A SINISTRA Schlein attacca Meloni: «Sotto il nome, niente». Ma ora Tarquinio agita il Pd: «Da Israele pulizia etnica»
Schlein attacca Meloni anche sull'autonomia differenziarta: «Così smantellano l'unità nazionale». L'ex direttore di Avvenire: «In Palestina non parlerei di genocidio, ma Israele sta compiendo un'operazione di pulizia etnica»
Giorgia Meloni? «Sotto il nome niente». Romano Prodi? «È un punto di riferimento, non si è sempre d’accordo. Meglio che fingere e poi pugnalare alle spalle come spesso si è fatto nel partito». L’Autonomia differenziata? «Smantellano l’unità nazionale come l’abbiamo conosciuta». Ne ha avute per tutti e per tutto ieri Elly Schlein, anche perché la battaglia per le elezioni europee è ormai arrivata nel cuore dei combattimenti. Il bersaglio principale è stato, ovviamente, la premier Giorgia Meloni, in Europa la sua diretta concorrente, o quasi, visto che Schlein sarà capolista soltanto in due circoscrizioni. La segretaria del Pd ha in ballo con la premier il famigerato confronto tv («Spero che si faccia, gli staff ci stanno lavorando») e per la quale sta tirando fuori appellativi a effetto. È di domenica la frase «Giorgia nel paese delle meraviglie». È di ieri «Giorgia sotto il nome niente» l’adattamento all’unico thriller dei fratelli Vanzina: «Sotto il vestito niente».
Ha detto la segretaria dem: «Non c’è un programma politico né una visione di Europa nel discorso di Giorgia Meloni. Sotto l’annuncio del nome nasconde i tagli alla sanità e l’ostilità verso un salario minimo che non vuole convincersi a garantire ai 4 milioni di lavoratori poveri di questo Paese. È al governo ma fuori dalla realtà». Dopo queste parole è esplosa la protesta alla Camera e la discussione in aula sull’Autonomia differenziata ha preso il sopravvento. Pd in prima fila.
Ma ben prima c’era stata l’uscita di Marco Tarquinio, candidato Pd. L’ex direttore di Avvenire, il quotidiano dei vescovi, ha parlato in tv del conflitto in Medio oriente, deciso: «In Palestina non parlerei di genocidio, è una parola pesante che va usata a ragion veduta, ma Israele sta compiendo un’operazione di pulizia etnica». Tarquinio è entrato anche nel dettaglio: «C’è una tendenza a svuotare un territorio da quelli che lo abitano, si chiama “Domicidio”, la distruzione sistematica delle case».
Alla Camera la rivolta del Pd ha seguito lo stesso copione di quando in Senato si votava per la stessa legge sull’Autonomia: sono state sventolate dagli scranni bandierine tricolore. Chiara Braga, capogruppo, ha spiegato il perché: «L’unico simbolo che ha diritto di essere presente qui è il tricolore, non i simboli di chi vuole utilizzare questo posto per vendere agli italiani una riforma pericolosa e sbagliata». Braga ha poi protestato per la maglietta verde che la deputata leghista Simona Bordonali ha indossato durante il suo intervento con su scritto: «Il Vento del nord». Il presidente Lorenzo Fontana ha replicato a Braga: «Stavo attendendo di dire alla Bordonali di coprirsi, grazie alla segnalazione fatta dall’opposizione, siamo intervenuti». Fontana si è anche impegnato a «mantenere alto l’onore della Camera» in risposta al Pd che gli chiedeva di intervenire sul governo per non trasformare il Parlamento in una «buca delle lettere».
Forte, comunque, anche la protesta dei M5s. Il presidente Giuseppe Conte: «Meloni detta Giorgia, per ingannare meglio gli elettori, ha deciso di svendere a Salvini l’Unità d’Italia pur di avere i pieni poteri con il premierato. Si scambiano riforme costituzionali come i bambini scambiano le figurine Panini». Altrettanto dure le rimostranze di Avs, con Angelo Bonelli: «Ci troviamo davanti a a un vero e proprio golpe istituzionale che mina le fondamenta del processo legislativo».
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