«Dipendiamo dai dati, non dai tempi. Vediamo le prospettive di inflazione al 2,1% nel 2025 e il percorso per arrivarci è più lento. Osserviamo anche una robusta trasmissione del credito. Perciò non dovremmo assolutamente abbassare la guardia», sostiene la presidente della Bce, Christine Lagarde, spazzando via (almeno a parole) le speranze di quanti vorrebbero un taglio dei tassi di interesse già a marzo, davanti al deterioramento dell’economia e al calo dell’inflazione maggiore delle attese a novembre, quando l’indice armonizzato è sceso al 2,4% in media nella zona euro, secondo le prime stime. Durante la riunione i governatori non hanno nemmeno discusso su una possibile riduzione del costo denaro, ha detto Lagarde, sottolineando che la politica monetaria rimarrà «sufficientemente restrittiva per tutto il tempo necessario».
La Bce cauta sul taglio dei tassi. Lagarde: non possiamo abbassare la guardia


Come la Federal Reserve, la Bce ieri si è limitata a tenere i tassi invariati per la seconda volta consecutiva, dopo la pausa alla stretta di fine ottobre. Il principale tasso di rifinanziamento delle operazioni resta fermo al 4,5%, il record da 22 anni, mentre il tasso sui depositi al 4%. La Bce ha inoltre annunciato che dal prossimo giugno ridurrà di 7,5 miliardi al mese il reinvestimento dei titoli in portafoglio nell’ambito del programma di acquisto per l’emergenza pandemica (Pepp), per concluderlo alla fine del 2024.
Se la Bce è «determinata» a far tornare l’inflazione al target del 2% nel medio periodo, il rischio maggiore oggi è rappresentato dagli aumenti salariali. Tuttavia, la Bce ha migliorato le prospettive rispetto alle stime di settembre e ora vede l’inflazione al 5,4% nel 2023, al 2,7% nel 2024, al 2,1% nel 2025 e infine all’1,9% nel 2026. L’inflazione «core», che esclude energia e beni alimentari, è invece indicata leggermente in rialzo al 5% nel 2023, al 2,7% nel 2024, al 2,3% nel 2025 e al 2,1% nel 2026.
L’altra faccia della medaglia è la crescita, che sarà «contenuta» nel 2023 (+0,6%) e nel 2024 (+0,8%), perché le condizioni di finanziamento più restrittive, che favoriscono la riduzione dei prezzi, frenano la domanda. Poi ci sarà una ripresa nel 2025 e nel 2026, con il Pil previsto in aumento dell’1,5% per entrambi gli anni.
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Gli inattesi toni da falco dell’avvocata-banchiera francese non hanno impensierito i mercati: il rendimento del Btp decennale è oscillato tra il 3,76 e il 3,84%, per chiudere al 3,80% dal 3,98% della vigilia, mentre lo spread con il Bund si è abbassato di qualche punto, a 168 punti dai 176 del giorno precedente, in una seduta di ribassi generalizzati per i rendimenti dei titoli di Stato europei con scadenza a 10 anni, dalla Germania (2,13%) alla Spagna (3,09%) fino alla Grecia (3,33%). La scommessa su un allentamento, e quindi il rischio di minori margini per gli istituti di credito, ha fatto soffrire anche i titoli bancari a Piazza Affari, mandando l’intero comparto in profondo rosso. Mps ha perso il 6,04%, Bper il 5,89%, UniCredit il 4,52%, Banco Bpm il 3,81% e Intesa Sanpaolo -2,20%, ma l’indice Ftse Mib è riuscito a chiudere in positivo (+0,21%).
A dispetto della parole di Lagarde, Goldman Sachs prevede che la Bce inizierà a ridurre i tassi a giugno, probabilmente allineandosi con l’inizio dell’allentamento monetario della Fed. Sulla scia di Francoforte, altre due banche centrali ieri hanno lasciato invariati i tassi di interesse, la Bank of England al 5,25% e la Banca nazionale svizzera all’1,75%, mentre la banca centrale norvegese li ha addirittura alzati. È vero che anche la Fed mercoledì è rimasta ferma. Ma, lasciando aperta la porta a tre tagli l’anno prossimo, il presidente Jay Powell ha allontanato ulteriormente le due sponde dell’Atlantico. Almeno a parole.
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14 dic 2023
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