Raphaël Glucksmann: «Il patto con Mélenchon contro il vero pericolo: il clan Le Pen al potere»

diStefano Montefiori 

Il leader della sinistra moderata che ha unito il fronte popolare: ora Macron faccia un passo indietro, la sua era è davvero finita

DAL NOSTRO INVIATO
MARSIGLIA - Se le elezioni domani in Francia sono diventate un referendum — «volete il Rassemblement national al potere, si o no?», lo si deve al grande risultato di Bardella e Le Pen al primo turno di una settimana fa, e anche all’instancabile lotta di Raphaël Glucksmann, che rivendica la scelta di avere convogliato tutte le energie non a favore di un progetto suo, ma contro il progetto del Rn. Ne parliamo sotto i platani nel giardino di un’associazione di Marsiglia, dove il leader della sinistra moderata è venuto a sostenere Pascaline Lécorché, la candidata socialista del Nouveau front populaire.

Lei ripete che bisogna votare contro il Rassemblement national. Non è un problema per la democrazia?
«No, credo di no, e rivendico la mia campagna “contro”. Sì, questo è un referendum sul Rn. Prima delle europee ho fatto l’opposto, parlavo solo dei nostri progetti, del futuro, dell’ecologia, di solidarietà, di Europa, con ottimismo e entusiasmo. Ed è andata bene, la nostra lista ha fatto un ottimo risultato. La gioia è durata un’ora, la decisione di Macron ha cambiato tutto, questo è un altro mondo».

Perché?
«Perché la famiglia Le Pen può arrivare al potere, in Francia, adesso. Bisogna fare una gerarchia dei pericoli, e quello è il pericolo maggiore. Più grave del pericolo della France insoumise, anche se l’antisemitismo non è affatto residuale come dice Mélenchon ma, al contrario, in piena esplosione. Ma domani Mélenchon al potere non rischia di andarci, Bardella sì. E per combatterlo non è il momento di parlare di programmi, anche perché non ci troveremmo d’accordo. Abbiamo trovato un’intesa sulle desistenze, questo sì».

Ma a questo proposito l’estrema destra, Eric Ciotti per esempio, già parla di «vittoria rubata». Che cosa si sente di dire ai 10 milioni di francesi che hanno votato per il Rassemblement national facendolo arrivare largamente in testa domenica scorsa, e che avranno la sensazione che il loro voto non conta, perché tanto a decidere sono sempre i politici e le loro manovre?
«Intanto non sono affatto certo che le desistenze raggiungano il loro obiettivo, purtroppo, secondo me il Rn può ancora benissimo arrivare alla maggioranza assoluta. Domenica sera rischiamo di svegliarci con un’enorme botta in testa».

Ma se invece il Rn non ce la farà, sarà «vittoria rubata»?
«No, per niente. Domenica scorsa il 66 per cento dei francesi ha votato per un candidato avversario del Rn. Sono due terzi degli elettori, la stragrande maggioranza del Paese. Non c’è niente di antidemocratico in questo, e neanche nel tentativo di unire questi elettori per impedire all’estrema destra xenofoba, anti Ue e filo Putin di andare al potere. Non è la cosa più entusiasmante del mondo, non è fondata su una visione condivisa, ma su una coscienza comune della minaccia. Accanto alle speranze del 33% che ha votato Rn, ci sono i diritti dell’altro 66 che ha votato contro, e che vuole sbarrare la strada all’estrema destra degli eredi di Vichy. Il cuore della maggioranza dei francesi non è con la famiglia Le Pen. Se avessimo un’altra legge elettorale non ci troveremmo in questa situazione assurda».

E agli elettori Rn del primo turno che cosa dice?
«Che se hanno a cuore la rinascita della Francia, non sarà certo la vittoria della famiglia Le Pen a favorirla. Selezionare tra diverse categorie di francesi non è la rinascita della Francia, come non lo è portare al potere gli amici di Putin in piena guerra in Ucraina, o gente che promette di marciare sul Consiglio costituzionale. Domenica non si sceglie tra due opzioni politiche diverse. È un referendum che definirà il volto del nostro Paese per i decenni a venire».

Perché non parlare anche di programmi, subito?
«Sento il premier Attal che dice farò questo farò quello… In questo momento non ha senso, il loro blocco centrista non arriverà alla maggioranza assoluta e credo neanche il nostro Nouveau front populaire. Ora dobbiamo solo conquistarci altro tempo, tempo che useremo per cambiare profondamente le cose da lunedì in poi. Perché questo è altrettanto sicuro: se la scampiamo stavolta, ma niente cambia, il Rn finirà per vincere la volta dopo».

Che cosa farete, appunto, da lunedì in poi?
«Se il Rn non avrà i numeri per governare, e non ne siamo ancora certi, anzi, si aprirà una fase nuova, in cui anche in Francia faremo come in tanti altri Paesi, cioè ci metteremo a discutere e cercheremo un compromesso in Parlamento, che esiste apposta. Si chiama democrazia parlamentare».

Poi un referendum per cambiare la legge elettorale?
«Non so se ci vorrà un referendum, ma siamo l’unico Paese Ue ad avere un sistema maggioritario che comporta in pratica 577 elezioni separate, una per ogni seggio. Per questo perdo la voce a chiedere a tutti di andare a votare, pochissimi voti bastano per fare passare un collegio da una parte o dall’altra, si gioca tutto su una manciata di schede. Se molliamo in queste ultime ore, rischiamo di perdere tutto».

Che cosa si aspetta da Emmanuel Macron, dalle 20 di domenica in poi?
«L’Olimpo è finito. Jupiter, come lui stesso si era autodefinito, è finito. Siamo entrati in una nuova era. E se scampiamo al peggio, cioè a Bardella premier, tutto dovrà cambiare in Francia. È impossibile continuare con questo paternalismo presidenziale e questo culto della monarchia che ci porta all’irrazionalità più totale. Un uomo solo decide di sciogliere l’Assemblea, il 9 giugno, perché i risultati delle europee non gli piacciono. Follia. Siamo arrivati alla fine di un sistema di governo. Spero che il presidente Macron lo capisca e faccia un passo indietro».

5 luglio 2024

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