un po’ il debito e il deficit, nel frattempo realizzando sul serio le riforme del Piano nazionale di ripresa.
Ma soprattutto, Giorgetti e il suo collega francese Bruno Le Maire hanno una controproposta per bilanciare la pressione di Lindner. Che i due lavorino insieme si è capito ieri quando, da Roma e da Parigi, hanno ripetuto la stessa frase: «Le regole di bilancio non sono un fine in sé, ma un mezzo». Per entrambi l’obiettivo sono la sostenibilità del debito, il calo dei costi da interessi, ma anche poter spendere in difesa, tecnologie, transizione verde e nel sostegno all’Ucraina. Oggi le bozze di accordo sul Patto prevedono un po’ di indulgenza nel valutare l’impatto sul deficit delle spese per la difesa e l’impatto sul debito dei prestiti del Pnrr. È un primo passo. Ma Giorgetti e Le Maire vogliono inserire nelle regole anche incentivi più espliciti per altre spese e investimenti - dall’ambiente, all’Ucraina - previsti dalle politiche ufficiali dell’Unione europea. La chiave di un compromesso con Lindner potrebbe essere lì.
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05 dic 2023
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